giovedì 28 giugno 2018
Si tratta dei pastori di Talca e di Rancagua. Salgono a cinque, tra cui Barros, i presuli che hanno lasciato l'incarico dopo lo scandalo legato agli abusi sessuali
L'udienza del Papa ai vescovi cileni del 15 maggio 2018 (Ansa/Vatican Media)

L'udienza del Papa ai vescovi cileni del 15 maggio 2018 (Ansa/Vatican Media)

COMMENTA E CONDIVIDI

Continua l’opera di rinnovamento della Chiesa cilena devastata dallo scandalo degli abusi sessuali verso minori che ha coinvolto più vescovi, accusati di coprirli. Dopo i tre ritiri formalizzati lo scorso 11 giugno, Papa Francesco ha infatti accettato ieri la rinuncia alla guida pastorale delle proprie diocesi di altri due presuli. Si tratta del vescovo di Rancagua Alejandro Goic Karmelic, 78 anni e quindi già in “età pensionabile”, e dell’ordinario di Talca Horacio del Carmen Valenzuela Abarca, che invece ha solo 64 anni ma è uno dei figli spirituali di Fernando Karadima, l’anziano sacerdote riconosciuto colpevole dalla Chiesa di abusi. A Rancagua è stato nominato amministratore apostolico l’ausiliare di Santiago, Luis Fernando Ramos Perez, 59 anni, e a Talca un altro ausiliare della capitale cilena, Galo Fernandez Villaseca, 57 anni.

Un paio di settimane fa si erano dimessi il vescovo di Osorno, Juan de la Cruz Barros Madrid, 62 anni, accusato di aver coperto le malefatte di Karadima, e altri due presuli che però hanno già superato i 75 anni: Cristián Caro Cordero, arcivescovo di Puerto Montt, e Gonzalo Duarte García de Cortázar, vescovo di Valparaíso. Anche in questi casi è stato nominato un amministratore apostolico. Questi provvedimenti sono stati presi dal Pontefice dopo che a maggio i vescovi cileni (27 ordinari e 7 ausiliari), convocati a Roma per un vertice straordinario, avevano rassegnato in blocco le dimissioni nelle sue mani.

La dolorosa vicenda della Chiesa cilena ruota attorno allo scandalo suscitato dalla figura carismatica di Fernando Karadima, oggi 87enne, che nel 2011 è stato condannato dalla Congregazione per la dottrina della fede (Cdf) per abusi sessuali sui minori. Alcune vittime hanno accusato diversi ecclesiastici – e in particolare Barros – di aver coperto gli atti di Karadima, di cui da giovani erano stati allievi. In un primo tempo papa Francesco ha difeso, anche vigorosamente, Barros ma poi ha voluto studiare meglio la vicenda e a febbraio ha inviato in Cile l’arcivescovo Charles J. Scicluna, accompagnato da monsignor Jordi Bartomeu della Cdf. In base alle conclusioni di questa visita il Pontefice, l’8 aprile, ha scritto una prima lettera ai vescovi cileni.

Nella missiva Bergoglio ha riconosciuto «gravi errori di valutazione e percezione», annunciando che avrebbe ricevuto a Roma tre note vittime di Karadima per ascoltarli personalmente e chiedere loro perdono. Quindi il Papa convocava l’episcopato cileno a Roma per «dialogare sulle conclusioni» dell’indagine di Scicluna. Riunione che si è tenuta dal 15 al 17 maggio, concludendosi con le dimissioni in blocco dell’episcopato. Francesco ha incontrato un nuovo gruppo di vittime di abusi, ha deciso di mandare per una seconda missione Oltreoceano l’arcivescovo Scicluna e monsignor Bartomeu, e ha scritto un’ulteriore lettera, indirizzata questa volta «al popolo di Dio pellegrino in Cile».

Ora tra i vescovi cileni in carica ne rimane uno solo che ha superato i 75 anni (il cardinale arcivescovo di Santiago, Ricardo Ezzati Andrello), così come ne rimangono ancora in carica due che sono “figli spirituali” di Karadima: l’ausiliare di Santiago, Andrés Arteaga Manieu (59 anni, malato da tempo), e il vescovo di Linares, Tomisalv Koljatic Maroevic (63 anni).

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI