giovedì 10 maggio 2012
​Al centro del Congresso Ccee il ruolo dei credenti nella situazione attuale. Bagnasco: la dottrina sociale ricchezza da approfondire. Erdö: il cristianesimo può rinforzare e legare il patrimonio spirituale del Vecchio Continente.
COMMENTA E CONDIVIDI
Solo una fede «più consapevole e più vissuta» può aiutare il Vecchio Continente a superare la crisi che lo attanaglia. E a essere quella «comunità di destino» di cui parlò «in modo profetico» Robert Schuman, uno dei padri fondatori dell’Europa, nel lontano 1950. La definizione del politico francese e il riferimento ad «una missione basata sull’umanesimo integrale, totale, che affonda le radici nella tradizione cristiana» sono state evocate ieri dal cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, nel corso della conferenza stampa che si è tenuta a margine del XII Congresso sulla catechesi promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee). «A fronte della complessità dei problemi che sono da affrontare – ha ribadito – la risposta prima e urgente è quella di una fede più consapevole e più vissuta». Secondo Bagnasco, che del Ccee è vicepresidente, «per poter portare dei contributi più documentati e concreti a quella che è la situazione complessa di oggi in Europa e ai problemi di natura economica, finanziaria, sociale e politica, è necessaria una presa di coscienza sempre più profonda della dottrina sociale della Chiesa». La questione della fede resta dunque centrale ed attuale, come dimostra la scelta di convocare il Sinodo dei vescovi per riflettere sul tema della nuova evangelizzazione e «la felice intuizione» di Benedetto XVI di indire l’Anno della fede che consentirà – ha osservato il presidente della Cei – di «ripensare e rinnovare la fede nella gioia, nella consapevolezza, nella responsabilità della testimonianza, nell’ottica del servizio a Dio e all’uomo». Del resto, «la fede non esclude la diversità, ma arricchisce le diverse culture», ha detto da parte sua il cardinale Peter Erdö, arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente del Ccee, sottolineando che «questa Europa ha una ricchezza spirituale che la fede cristiana può legare e rinforzare». Dando un contributo significativo per far fronte «alla crisi di civiltà e a quella tentazione di non mettere in primo piano la persona» che si esplicitano nelle «espressioni di violenza, di razzismo e di violazione dei diritti umani che sono tutte un’offesa all’uomo». Non mancano tuttavia segnali positivi: «c’è una rinascita dell’interesse soprattutto da parte delle nuove generazioni», ha affermato Jozef Michalik, arcivescovo di Przemysl e vicepresidente del Ccee, per il quale «nell’iniziazione cristiana occorre un maggiore coinvolgimento della famiglia e della comunità» e «come ha mostrato la Gmg di Madrid non è lavoro sprecato quando si presentano le esigenze alte della fede». Così, nel giorno dedicato all’Europa, i vescovi europei hanno voluto celebrare una Messa solenne nella Basilica di Santa Maria Maggiore, alla quale hanno partecipato alcuni ambasciatori presso la Santa Sede, rappresentanti di realtà ecclesiali, di congregazioni religiose e numerosi fedeli, per affidare il Vecchio Continente ai suoi grandi patroni che «con il loro esempio e la loro intercessione – ha spiegato il cardinale Erdö nell’omelia – ci aiutano nel cammino della nostra storia comune, che è lo spazio per la missione, per la nuova evangelizzazione». «È giusto che questa grande comunità di popoli abbia i suoi santi patroni, la propria identità, e che – ha concluso – possa riconciliarsi con se stessa, non rifiutando e non ignorando né il proprio passato, né la pienezza del proprio presente, né le forze vitali che indicano la via del proprio futuro».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: