domenica 15 marzo 2020
In tutta Italia le dirette tv, radio e social delle liturgie festive celebrate dai vescovi in cattedrali e cappelle deserte. Nelle omelie un forte messaggio di speranza.
La Messa di mons. Delpini nella cappella del Policlinico di Milano; una dottoressa legge la liturgia

La Messa di mons. Delpini nella cappella del Policlinico di Milano; una dottoressa legge la liturgia - chiesadimilano.it

COMMENTA E CONDIVIDI

Domenica senza popolo alla Messa festiva, ma non senza Messe, e tantomeno senza riflessioni dei vescovi. Che, anzi, in gran numero hanno avvertito il bisogno e il dovere di stare insieme alla propria gente, osservando le regole – dure ma indispensabili – imposte dalle autorità ma facendo sentire la propria voce attraverso tutti gli strumenti di comunicazione. Ecco alcuni passaggi più significativi e attuali di alcune omelie e riflessioni di questo week end.

Bassetti: non vi abbandoniamo, verrà il giorno del Te Deum

Nei fratelli privati del nutrimento del corpo e del sangue di Cristo si coglie tutta la sofferenza nell’ascoltare e nel partecipare a questa Eucaristia. Sono vicino a questa fame e a questa sete e mi auguro che presto possa essere appagata, ma la Parola del Signore ci aiuta in questo momento proprio come Lui ha detto alla samaritana ad adorare Dio in spirito e verità, perché Dio è spirito e verità. Anche con il digiuno eucaristico queste parole ci invitano a intensificare la nostra preghiera in riferimento alla Parola di Dio, come ho sempre detto in questi giorni. Le mie parole, dice Gesù, sono spirito e vita. Tutte le Eucarestie che noi celebriamo in questo periodo sono pro populo, sono per voi, fratelli, sono per le vostre intenzioni. Coraggio, non vi abbandoniamo, continuate ad adorare Dio in spirito e verità. Un giorno, e spero che possa venire il prima possibile per la volontà del Signore, tutte le nostre Chiese si riempiranno per cantare il Te Deum, il canto di lode e di ringraziamento al Signore, il canto della vittoria di Dio sul male. (cardinale arcivescovo di Perugia, preisdente della Cei)

De Donatis: nulla impedisce a Dio di consolare i suoi figli

In questo tempo tribolato, in cui è anche difficile andare nelle nostre chiese di mattoni e non possiamo accostarci ai sacramenti, possiamo riscoprire come tutta l’esistenza del cristiano sia canale della grazia: Dio non è impotente… E’ ridicolo pensare che un virus possa impedirgli di consolare i suoi figli amati, di parlargli, di irrobustirli nella prova. (…) Dio ci chiede con dolcezza: quanto ciò che fino a ieri hai celebrato è diventato in te acqua che zampilla per la vita eterna? Quella vita divina che nemmeno un virus può cancellare?. (cardinale vicario di Roma, Messa presso la cappella della Cei)

Delpini: questi sono i giorni della “grande libertà”

La situazione drammatica che si è creata in questa nostra terra può indurre a inseguire ogni minuzia, ogni informazione che sia resa disponibile, allo scopo di rassicurare o di spaventare, di confondere o di fare chiarezza. Siamo disposti ad ascoltare di tutto, a vedere di tutto, a credere a tutto. Forse abbiamo nostalgia delle piccole libertà, delle scelte che non impegnano troppo, della normalità confusa in cui si parla, si vive, si pensa, di agisce, gratis e senza impegno. Ma la celebrazione della Quaresima, l’avvicinarsi della Pasqua si propone agli uomini e alle donne ‘che avevano creduto in lui’, come l’annuncio dei giorni della grande libertà. Sperimentiamo la frustrazione dell’impotenza, la trepidazione dell’incertezza, lo smarrimento delle previsioni. La brutta sensazione di vedere tutto incerto e tutto vacillante può essere motivo di angoscia. Ma chi incontra Gesù, chi ascolta la sua parola, chi non si arrocca nella presunzione di aver creduto, ma si dispone a credere, riceve la promessa, può ascoltare l’invito: questi sono i giorni della grande libertà! Chi osserva la mia parola non vedrà la morte in eterno. Scegliete la vita. Fidatevi di Dio. (arcivescovo di Milano)

Zuppi: nel deserto offriamo la nostra carezza

In questi giorni capiamo in maniera molto concreta, forse come non mai, la fatica di attraversare un mondo ridotto a deserto, come le nostre città così prive di vita. La Quaresima non è farsi del male, ma combattere il male, riconoscerlo e contrastarlo. E’ lotta per la vita, nella storia, non esercizi astratti di perfezionismo religioso. E’ un cammino che crediamo “andrà tutto bene”. Sì, dopo la Quaresima c’è la Pasqua: il deserto diventerà un giardino, la distanza annullata, la paura dissolta. (…) Nel deserto tutto è provvisorio, pericoloso; ci sentiamo perduti, come in questi giorni. Abbiamo sete, cerchiamo l’acqua privi delle sicurezze di sempre e senza sapere quanto dura il cammino. Ricordiamo sempre per primi i più deboli. L’isolamento non deve farci ignorare l’altro. Anzi, ci deve aiutare a vederlo meglio, a capirlo ancora di più nelle sue necessità e sentirne anche la sua e mia necessità di abbracciarlo, di stargli vicino, di parlarci. (…) La distanza obbligata che ci è imposta ci aiuta a capire che dobbiamo vincerla. Possiamo iniziare a farlo offrendo una carezza, un segno di considerazione, di valore, di ricordo. E la prima carezza è la preghiera: sapere che qualcuno prega per me è già sicurezza e conforto, come il suono delle campane. E poi le carezze che possiamo mandare attraverso i mezzi di comunicazione, finalmente usati per unire e non isolarci dagli altri! (…) Nel deserto diventiamo migliori, più vivi e più attenti ad un mondo pieno di deserti, come avviene in questi giorni difficili: la sofferenza ci fa capire di più chi soffre. (cardinale arcivescovo di Bologna)

Nosiglia: ascoltiamo chi ci grida “ho sete”

Il grido “Ho sete”, risuona ogni momento per le strade delle nostre città e paesi e risuona ovunque ci sono poveri, emarginati e soli, persone e famiglie in difficoltà, rifugiati o senza dimora... Risuona oggi nella vita di tante famiglie che soffrono per l’epidemia del virus che si sta impadronendolo di noi. In tutti loro Gesù ha sete e noi possiamo dire con Santa Teresa: «Siamo invitati a rispondere a questa richiesta amando, amando tutti con
l’intensità di amore di Cristo sulla croce». Quel grido «Ho sete» risuoni anche nel nostro cuore e ci spinga a rispondere con amore sincero al Signore, ma ci dia anche orecchi e cuore per ascoltarlo nelle persone che ci sono vicine e che ci interpellano con la loro situazione di solitudine, di sofferenza fisica e morale, di povertà. (arcivescovo di Torino)

Baturi: grati a chi trova modi creativi per far risuonare il Vangelo

Il Signore non è muto, ma parla con noi, come ad amici. Questo è il tempo in cui ascoltare la Sua parola. Non può essere riconosciuto, il nostro Signore, se non è ascoltato. In famiglia e personalmente, ascoltiamo il Signore che parla, che parla di nuovo alla nostra vita e la comprende in modo unico: ci svela a noi stessi e svela il cuore di Dio. Cerchiamo e accogliamo il Signore che parla, che vuole anche oggi, parlare a ciascuno di noi e all’insieme del suo popolo. Siamo grati ai nostri sacerdoti e ai catechisti, ai religiosi e alle consacrate che trovano in questi giorni modi creativi e moderni per continuare a far risuonare nelle nostre giornate la parola del Signore presente. Grazie! (arcivescovo di Cagliari)

Lorefice: il tempo della serietà e dell’obbedienza

Il coronavirus si è abbattuto su di noi con la violenza di una guerra mondiale. Ogni mattina ci chiediamo: a che punto è il nemico? Quante vittime ha mietuto e quante ne mieterà? Quanto è distante da noi, da me? E ci sale alle labbra la domanda del profeta: «Sentinella, quanto resta della notte? Quanto all’alba?» (Is 21, 11). (…) Ad indicarci una strada in questo momento tragico sono però la serietà e la nobiltà del «prendersi cura» sanitario. La sacralità della missione medica oggi brilla e ci rende grati e fieri di avere sorelle e fratelli che rischiano la vita per salvare altri. Sono loro che in questo momento così terribile cantano la nobiltà e la grandezza dell’uomo. E poi c’è la politica. I governanti sono soggetti spesso al nostro stesso sgomento e provano quasi imbarazzo a darci direttive chiare e decise. Ma è bene ricordarci che il coronavirus impone un nuovo modello relazionale. Bisogna che i governanti ci diano direttive univoche e che noi, giustamente abituati al dialogo, alla discussione, all’obiezione, cambiamo stile e impariamo in questi giorni ad «ubbidire». I giovani soprattutto vanno aiutati a comprendere questo cambiamento. Li abbiamo educati a pensare, ad essere creativi, autonomi: ora, in questi mesi, è il tempo dell’ubbidienza, che non significa prostrazione ma capacità di ascolto di chi ha una responsabilità superiore per il bene di tutti. (arcivescovo di Palermo)

Sepe: una prova per vincere la rassegnazione

Questa prova del coronavirus ha messo a nudo la nostra fragilità umana. Ma nello stesso tempo è l’occasione per rinforzarci e vincere la tentazione dello sconforto e della rassegnazione. La prova ci fa scoprire che siamo fragili, ma nello steso tempo ci ricorda che siamo figli di quel Padre che ci ama, che non ci abbandona e ci invita a fidarci di Lui. Stiamo attraversando un momento grave e duro: non possiamo partecipare a cerimonie religiose, non possiamo ricevere i sacramenti, non possiamo svolgere le nostre attività pastorali e di pietà popolare, non possiamo far catechesi a favore dei bambini, delle famiglie, dei giovani, degli anziani, ma soprattutto siamo privati della celebrazione eucaristica comunitaria e del Santissimo Corpo e Sangue di Gesù. Tutto questo deve indurci a pregare ancora di più nelle nostre famiglie, a fare la comunione spirituale con Gesù, a leggere la Parola di Dio e in particolare il Vangelo nelle nostre famiglie. (cardinale arcivescovo di Napoli)

Mura: attingiamo l’acqua che dà fiducia nella vita

Se in questo tempo, che sembra interminabile, parliamo molto di salute, ed è chiaramente fondamentale preservarla e curarla, non dimentichiamo che la nostra fragilità più grande – che si manifesta ad esempio con il panico o, al contrario, anche con la spensieratezza - sarebbe quella di non avere energie di vita per affrontare anche questa dolorosa e triste situazione, senza tra l’altro sapere dove attingerla. Esiste una forza spirituale che viene da Dio, da chiedere come l’acqua che disseta per la vita, che ci può spingere ad andare oltre la fragilità e la debolezza, fino a farci sentire la fede come compagna di viaggio, ispirandoci così scelte e impegni che ci riportino ad avere fiducia nella vita. Come la samaritana – che da ascoltatrice è diventata annunciatrice - sentiamoci incoraggiati dalla Parola di Dio, evitiamo atteggiamenti di ripiegamento che generano impotenza e disperazione, ri-impariamo grazie alla fede a credere nella vita. E soprattutto non temiamo. Mai! Perché nulla di quanto accade, neanche il male, può tener lontano l’amore di Dio dalla nostra esistenza e da quella del mondo. (vescovo di Nuoro, amministratore apostolico di Lanusei, presidente dei vescovi sardi)

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: