sabato 18 febbraio 2023
Il segretario generale della Cei parla dei dieci anni di magistero sociale del Papa. E al mondo economico ricorda i principi fondamentali per preparare il futuro di cui c'è bisogno
Il Papa il 24 settembre 2022 ad Assisi per di “The economy of Francesco”

Il Papa il 24 settembre 2022 ad Assisi per di “The economy of Francesco” - Ansa/Basilietti

COMMENTA E CONDIVIDI

Non è difficile individuare la cifra interpretativa principale del magistero sociale di papa Francesco. Monsignor Giuseppe Baturi la trae dal documento programmatico del pontificato, Evangelii Gaudium, e scandisce: «Il kerygma possiede un contenuto ineludibilmente sociale: nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri. Il contenuto del primo annuncio ha un’immediata ripercussione morale il cui centro è la carità». L’arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei ha tenuto ieri nel Centro Convegni “Carlo Azeglio Ciampi” della Banca d’Italia una conferenza su dieci anni di insegnamento sociale di papa Bergoglio e ne ha delineato i contorni, a partire proprio da quella che ha definito «la cultura della cura», in pratica l’atteggiamento che «promuove la partecipazione delle comunità al bene comune, nei processi di costruzione e guarigione della società».

Ciò è tanto più urgente oggi, ha spiegato il presule, in un momento in cui «abbiamo vissuto, e in qualche misura viviamo ancora, momenti straordinariamente gravi per la tenuta della nostra convivenza. Baturi ha elencato: «La pandemia ha messo in rilievo e aggravato tanti problemi sociali, smascherando vulnerabilità fisiche, sociali e spirituali e grandi disuguaglianze che segnano il mondo: di opportunità, di beni, di accesso alla sanità, alla tecnologia, all’educazione. Lo scoppio della guerra in Ucraina e le sue drammatiche conseguenze umane ed economiche - ha proseguito - ci avvicina a un futuro che non conosciamo, certamente diverso da quello sperato negli ultimi decenni». E infatti «il recentissimo rapporto di Caritas Italiana su povertà ed esclusione sociale in Italia, L’anello debole, ha messo in evidenza alcune delle debolezze della nostra società in termini di povertà economica, educativa, intergenerazionale».

Discende da qui una duplice conseguenza. Da un lato, ha ricordato Baturi, il Papa invita ad avere uno sguardo contemplativo sulla realtà. Dall’altro «la Chiesa non dà indicazioni socio-politiche specifiche». Queste sono affidate alla responsabilità dei dirigenti politici e sociali». Indica però dei «principi sociali che sono fondamentali per preparare il futuro di cui abbiamo bisogno».

Che cosa significa sguardo contemplativo? L’arcivescovo ha fatto notare che si tratta di una energia che non è astrattezza. «Lo sguardo contemplativo guarda nel profondo e spinge in avanti. Il Papa - ha sottolineato Baturi - ha parlato di questo sguardo a proposito della crisi ambientale e poi ancora a proposito della guarigione del mondo in seguito alla crisi pandemica».

Invece, per quanto riguarda i principi sociali, il segretario generale della Cei ha menzionato «il principio della dignità della persona, il principio del bene comune, il principio dell’opzione preferenziale per i poveri, il principio della destinazione universale dei beni, il principio della solidarietà, della sussidiarietà, il principio della cura per la nostra casa comune. Tutti questi principi esprimono, in modi diversi, le virtù della fede, della speranza e dell’amore, che non sono sentimenti ma atteggiamenti».

È un po’ come avere una griglia di valori ai quali attingere per affrontare i momenti di crisi come il nostro. Ma le crisi, ha detto monsignor Baturi, «non generano automaticamente una rinascita di popoli e civiltà, perché la forma e la qualità del futuro dipendono da noi, dalle lezioni che sappiamo trarre e dalle conseguenti scelte comportamentali che sapremo compiere. La storia insegna che siamo stati capaci di concepire progetti di cambiamento e visioni grandi, e di impegnarci per la loro realizzazione durante o all’indomani di grandi tragedie. Dipende da noi». E la via maestra sta nel prendersi cura degli altri, così come nell’«azione solidale della famiglia, dei gruppi, delle associazioni, del volontariato, delle realtà territoriali, delle parrocchie, in breve di tutte le espressioni comunitarie alle quali le persone danno spontaneamente vita o alle quali liberamente partecipano». In sintesi, dunque, ha concluso l’arcivescovo, «un’azione di popolo che ama la pace come condizione imprescindibile del ben-essere dell’uomo e la persegue concretamente».

L’incontro, moderato da Piero Schiavazzi, è stato organizzato dall'Ente Nazionale per il Microcredito ed è stato aperto dal saluto del vicedirettore generale della Banca d’Italia, Piero Cipollone, che ha messo l’accento sulla dimensione etica. «I meccanismi di mercato non sono né buoni né cattivi». Ma se appunto c’è l’etica, i risultati saranno completamente diversi «e si potrà evolvere da una visione orientata esclusivamente alla produzione della ricchezza e alla crescita a una visione funzionale a uno sviluppo umano integrale: materiale, socio - relazionale, spirituale».

A sua volta, il residente dell’Ente per il Microcredito, Mario Baccini, accennando alle 18mila microimprese finanziate nell’ultimo triennio, ha citato «la “cultura del microcredito”, intesa come idea di una finanza che si fa “micro”, per rendere sempre più “macro”, l’area di coloro che ne beneficiano».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: