Auto, farmaci, alimentari: cosa succede con i dazi al 15%
Per le imprese italiane impatto da 22 miliardi di euro. Per acciaio e alluminio confermate le tariffe Usa al 50%, per l'agroalimentare resta la soglia del dazio attuale al 15%

La roulette dei dazi si è fermata sul 15. Dopo settimane di trattative febbrili, bozze cestinate e botta e risposta da una sponda all'altra dell'Atlantico, la pallina ha smesso di correre: Bruxelles e Washington hanno trovato l'intesa su una tariffa del 15% per le importazioni europee oltreoceano. L’accordo mette al riparto un interscambio da 1.400 miliardi di euro l'anno che spazia dalle Volkswagen al Cognac e al burro Kerrygold in partenza per l'America, ai Boeing 747 e al bourbon diretti verso l'Europa. Gli occhi sono puntati in particolare sui Big Five: automotive, aerospazio, farmaceutica, beni di lusso e meccanica avanzata, i cinque assi industriali su cui si è misurata la tenuta della diplomazia. Sulla scia dell'accordo firmato dal Giappone - ma con il 5% in più rispetto all'intesa raggiunta da Londra e triplicando la media dei dazi Usa pre-Trump del 4,8% - l'intesa europea lascia sul tavolo del tycoon anche una dote consistente di investimenti da incanalare negli Stati Uniti.
Tasso di riferimento
Il cuore dell'intesa è l'aliquota doganale del 15%. Lo schema include la clausola della “nazione più favorita” (Mfn) - garanzia di parità e non discriminazione nel quadro della World Trade Organization - che stabilisce la tariffa media reciproca del 4,8% nel commercio transatlantico, valida nel pre-Trump.
Acciaio e alluminio
Nessuna concessione per i metalli industriali: i dazi Usa del 50% restano in vigore. Un pugno duro già visto nel 2018, quando Trump applicò tariffe rispettivamente del 25 e 10% ai comparti, provocando una reazione a catena: le contromisure continentali per 2,8 miliardi di euro colpirono prodotti simbolici come bourbon, Levi's e Harley-Davidson.
Auto
Andrà meglio al settore dell'automotive sostenuto dal pressing costante delle ammiraglie tedesche. Il settore, inclusa la filiera della componentistica, strappa un allentamento dell’attuale dazio al 27,5%, che scenderà alla soglia del 15%. Una tariffa ancora robusta, ma che ridà ossigeno a uno dei comparti più strategici per l'export continentale.
Agroalimentare
L'aliquota flat si estende anche alla filiera agricola assorbendo i dazi preesistenti: in alcuni casi - come per i prodotti lattiero-caseari e l'olio extravergine d'oliva tricolore - si arriva a un impatto nullo. Diverso il destino del vino che, salvo un'esenzione ancora da confermare, rischia un incremento dei dazi rispetto all'attuale soglia del 2,5%.
Farmaci e chip
Anche il comparto sanitario - farmaci, vaccini e dispositivi essenziali - e i semiconduttori si ferma a quota 15%, senza tuttavia essere al riparo. Trump si è già detto intenzionato a introdurre dazi progressivi sui due settori a partire da agosto e, per i farmaci, non ha escluso l'ipotesi di arrivare alla cifra monstre del 200%.
Esenzioni
A festeggiare i dazi zero sono alcuni dei settori più sensibili e ad alta intensità tecnologica: aerei civili, robotica avanzata e macchinari industriali. In particolare, l'industria aerospaziale - storicamente segnata dal contenzioso tra il colosso franco-europeo Airbus e l'americana Boeing - beneficia di un tacito accordo di non belligeranza. Anche liquori e alcool potrebbero essere risparmiati.
Contropartite Ue
Bruxelles riconoscerà alcuni standard tecnici statunitensi nell'automotive. Spazi di flessibilità, seppur calibrati, si estenderanno a tech, IA e criptovalute. Sul piatto Usa anche il rafforzamento dell'impegno europeo negli acquisti di armamenti a stelle e strisce - già delineato nell'intesa sul 5% in ambito Nato -, accompagnato da 600 miliardi di dollari di investimenti oltreoceano e 750 miliardi in forniture energetiche americane, gas naturale liquido in testa, nei prossimi tre anni.
Controdazi addio
Nei prossimi giorni, con un voto dei 27 Paesi Ue, saranno accantonati i due pacchetti di contromisure europee da 92 miliardi di euro che erano pronte a scattare il 7 agosto.
L’impatto per le imprese italiane
Decine di miliardi di esportazioni a rischio. Con un impatto "molto pesante" per il made in Italy. Il mondo delle imprese accoglie con preoccupazione l''accordo raggiunto in Scozia tra Stati Uniti e Unione Europea sui dazi Usa al 15%. Secondo Confartigianato sono 25.037 le imprese italiane che nel triennio 2022-2024 hanno esportato direttamente e stabilmente verso gli Usa, con un valore complessivo delle vendite che ha raggiunto 56,4 miliardi nel solo 2024. Tra i comparti più a rischio ci sono moda e meccanica, due pilastri del Made in Italy sul mercato nordamericano. Il conto da pagare nel caso di dazi al 15% lo aveva stimato già nei giorni scorsi il Centro Studi di Confindustria: 22,6 miliardi di minor export negli Usa per le imprese italiane; perdite che solo in parte verrebbero compensate da maggiori vendite fino a 10 miliardi degli esportatori italiani nel resto del mondo.
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