sabato 16 maggio 2015
​Lo ha dichiarato il cardinale Rodriguez Maradiaga alla conclusione dei lavori dell'organismo. Messa del cardinale Parolin.
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L'arcivescovo martire del Salvador, Oscar Arnulfo Romero, sarà co-patrono della Caritas Internationalis. Lo ha annunciato il presidente uscente, cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, a conclusione dei lavori dell'Assemblea dell'organismo, aperta martedì scorso da Papa Francesco, per decisione del quale Romero sarà beatificato sabato prossimo a San Salvador. Si è conclusa, quindi, oggi a Roma l’assemblea generale di Caritas Internationalis che ha eletto come nuovo presidente il cardinale filippino Luis Antonio Tagle. Stamani, il cardinale Pietro Parolin ha presieduto una Messa per i partecipanti nella quale ha sottolineato che la Caritas deve sempre avere “ansia per il bene della persona”, specie per chi soffre. Il segretario di Stato vaticano ha poi sottolineato che non può esistere una Caritas “senza una relazione vitale con la Chiesa” evidenziando che “nessuna strategia o accordo con finanziatori nazionali e internazionali” può far deviare la Caritas dalla sua “dimensione ecclesiale”, perché ne va della propria identità. "Ci troviamo davanti ad una guerra in atto in diversi posti - ha detto il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, presidente uscente di Caritas Internationalis, alla Radio Vaticana parlando delle sfide che attendono la Caritas -. Siamo quasi in una Terza guerra mondiale dispersa in diversi continenti, in diversi Paesi. La guerra in Siria, ad esempio, ci dà tanto dolore per l’indifferenza di quasi tutto il modo. Sono già quasi cinque anni di guerra, questo perché continua la vendita di armi che è un scandalo nel mondo! Un’altra sfida: quella dei migranti e delle reazioni a volte razziste nel trattare queste persone come se fossero delinquenti, nemici. Penso che il mondo debba convertirsi. Questo non è un atteggiamento cristiano! Certamente ogni Paese ha il diritto di organizzare l’accoglienza dei migranti secondo le proprie possibilità. Però non bisogna reagire come se la migrazione fosse una malattia".
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