giovedì 23 giugno 2022
Si è aperto ieri il X Incontro mondiale. Scelte come testimonianze storie coniugali segnate dalla gioia, ma anche da fatiche e delusioni
L'apertura dell'Incontro mondiale delle famiglie a Roma con papa Francesco

L'apertura dell'Incontro mondiale delle famiglie a Roma con papa Francesco - Siciliani

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I volti, i colori, i suoni, le parole delle famiglie del mondo. Ma anche sorrisi e fragilità, speranze e fatiche, incontri e delusioni. Con questo intreccio emozionante il decimo Incontro mondiale delle famiglie ha tentato ieri di fare visibilità alla ricchezza di una realtà che, comunque la si voglia declinare, è insieme radici, presente e futuro di tutti noi. Il festival dell’esordio del primo grande evento ecclesiale multicentrico e diffuso – contemporaneamente a Roma e nelle altre diocesi del mondo – non avrebbe potuto risultare più efficace nel suo sforzo di raccontare, pur nella sintesi di un pomeriggio, alcuni lati di quel poliedro complesso, contraddittorio e incerto, ma comunque insostituibile che è la famiglia oggi. E, come in questa varietà plurale, la proposta cristiana – come ha spiegato papa Francesco a conclusione del festival (ne parliamo nella pagina accanto) – rimanga quella più umana e più autentica, perché coerente nel suo indicare una prospettiva alta ma con i piedi ben piantati a terra, consapevole che quello dell’amore umano è un percorso lungo e tortuoso in cui, anche situazioni all’apparenza lontane dall’ideale cristiano possono crescere e svilupparsi spiritualmente in una prospettiva di accoglienza.

Come hanno raccontato ieri Luigi e Serena Zangla, coppia di conviventi, con i tre figli Matteo, Francesco, Riccardo. «Ci siamo scoperti famiglia» dopo la nascita del primo figlio nel 2013, e degli altri due nel 2015 e nel 2018. Difficoltà? Come tutti, perché hanno ribadito, «scegliere di accogliere la genitorialità oggi è faticoso seppure oltremisura bello». Nessuna volontà “ideologica” di escludere il matrimonio, anche perché i figli hanno ricevuto il Battesimo, ma la fatica di trovare una «comunità che ci sostenesse a braccia aperte per quel che siamo, e questo ci ha allontanato ancor di più dalla Chiesa». Durante la pandemia, hanno detto ancora, «abbiamo avuto la grazia di esser sostenuti da altre famiglie e dalla loro solida fede, e questo ci ha permesso di non farci sopraffare dagli eventi e di non rassegnarci». Una coppia esemplare? Certamente no – come del resto nessuna coppia lo è – ma due genitori per cui amore, obbedienza, rispetto, responsabilità, sacrificio, solidarietà, perdono e resilienza sono valori importanti, da trasmettere ai figli. E certamente anche questo sguardo aperto al futuro ha permesso loro di riavvicinarsi alla Chiesa e di riaccendere una fede sopita che nei, prossimi mesi, aprirà a Luigi e Serena la strada verso il sacramento del matrimonio.

Tra caduta e rinascita anche la testimonianza di Paul e Germaine Balenza, coppia della Repubblica democratica del Congo, tre figli ormai grandi, che dopo 27 anni di vita coniugale, con importanti impegni pastorali e sociali (lui è anche presidente dei deputati cattolici del Paese africano) hanno sperimentato sulla propria pelle la delusione del tradimento, della mancanza di sincerità, in un quadro aggravato dalle difficoltà economiche. Di fronte all’infedeltà del marito, lei decide di andarsene da casa, convinta a chiedere il divorzio. Per lui lo choc è terribile. Finalmente comprende l’errore commesso e chiede perdono.

Un percorso lungo e tutt’altro che semplice che passa attraverso una dura revisione della propria vita coniugale – «Ci siamo detti tutto in faccia», ha rivelato ieri Germaine – e la partecipazione a esercizi spirituali di coppia che schiudono la porta alla riconciliazione. «E ora ringraziamo Dio».

L'arrivo di papa Francesco all'Incontro mondiale delle famiglie

L'arrivo di papa Francesco all'Incontro mondiale delle famiglie - Siciliani

Un senso di gratitudine al Signore che accompagna da sempre anche la vita di Piero ed Erika Chiriaco, famiglia romana con sei figli che da alcuni mesi accoglie Iryna e Sofia Kozhushko, mamma e figlia, rifugiate ucraine, arrivate in Italia dieci giorni dopo l’inizio della guerra. E questa gratitudine apre il cuore. «Noi non abbiamo accolto Iryna e Sofia perché siamo bravi – hanno raccontato ieri – anzi siamo deboli e come tutti abbiamo delle difficoltà nel matrimonio e con i nostri figli, ma la fede nel Signore ci ha ispirato ad aprirci all’accoglienza». Piero ed Erika, vivono un cammino di fede nella parrocchia di San Francesco ad Acilia, nella periferia sud di Roma. «Ci siamo sentiti accolti e amati in un momento difficile nella nostra vita, quando abbiamo saputo di aspettare un figlio prima ancora di iniziare il percorso di preparazione al matrimonio». Lei aveva 18 anni, lui 20. «Ci siamo sentiti amati e accolti senza essere giudicati». E ora vogliono restituire un po’ delle attenzioni e degli abbracci ricevuti.

Un impegno solidale che segna anche la vita di Zakia Seddiki Attanasio, moglie dell’ambasciatore italiano ucciso nel febbraio 2021 in Congo, che oggi proprio in memoria del marito, sostiene la fondazione “Mama Sofia” che «promuove la pace, la giustizia e la solidarietà tra i popoli attraverso attività culturali di interesse sociale e che ha come obiettivo quello di aiutare soprattutto i giovani e i bambini dei Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo». Coerenza, coraggio, volontà di non dimenticare. Come hanno raccontato ieri anche Roberto e Maria Anselma Corbella, genitori di Chiara, uniti nel ricordo della figlia, avviata verso la santità.

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