mercoledì 20 febbraio 2019
Abbiamo letto in anteprima il volume che esce domani. Sodoma è un libro a tesi, che suscita domande, rabbia e tante perplessità. Il coraggio del Papa e le resistente alla sua azione di riforma.
Frédéric Martel

Frédéric Martel

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Dietro il libro choc, o presunto tale, sull’omosessualità nella Chiesa c’è un’operazione imponente. Una mega inchiesta che l’autore, il ricercatore e scrittore francese Frédéric Martel, riassume con puntiglioso orgoglio: quattro anni di lavoro, quasi 1.500 persone intervistate, di cui 41 cardinali e oltre 52 tra vescovi e monsignori, oltre 30 Paesi visitati. Un impegno enorme che se da un lato, grazie a un’accurata campagna di marketing, renderà “Sodoma” (Feltrinelli, pagine 560, 24 euro) un successo commerciale, dall’altro non basta a fugare i dubbi che l’accompagnano. Il primo e più profondo è legato proprio all’idea forte che lo motiva, la tesi, indimostrabile e infatti indimostrata, che il Vaticano sia uno Stato gay e nello stesso tempo l’ultima «roccaforte» del pregiudizio anti omosessuale. E quindi da liberare.

Non ci sarebbe una lobby, dunque, ma una comunità largamente maggioritaria, che alimenta, anzi erige a sistema un’inestricabile rete di ricatti, di pressioni più o meno manifeste, di molestie. Così la questione omosessuale, con l’opacità che ne è alla base, diventa per l’autore, noto attivista gay e lgbt, una chiave di lettura decisiva, anche se non l’unica, per spiegare gli episodi più complessi della storia della Chiesa recente. Dalla chiusura alla contraccezione e il richiamo alla castità di PaoloVI in “Humanae vitae” e “Persona humana” alla rinuncia di Benedetto XVI, con le urticanti allusioni al rapporto con monsignor Gänswein, accelerata dal viaggio a Cuba. Cambiano tempi e scenari ma, dal pontificato di Montini a Vatileaks I e II, il copione resta il medesimo, disegnato intorno alle abitudini distorte della gerarchia ecclesiastica, spiata, attraverso ricostruzioni e interviste spesso anonime, dallo spioncino delle sue porte chiuse.

Perché l’assunto, è che «per stare in Vaticano» sia meglio seguire un codice «che consiste nel rispettare l’omosessualità di sacerdoti e vescovi, se necessario beneficiandone, continuando tuttavia a mantenere il segreto». Il criterio guida, secondo Martel, sarebbe dunque l’ipocrisia, quella che declinando in doppiezza finisce per trasformare nei più duri omofobi chi nel privato “pratica” con persone dello stesso sesso. Feroci in questo senso le pagine dedicate al cardinale colombiano Lopez Trujillo, mentre, ma non per riferimenti a rapporti “contro natura”, chi è messo maggiormente nel mirino da Martel è Angelo Sodano, dipinto come figura cupa del pontificato di Giovanni Paolo II.

Un Wojtyla, e qui davvero la superficialità sconcerta, che sarebbe stato mosso innanzitutto, se non unicamente, dalla stella guida dell’anticomunismo, così radicato da impedirgli di distinguere, in chi lo condivideva, gli uomini pii dai corrotti. Ma le fotografie negative, a volte vere e proprie caricature, risparmiano pochi porporati e chi non è accusato apertamente di appetiti omofili, finisce per cadere nel ridicolo di un esagerato culto di se stesso o del lusso sfrenato. È il caso del cardinale Burke, ma non viene riservata una sorte migliore all’ex prefetto della dottrina per la fede Gerhard Müller, altro leader, descritto come fortemente contraddittorio, dell’opposizione dottrinale a papa Francesco. Il tema guida resta comunque l’omosessualità del clero, riassunta e frammentata, come le stazioni di una Via Crucis, in 14 cosiddette “regole di Sodoma”, tra cui la prima sottolinea che «il sacerdozio è stato a lungo la via di fuga ideale per i giovani omosessuali», le cui abitudini amorose rappresentano «una delle chiavi della vocazione».

Si spiega anche così, secondo Martel, il calo degli ingressi in Seminario ed è per questo visto con sospetto, se non apertamente osteggiato, il vigoroso richiamo di Benedetto XVI prima e di Francesco oggi a una selezione più attenta e rigorosa dei candidati al sacerdozio. No, non sono giorni facili per papa Bergoglio, il cui rapporto sereno con la sessualità non lo esime, anzi per certi versi lo rende facile bersaglio, degli attacchi di chi vorrebbe mantenere lo status quo attuale, di chi teme il venir meno di privilegi e coperture goduti pressoché da sempre. Né, invero, sembra utile alla comunità gay, cui l’autore appartiene, la confusione tra omosessualità e pedofilia, come suggerisce la scelta di pubblicare il libro proprio nel giorno in cui si apre il summit contro gli abusi. Le prime vittime del volume, soprattutto della controtestimonianza di chi deturpa il Vangelo, sono però i fedeli semplici e i tanti, tantissimi sacerdoti, che ogni giorno cercano di vivere con coerenza la loro vocazione. Così, una volta chiuso il libro, ti viene voglia di dire “grazie”: a chi sa ancora alzare gli occhi al cielo, a chi pratica la carità, a chi consuma lacrime e ginocchia nel silenzio di una chiesa. Per trovare nella preghiera la forza di rendere migliore questo nostro povero mondo.

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