venerdì 14 luglio 2017
Aveva 89 anni. Lo chiamavano l’abate rosso. Benedettino, padre conciliare nell’ultima fase del Vaticano II, aveva fondato la “Comunità di San Paolo”
Giovanni Franzoni morto ieri a 89 anni

Giovanni Franzoni morto ieri a 89 anni

COMMENTA E CONDIVIDI

Giovanni Franzoni, prete nel 1955, già abate benedettino di San Paolo e padre conciliare nell’ultima fase del Vaticano II, fondatore, iniziatore e guida della sua 'Comunità di San Paolo', di nuovo laico negli anni 70 e sposo dagli anni 90: è morto ieri, a 89 anni. Nato in Bulgaria, ove lavorava suo padre, ma cresciuto nella Firenze di Giorgio La Pira, di don Lorenzo Milani e di molti altri cristiani 'singolari' e significativi per tanti, anche oltre le mura della Chiesa. Significativo anche lui: scrittore, polemista, guida per molti, amato e respinto, discusso sempre, capace di aprire nella vicenda della Chiesa cattolica italiana echi che sono andati anche ben al di là dei confini ecclesiali. Da giovane frate insegnò filosofia e storia a Farfa, ma la sua elezione come abate di San Paolo lo trasformò nel più giovane 'padre' al Concilio nelle ultime due sessioni.

Abate amatissimo dai suoi confratelli, per esempio capace di assistenza speciale, delicata e fraterna soprattutto ai monaci anziani, spesso (e non solo allora) troppo dimenticati… Un “padre” e “fratello” anche come abate. Alla base il Concilio Vaticano II alla luce del Vangelo e i problemi sociali del momento, soprattutto nella stagione del ’68, che dal maggio francese arrivò anche nella comunità cattolica mossa dal rinnovamento conciliare. Era il tempo nel quale la visione sociale di un marxismo sognato 'dal volto umano' affascinò non pochi anche nella nostra società.

Uomo capace di guida autorevole, sensibile alla problematica sociale per quello che riguardava la città dell’uomo e della donna, ma nella Chiesa capace di sollevare interrogativi che si ricollegavano alla grande tradizione patristica, spesso rivista anche alla luce delle elaborazioni sociologiche della cultura di sinistra: basterà ricordare uno dei suoi primi scritti, «La Terra è di Dio», che riprendeva temi antichi alla luce della realtà del tempo vissuto nella Chiesa e nella società. Se la terra è di Dio, chi se ne impadronisce tradisce la paternità di Dio per consegnarla al potere iniquo – che cioè produce ingiustizia – dell’uomo, allora è fuori strada…È noto che alcuni passi della costituzione conciliare Gaudium et spes furono anche dovuti ai suoi suggerimenti. Paolo VI lo stimava, ma quando le vicende della società italiana videro Franzoni e i suoi su posizioni politiche e dottrinali non capite, e tanto meno approvate, dalla pastorale cattolica, arrivarono dolorose e dure lacerazioni che solo il tempo successivo avrebbe portato tutti a capire meglio e con maggior senso di equilibrio.

Fu comunque tra i primi a vedere il rischio delle ricchezze amministrate a nome della Chiesa, e a ragionare polemicamente sulla funzione di istituzioni di Chiesa (lo Ior, per esempio, e già nel 1973). Arrivò il 1974, anno decisivo, e portò conseguenze pesanti, con la forte opposizione dell’ex «abate rosso» al referendum abrogativo della legge sul divorzio, voluto dalla Dc di Fanfani e che in qualche modo – nonostante esitazioni e dubbi di Paolo VI stesso – 'costrinse' la Chiesa come tale ad appoggiare l’abrogazione dalla nuova disciplina: fu una sconfitta che segnò non solo quel tempo. La sua comunità aveva preso parte attiva al cosiddetto 'Convegno sui mali di Roma' del 1974. Le elezioni politiche e comunali del 1975 e 1976, teatro dei successi del Pci di Berlinguer, furono determinanti per uno strappo 'politico' ulteriore di Franzoni e dei suoi. E nel 1975, dopo la sospensione a divinis dell’anno prima, arrivò anche la dimissione dallo stato clericale. Nella realtà di quegli anni, egli vide e segnalò anche la trasformazione anti-ideologica e pluralista dei partiti della sinistra italiana, e in particolare del Pci berlingueriano: ne seguì l’accusa di marxismo e sovversione sociale.

Franzoni nel 1991 aveva sposato una giornalista giapponese, e fino alla fine, anziano e malato, ha continuato a scrivere, parlare, sempre attento anche alle posizioni diverse, ma onestamente capace di giudizio anche sorprendente, e aiutando sempre la maturazione della coscienza di chi lo incontrava. La sua comunità ha continuato negli anni la celebrazione domenicale e l’azione sociale in un locale della via Ostiense avuto dalla Abbazia di San Paolo. Dopo 40 anni, nel 2014 ha riassunto la sua avventura, pienamente di mondo e nonostante tutto anche di Chiesa, nella “Autobiografia di un cattolico marginale” (Rubbettino), importante per capire al fondo la sua sempre rinnovata vita sociale e, nonostante tutto, ecclesiale. Arriva l’ora della pace: si chiudono gli occhi, morendo, ma per vedere tutto, e pienamente.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: