
Pizziolo (al centro) domenica scorsa in Cattedrale - Cavicchi
«Buon viaggio, monsignor Pizziolo: di solito lasciamo andare i nostri figli, oggi invece parte chi è stato padre della nostra Chiesa». Così lo ha salutato, in cattedrale a Vittorio Veneto, il segretario del Consiglio pastorale, Emiliano Zuccolotto. Il vescovo Corrado Pizziolo, 75 anni appena compiuti (lo scorso 23 dicembre), domenica scorsa ha salutato la diocesi di Vittorio Veneto, nella quale ha chiesto di rimanere incardinato, e il 31 gennaio partirà per il Brasile, dove presterà servizio missionario nella diocesi di Livramento. Diocesi che fino all’anno scorso ha avuto per vescovo Armando Bucciol, di origine vittoriese, e che da anni ha affidato una delle sue più estese comunità parrocchiali ai preti fidei donum di Vittorio Veneto. Pizziolo rimarrà in missione, insieme ai suoi preti, fino agli 80 anni. O, più precisamente, «finché la buona salute mi sosterrà». La cattedrale si è riempita di fedeli e di preti per la solenne concelebrazione, a cui hanno preso parte anche il cardinale Beniamino Stella (che Pizziolo ha ringraziato per essersi adoperato nel rendere possibile la propria scelta missionaria), il vescovo Bucciol e l’arcivescovo-prelato di Loreto Fabio Dal Cin, anche lui di origini vittoriesi. C’era pure, fra i preti, il missionario inviato da Livramento per sostanziare il progetto di interscambio pastorale con Vittorio Veneto. A Pizziolo sono stati donati un calice ed una patena. «Con questo segno, così impegnativo perché rinvia esplicitamente al sacramento dell’Eucaristia – ha spiegato monsignor Martino Zagonel, già vicario generale – noi la inviamo in missione, a nome della Chiesa vittoriese che continua ad essere la sua famiglia».
Nell’omelia, Pizziolo ha ricordato il motto episcopale scelto nel 2008, Omnia propter Evangelium (“Faccio tutto per il Vangelo”), ma ha rivelato che c’era anche un’altra espressione biblica che gli era rimasta nel cuore e che avrebbe potuto diventare il suo motto: “Abita la terra e vivi con fede”. Ebbene, questa espressione – che si potrebbe rendere anche con “Abita la terra e nutriti di fede” – è la chiave di lettura più adeguata del suo ministero: negli anni del suo episcopato a Vittorio Veneto – ha detto Pizziolo – ha cercato di abitare con realismo e con fede questa realtà, con i suoi pregi e con i suoi limiti, cercando di cogliere e valorizzare il più possibile il positivo esistente. Nella convinzione di aver cercato di operare per il bene della diocesi e nella fiducia che il suo cammino – il cammino della diocesi – continuerà certamente «per il meglio». L’eredità più bella che portera nel cuore – ha proseguito – sarà lo sforzo di camminare insieme, provando a riconoscere e valorizzare i doni presenti nelle persone che lavorano per la costruzione della nostra Chiesa. «Inevitabilmente il discernimento del vescovo non è sempre lo stesso delle altre persone – ha concluso –. Delle volte ci sono state delle difficoltà, e chiedo scusa se, in questo, ho involontariamente ferito qualcuno. Se alcune cose sono rimaste da completare, ho la sicura speranza che il cammino della diocesi di Vittorio Veneto continuerà per il meglio. È l’augurio che rivolgo a tutti voi, e in modo particolare a chi sarà il successore di san Tiziano. Grazie per il sostegno e l’affetto che ho potuto sperimentare in questi anni».
Manifestandogli la riconoscenza della Chiesa di San Tiziano, Zagonel, che gli è stato il più vicino, si è rivolto a Pizziolo ammettendo: «Ce l’ha messa tutta». Ed ha aggiunto, con affetto: «Grazie per come si è dato a noi, con tutto se stesso, per la generosità, con poca vacanza e scarse ore di riposo, per la sua responsabilità di vescovo, riservando a sé gli interventi talvolta difficili e dolorosi. Grazie per aver lavorato insieme e per averci insegnato l’abitudine a chiedere collaborazione reciproca, per la sua presenza costante agli organismi di partecipazione, e per l’ascolto di ciascuno. Grazie, infine, per la leggerezza e per la sua gioia: nonostante le preoccupazioni ha lasciato trasparire la gioia di vivere, anche offrendo con spontaneità e libertà qualche racconto di sé».