martedì 28 luglio 2009
Il segretario di Stato illustra a Palazzo Madama la «Caritas in veritate», con la certezza che essa può diventare una base condivisa di lavoro per il bene comune: «Dalla dottrina della Chiesa una grammatica che si rivolge a tutti».
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Dopo cinque anni la parola di Joseph Ratzinger torna a risuonare nel Senato della Repubblica. Il 13 maggio del 2004 l’allora cardinale decano tenne «una non dimenticata» lectio magistralis sul tema «Europa. I suoi fondamenti spirituali ieri, oggi e domani». Ieri, nella stessa cornice della Sala Capitolare del Palazzo della Minerva, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, primo collaboratore di papa Ratzinger, ha illustrato la recente enciclica di Benedetto XVI, la Caritas in veritate. L’incontro è stato aperto dal presidente del Senato, Renato Schifani, che ha svolto alcune riflessioni prendendo spunto dalla nuova enciclica papale che «apre il nuovo millennio dopo un periodo prolungato di "crisi"». Il cardinale Bertone ha iniziato il suo discorso con una premessa, nella quale ha sottolineato gli «aspetti antropologici e teologici» della Caritas in veritate, «forse meno commentati dai servizi giornalistici». Dopo aver citato l’ultimo documento della Commissione teologica internazionale sulla legge naturale, il porporato ha affermato che «la proposta dell’enciclica non è né di carattere ideologico né solo riservata a chi condivide la fede nella rivelazione divina, ma si fonda su realtà antropologiche fondamentali, quali sono appunto la verità e la carità rettamente intese, o come dice la stessa enciclica, date all’uomo e da lui ricevute, non da lui prodotte arbitrariamente».Bertone quindi ha esposto «solo alcuni punti, senza la pretesa di coprire il vasto contenuto dell’enciclica». Innanzitutto ha sottolineato come la Caritas in veritate abbia come «importante messaggio» l’invito a superare «l’ormai obsoleta dicotomia tra la sfera dell’economico e del sociale». «La dottrina sociale della Chiesa – evidenzia Bertone – ci ricorda invece che una buona società è frutto certamente del mercato e della libertà, ma ci sono esigenze, riconducibili al principio di fraternità, che non possono essere eluse, né rimandate alla sola sfera privata o alla filantropia».Un secondo punto che il segretario di Stato vaticano ha voluto mettere in luce è stato quello che, nell’enciclica, porta «dalla fraternità il bene comune». Bertone ha ricordato che «né la visione liberal-individualista del mondo, in cui tutto (o quasi) è scambio, né la visione statocentrica della società, in cui tutto (o quasi) è doverosità, sono guide sicure per farci uscire dalle secche in cui le nostre società sono oggi impantanate». E che «la dottrina sociale della Chiesa non va considerata una teoria etica ulteriore rispetto alle tante già disponibili in letteratura, ma una "grammatica comune" a queste, perché fondata su uno specifico punto di vista, quella del prendersi cura del bene umano».Un terzo punto evidenziato da Bertone è stato il «principio del dono in economia», contenuto nel «bellissimo» capitolo terzo. «La Caritas in veritate – ha spiegato il cardinale – ci dice che una società per ben funzionare e per progredire ha bisogno che all’interno della prassi economica ci siano soggetti che capiscano cosa sono i beni di gratuità, che si capisca, in altre parole, che abbiano bisogno di far rifluire nei circuiti della nostra società il principio di gratuità». Bertone non ha poi mancato di riportare le parole dell’enciclica sulle cause remote della crisi finanziaria, tra le quali la cupidigia e l’avidità con tanto di curiosa citazione del film Wall Street del 1987.Riprendendo i contenuti della premessa, Bertone ha infine segnalato le analogie tra l’enciclica e il discorso pronunciato da Ratzinger nel 2004 «in questa sede del Senato» soprattutto riguardo alla promozione della «centralità e integrità della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna». E ha chiuso l’intervento auspicando che il contenuto dell’enciclica «possa in questa sede trovare l’attenzione che merita».La Sala Capitolare di Palazzo della Minerva era piena di parlamentari, tra cui l’ex presidente del Senato Marcello Pera che invitò il cardinale Ratzinger nel 2004, il senatore Mauro Cutrufo (vicesindaco di Roma) e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Presenti anche gli arcivescovi Dominique Mamberti ("ministro degli esteri" vaticano), Giuseppe Bertello (nunzio in Italia), Rino Fisichella (presidente della Pontificia accademia per la vita e "cappellano" di Montecitorio), e i vescovi Marcelo Sanchez Sorondo (Accademia delle scienze) e Mariano Crociata, segretario generale della Cei. Inoltre c’era monsignor Agostino De Angelis, "cappellano" del Senato in quanto rettore di Sant’Ivo alla Sapienza.Al termine dell’incontro parole di apprezzamento per l’iniziativa e per l’enciclica di Benedetto XVI sono state espresse dai senatori Maurizio Gasparri del Pdl («Dobbiamo essere grati al presidente del Senato Renato Schifani per averci offerto, con l’invito al cardinal Bertone, l’occasione per una riflessione alta da porre all’attenzione di una politica che spesso si perde in tanti rivoli») e Federico Bricolo della Lega («È stato un momento significativo perché ha portato al centro della politica un’enciclica che giustamente critica la finanza speculativa causa di dissesti finanziari»), da Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil («Nella Caritas in veritate ci sono temi e valori molto vicini anche a quello che pensa la Cgil») e da Renata Polverini dell’Ugl («L’enciclica si richiama a valori importanti di cui ci sentiamo partecipi, a partire dalla centralità della persona e della famiglia»).
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