martedì 2 febbraio 2016
In un’ampia intervista al quotidiano «Asia Times» il Papa esprime tutta la sua ammirazione per la storia e la cultura cinesi, e riflette sui fattori per un nuovo equilibrio globale oltre le logiche di Yalta. (Stefania Falasca)
Papa alla Cina: ammiro la vostra saggezza
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«Un grande Paese, una grande cultura, con una saggezza inesauribile. Per me la Cina è sempre stata un punto di riferimento di grandezza. Ho ammirazione per la Cina». Papa Francesco manda oggi un messaggio diretto alla Cina di Xi Jinping rivolgendosi a tutto il popolo cinese, attraverso un'intervista rilasciata ad Asia Times. Esprime la sua grande «ammirazione» per la Cina, il suo popolo e la sua civiltà e parla di riconciliazione, fuga il fantasma della paura mosso dalla sua ascesa economica e geopolitica e scommette sulla possibilità che i rapporti tra Cina e il resto del mondo disegnino un futuro di pace, senza ripetere Yalta. Francesco parla a tutto campo e tocca anche le questioni di fondo della società cinese: la rottura dei rapporti familiari tradizionali, la difficoltà a comprendere e a farsi comprendere, i sensi di colpa per esperienze del passato, la Rivoluzione Culturale, e scelte più recenti come la "politica del figlio unico", oggi rinnegata.>>> LEGGI L'INTERVISTA INTEGRALE (IN INGLESE) Il Papa confida dall'inizio come la sua sia un'ammirazione provata fin da ragazzo, paragonata a quella di Matteo Ricci, il gesuita stimato dai cinesi come una saggio benefattore degli inizi del XVII.RICI220SF02000000_49588480.jpg«Da ragazzo qualsiasi cosa leggessi sulla Cina aveva la capacità di ispirare la mia ammirazione», riferisce all'intervistatore, Francesco Sisci. «Più tardi ho conosciuto la vita di Matteo Ricci e ho visto come quest'uomo ha sentito nello stesso modo che è capitato a me. E come egli è stato in grado di entrare in dialogo con la grande cultura di questo Paese, e con questa sua antica saggezza. Lui ha saputo come "incontrarla"».>> CHI È PADRE MATTEO RICCI: LA VITA«Matteo Ricci – spiega papa Francesco – ci insegna che è necessario entrare in dialogo con la Cina, perché essa è un'accumulazione di saggezza e di storia. È una terra benedetta da molte cose». E con un breve accenno alla relazione tra Cina e comunità ecclesiale in modo deciso afferma: «La Chiesa cattolica, che ha tra i suoi doveri rispettare tutte le civiltà, davanti a questa civiltà vorrei dire che ha il dovere di rispettarla con una R maiuscola». Francesco cita anche l'altro gesuita-artista, Giuseppe Castiglione, e ricorda la commozione provata mentre stava per entrare nello spazio aereo cinese, durante il volo Roma-Seoul, nell'agosto 2014. Affronta quindi la questione delle paure mosse all'ascesa economico-geopolitica della Cina popolare: «La paura non è mai una buona consigliera» dichiara, quasi a voler esorcizzare presagi di futuri conflitti tra la Cina e altre superpotenze globali. Secondo papa Francesco, non occorre temere né innescare alcuna «sfida», considerato che «ognuno, uomo o donna, ha dentro di sé la capacità di trovare vie di coesistenza, di rispetto e di ammirazione reciproca». E la saggezza, la cultura e le competenze tecniche cinesi «non possono rimanere chiuse in un Paese: esse tendono a espandersi, a diffondersi, a comunicare».

Un pellegrinaggio di fedeli in Cina (Reuters) Un punto importante riguarda il superamento di Yalta. A fronte di politiche di autodifesa e pose aggressive che possono scatenare nuove guerre, il Papa ritiene che la Cina possa offrire un contributo sempre più rilevante al consolidamento di equilibri di pace. La via delle responsabilità condivise suggerita dal Papa non è quello della spartizione di interessi e di zone di influenza, sulla base di rapporti di forza. «Questo – sottolinea papa Francesco, con un eloquente richiamo storico – è ciò che è avvenuto a Yalta, e noi abbiamo visto i risultati». La prospettiva di Yalta era quella di «spartirsi la torta. Ma dividere la torta, come a Yalta, significa dividere l'umanità e la cultura in piccoli pezzi. E la cultura e l'umanità non possono essere divise in piccoli pezzi». Al contrario, nell'affronto comune di responsabilità condivise, «la torta rimane intera, e si cammina e si cresce insieme. La torta appartiene a tutti, è umanità, è cultura... e ciascuno esercita un'influenza che contribuisce al bene comune di tutti». Un nuovo modello, dunque: non un nuovo bipolarismo ma la multipolarità, non la spartizione perché «la torta» appartiene a tutti. «Il mondo occidentale, il mondo orientale, e la Cina – conclude quindi Francesco –, tutti hanno la capacità di mantenere l'equilibrio della pace e la forza di farlo. Noi dobbiamo trovare la via. E sempre attraverso il dialogo, non c'è altra via».

Ma sul presente e sul futuro della Cina – fa notare l'intervistatore – pesano ferite, sensi di colpa collettivi ed esperienze negative, dai deliri della Rivoluzione Culturale fino alla politica demografica del "figlio unico", da poco rinnegata. Nelle risposte papa Francesco non infierisce sui sentieri sbagliati presi in passato dall'ex Celeste Impero. Considera che in Cina, con la politica demografica degli ultimi decenni, «la piramide si è invertita e un bambino dovrà portare il peso di suo padre, madre, nonni e nonne». E questo «è sfiancante, disorienta, non è la via naturale», e di fronte all'egoismo di alcuni settori potenti «è salutare prendersi delle responsabilità».

Ma sottolinea che l'invecchiamento della popolazione che minaccia il Paese non è solo della Cina ma è anche altrove: in Europa si è già realizzato. Poi il Papa ricorda che ognuno deve prendersi la responsabilità del proprio cammino. La storia di un popolo è sempre un cammino. Il popolo cinese «cammina, come tutti i popoli, attraverso luci e ombre», ma «cammina, è in movimento, come l'acqua di fiume che è sana perché scorre», invece «l'acqua ferma diventa stagnante». Mentre continua a muoversi, può riconoscere le strade sbagliate imboccate in passato, ma non deve farsi schiacciare dai complessi di colpa, fino a disprezzare la propria storia. «Vorrei dire al popolo cinese – afferma papa Francesco – di non essere amaro, ma di stare in pace nel cammino, anche se hai fatto errori». Ogni popolo «deve essere riconciliato con la sua storia», con i suoi successi e con i suoi errori, e questo può accrescere «maturità». «È sano per una persona avere misericordia verso se stessa. Non essere sadico o masochista... Direi lo stesso per un popolo: è sano per un popolo essere misericordioso con se stesso». E il messaggio al popolo cinese nell'anno della misericordia si affianca al consiglio che «la soluzione dei problemi e la ripartenza dopo tempi di crisi non passa attraverso l'omologazione a modelli importati ma attraverso la riconciliazione della propria storia, e della propria saggezza antica. La Cina – rimarca il Papa – ha nella propria stessa storia le risorse per uscire dalle proprie afflizioni». Occorre «accogliere la realtà così come viene», con «sano realismo», attingendo dalla propria saggezza e creatività antica. «Credo – dice papa Francesco – che la grande ricchezza della Cina oggi consiste nel guardare al futuro da un presente che è sostenuto dalla memoria del suo passato culturale», e proprio questa ricchezza può facilitare il presente nel dialogo con le altre realtà del mondo. Il dialogo «non significa arrendersi, perché a volte c'è il pericolo, nei rapporti tra differenti Paesi, di restrizioni nascoste o colonizzazioni culturali». Il Papa conclude la sua intervista geopolitica rivolgendo a Xi Jinping gli auguri per l'Anno della scimmia ed esprime tutta la speranza che non perdano mai la loro consapevolezza storica di essere un popolo con una grande storia di saggezza, e che hanno molto da offrire al mondo: «Il mondo guarda a questa vostra grande saggezza. Per favorire anche la cura della nostra casa comune e dei popoli».

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