venerdì 20 maggio 2016
L'ex portavoce di Giovanni Paolo II: "La malattia è un problema umano. Una società si misura per quello che fa quando un suo cittadino si ammala".
Salute e malattia, l'intervista a Navarro Valls
COMMENTA E CONDIVIDI

Sono circa 400.000 all’anno i cosiddetti “pellegrini della salute”, persone che lasciano la propria casa in cerca di cure mediche adeguate per se stessi o per un proprio caro. Le strutture in grado di accogliere e sostenere queste persone, sono ancora poche, cosa andrebbe fatto secondo lei per ovviare a questa mancanza è come si pone su questo problema la Chiesa?
Bisogna guardare questo fenomeno per quello che è: un problema umano. Che non è di oggi, ma oggi è più visibile socialmente. Giudico la maturità di una società per quello che fa quando la malattia ruba ad una persona la sua autonomia e non ha mezzi per affrontare la situazione. Una società si misura per quello che fa quando il cittadino si ammala. Non soltanto attraverso le sue strutture sanitarie – cha saranno sempre insufficienti - ma defiscalizzando ogni iniziativa concreta che i cittadini promuovono in questi campi. La società civile, l’iniziativa personale, molto spesso risolve i problemi delle persone con delle proposte e progetti sanitari, di accompagnamento, di trasporto e alloggio. Ma tutto questo aiuto nei campi dove non arriva lo stato e che accompagna sempre la malattia, dovrebbe essere promosso e favorito dallo stato defiscalizzando le risorse che i privati dedicano a questi fini. E in Italia siamo molto ma molto carenti in questo campo.

Lei ha vissuto fianco a fianco con Papa Giovanni Paolo II, un uomo che abbracciò la sua malattia. Che ricordo ha di quei giorni?
Più che di quei giorni, di tutta la sua vita. Lui ha saputo resistere le sue malattie evitando che impedissero il suo ministero. Continuava il suo lavoro, i suoi viaggi in modo alle volte eroico, senza che i limiti fisici comportassero non fare quello che lui doveva fare. Ma ha saputo anche insegnare una teologia del dolore umano che tanto sollievo ha portato ai sofferenti. La malattia e il dolore umano ha un senso; non è un assurdo senza ragione. Il suo documento “Salvifici doloris” è, da questo punto di vista, una grande apertura che ci introduce in un ambito di inaspettato sollievo e consolazione.

San Paolo in una lettera ai Corinzi ha scritto che “Se un membro della comunità soffre, tutti gli altri soffrono con lui”. Che effetti ha sulla famiglia la malattia di uno dei suoi componenti?
La malattia - che, paradossalmente, è l’esperienza umana più universale - è una provocazione che si presenta sempre con quelle due domande inevitabili: perché questa malattia? E perché a me? In un modo o nell’altro coinvolge non soltanto il malato ma tutta la sua famiglia. E spetta tutti noi, quelli non coinvolti direttamente nel mondo della sofferenza, di penetrare in quel mondo della malattia altrui per aiutare, condividere ansietà e dolori, per far sì che alla malattia degli altri non si aggiunga la tremenda sciagura della solitudine. Non possiamo voler ignorare i bisogni degli altri soltanto perché, per adesso, io sono sano. Nessuno merita la salute, così come nessuno merita la malattia.

Nell’anno del Giubileo della misericordia non possiamo non chiederle un pensiero per tutte le onlus e i volontari che si occupano di assistenza ai malati.
In Italia esistono casi esemplari nell’assistenza a chi soffre. L’Associazione CasAmica è un esempio paradigmatico, che conosco, apprezzo e incoraggio personalmente. In 30 anni di servizio ha accolto 70000 pellegrini della salute, offrendo il calore tipico o di una famiglia, che è molto più dell’offerta di un posto letto… Fa un bene straordinario ai malati oncologici e alle loro famiglie angosciate per la malattia, non soltanto per la mancanza di risorse ma soprattutto per il bisogno di compagnia e condivisione. Sentire che CasAmica mi accoglie, si interessa di me o dei miei famigliari malati, è un sollievo incredibile.CasAmica festeggia l’ anniversario nell’anno della misericordia con due nuovi progetti di accoglienza. Il più significativo a Roma, dove aprirà una nuova casa capace di accogliere 50 persone giornalmente, adulti e bambini malati con i loro familiari. Mi sono sempre meravigliato dalla generosità di chi, essendo sano, si avvicina sollecito a chi è malato per condividere quello che a lui manca e io, senza merito personale, ho.

Misericordia come espressione dell’amore di Dio è stata spesso oggetto e ispirazione di opere d’arte che oggi riempiono i musei di tutto il mondo. Papa Francesco nella Laudato Si' mette in relazione l’educazione alla bellezza con l’educazione dell’anima al rispetto del pianeta. Educarci al bello può educarci al buono?
Il bello e il buono sono due dimensioni inseparabili. Il buono è sempre bello. La bellezza è sempre buona.

La bellezza salverà il mondo. Così diceva Dostojewsky è così ha di recente scritto il cardinal Ravasi. Cos'è per lei la bellezza e - utilizzando il titolo della campagna che Earth Day Italia lancerà il 21 maggio - cosa si può fare per salvarla?
Bisogna ricostruire il profilo autentico della bellezza che non è soltanto un artefatto estetico. La bellezza sta nelle cose; è parte della loro verità. Oggi purtroppo prevale una un’immagine cupa dell’uomo e della realtà. Sembra che affidarsi con semplicità alla bellezza e alla bontà sia di una colpevole ingenuità. Invece la bellezza è così legata alla bontà che non è possibile separarle, almeno nelle persone e nelle idee. È proprio questo che credeva Dostojewsky quando affermava che la bellezza salverà il mondo. Salverà il mondo perché l’autentica bellezza è la verità delle cose e delle persone. Non c’è bellezza senza verità. E la verità ultima di una persona, di una cosa, di una idea, è proprio la sua bontà.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: