sabato 19 marzo 2022
Parla il vescovo Cosa della diocesi moldava di Chisinau, la “terra della prima salvezza” per gli sfollati. «Noi, un piccolo Paese ma dal cuore grande che si è aperto alle sofferenze della guerra»
L'accoglienza dei profughi dell'Ucraina in Moldavia da parte della Chiesa cattolica

L'accoglienza dei profughi dell'Ucraina in Moldavia da parte della Chiesa cattolica - @catolicmoldova

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«Anche noi siamo stati travolti dalla guerra». L’Ucraina è al di là del confine. Ma il vescovo Anton Cosa racconta l’invasione russa come fosse una tragedia che tocca in prima persona anche lui e la sua gente benché il passaporto non sia quello di Kiev. Guida la diocesi di Chisinau in Moldavia, la “terra della prima salvezza” per chi fugge dal conflitto a poche decine di chilometri. «Dobbiamo affrontare un vero e proprio esodo di quanti, soprattutto donne e bambini, sono in cerca di un luogo sicuro », spiega il presule. La Chiesa locale ha creato un coordinamento di tutti gli organismi cattolici impegnati sul fronte della carità. «Ed è stato organizzato un percorso di accoglienza con quattrocento posti letto che comprende anche servizi di aiuto e accompagnamento. Certamente è uno sforzo enorme per una realtà ecclesiale piccola come la nostra», chiarisce Cosa.

Il vescovo Anton Cosa che guida la diocesi di Chisinau in Moldavia

Il vescovo Anton Cosa che guida la diocesi di Chisinau in Moldavia - @catolicmoldova

Originario della Romania, 60 anni, ha dedicato metà della sua vita alla piccola Repubblica che è simile al Piemonte e alla Liguria messi insieme. Nel 1993 è stato nominato amministratore apostolico della Moldavia e dal 2001 è il primo vescovo della diocesi voluta da Giovanni Paolo II che prende il nome dalla capi- tale e che comprende l’intero territorio nazionale. «La comunità ha accolto con grande generosità l’invito ad aprire le porte delle chiese ma anche delle case – afferma il presule –. E accanto all’ospitalità in grandi strutture è stato possibile tessere una rete familiare di accoglienza che tuttora opera e garantisce un rifugio a un buon numero di persone. Sono convinto che quest’esperienza, anche se conseguenza di una guerra, aiuterà la nostra Chiesa moldava a crescere nella solidarietà e soprattutto nell’unità».

Eccellenza, una parte dei profughi è soltanto in transito. Ma ha bisogno di soccorso.

Sicuramente. Talvolta si tratta di offrire il ristoro anche per una sola notte così da riprendersi dalle fatiche di viaggi difficili e pericolosi. L’intento è raggiungere parenti e amici nei vari Stati europei. La Moldavia è un Paese già di per sé fragile e non sarebbe capace di assicurare un’accoglienza permanente a migliaia di profughi. Tuttavia può svolgere, come sta accadendo, un ruolo di prima assistenza.

Ma c’è anche chi si ferma sperando di rientrare in Ucraina.

È vero, c’è chi attende. In quest’ottica abbiamo predisposto diverse tipologie di accoglienza: dalle strutture di breve periodo a quelle per quanti hanno bisogno di restare più a lungo. E sono anche sorti presidi per coloro che ambiscono a tornare il prima possibile in patria. Inoltre abbiamo un polo per i soggetti fragili: sono in particolare mamme molto giovani con bambini piccoli o disabili.

In Moldavia l'arrivo dei profughi dall'Ucraina

In Moldavia l'arrivo dei profughi dall'Ucraina - Ansa

I rifugiati sono soprattutto donne. E la diocesi ha lanciato l’allarme sfruttamento.

I rischi ci sono e vanno dal traffico di persone all’adescamento di donne e minori. Le autorità nazionali e internazionali ne sono consapevoli. Come Chiesa locale abbiamo una particolare attenzione ai più deboli. Così, oltre alla protezione in case-famiglia, c’è anche un costante contatto con i parenti verso i quali sono diretti.

E poi ci sono i minori non accompagnati che hanno lasciato il Paese da soli.

La maggioranza dei migranti è composta da bambini. E una parte di loro non può contare sulla presenza dai genitori: infatti il padre è rimasto a combattere e la madre è al suo fianco, così il figlio viene affidato a un conoscente o a un amico. Certo, tutti i ragazzi arrivati qui portano con sé i rumori e le immagini del conflitto. Non sono rare le crisi di panico o gli attacchi di paure improvvise fino ad avvertire in alcuni momenti il bisogno di nascondersi sotto un tavolo o un banco. Si lavora per curare anche questi drammi psicologici.

E gli anziani?

Alcuni hanno attraversato la frontiera da soli. Altri hanno chiesto di rimanere e lasciare andare i giovani perché avvertono di essere un peso per un cammino lungo e difficile. La loro presenza ci dice quanto gli abitanti dell’Ucraina fossero impreparati alla guerra, convinti che non ci sarebbe stata.

In Moldavia l'arrivo dei profughi dall'Ucraina

In Moldavia l'arrivo dei profughi dall'Ucraina - Ansa

La Caritas italiana ha visitato la sua diocesi. E la Chiesa italiana è al vostro fianco.

Siamo molto grati della visita che darà il via a un iter di coordinamento con la Caritas Moldova per permettere, assieme a Caritas Internationalis e ad altre Caritas nazionali, di far giungere gli aiuti e realizzare progetti. L’esperienza che la Caritas italiana ha acquisito nel tempo è una garanzia.

Papa Francesco ha condannato l’«inaccettabile aggressione armata».

E ha parlato della guerra come di una «follia». Noi ne siamo testimoni perché lo leggiamo nei volti dei rifugiati. Aggiungo che qui in Moldavia c’è preoccupazione per un evento che potrebbe dilagare oltre i confini dell’Ucraina. Per questo le parole del Pontefice rappresentano un monito ai grandi della terra perché si spendano per fermare la guerra e siano capace di far dialogare le parti intorno allo stesso tavolo. Ma sono anche un richiamo a tutta la Chiesa a continuare a essere fonte di speranza per chi soffre.

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