Il cardinale Jean-Claude Hollerich nell'incontro con la stampa - Gambassi
«Grazie papa Francesco. Noi vogliamo continuare insieme il tuo lavoro. E vogliamo realizzare quello che ci hai insegnato». Il cardinale Jean-Claude Hollerich indica nella sinodalità uno dei principali lasciti di papa Bergoglio. E idealmente si fa garante di dare un seguito alla svolta sinodale che Francesco ha impresso alla Chiesa. Arcivescovo di Lussemburgo, gesuita come il Papa, 66 anni, dedica proprio alla dimensione sinodale l’omelia della Messa in suffragio di Francesco che presiede ieri nella chiesa di Santa Maria in Vallicella a Roma, la chiesa degli oratoriani che custodisce la tomba di san Filippo Neri. Una dimensione che, spiega Hollerich, non è emersa nell’«omelia piena di forza» che il cardinale decano Giovanni Battista Re ha tenuto al funerale del Pontefice. L’Eucaristia è concelebrata con altri tre cardinali: l’arcivescovo di Tokyo, Tarcisius Isao Kikuchi, il vescovo di Hong Kong, Stephen Chow Sau-yan, e l’arcivescovo di Lima, Carlos Castillo Mattasoglio.
La Messa in suffragio di papa Francesco presieduta dal cardinale Jean-Claude Hollerich - Gambassi
«Il caro papa Francesco ci ha mostrato la via della sinodalità», sottolinea il porporato gesuita che è stato relatore generale del Sinodo sulla sinodalità. Poi ne ripercorre la storia segnata anche dallo scetticismo. «Quando papa Francesco apriva nel 2021 il Sinodo, c’era gente che aveva paura: questo Sinodo potrebbe mettere in questione le basi della nostra fede; forse porterà a riforme strutturali che mineranno la struttura gerarchica della Chiesa o la sua apostolicità; forse potrebbe finire in una divisione della Chiesa: e noi sappiamo che il mondo soffre già molto per le polarizzazioni». Invece, aggiunge il cardinale, come ripeteva il Papa, «lo Spirito Santo crea un grande disordine ma alla fine stabilisce una nuova armonia». Uno è il punto di partenza: «I battezzati costituiscono il santo popolo di Dio. E ciascuno è importante nella Chiesa». Ne è nato un percorso che «ha cambiato l’ambiente del Sinodo» come hanno mostrato i tavoli nell’Aula Paolo VI dove «ognuno aveva la stessa dignità di figlio e di figlia di Dio». E il risultato ha dato nuova linfa alla Chiesa. «Gli ego si sono riuniti in un nuovo “noi” - afferma l’arcivescovo di Lussemburgo -. Ciascuno partecipa alla vita della Chiesa, ciascuno è arricchito dagli altri. Un nuovo “noi” che non abolisce i doni personali ma li eleva a un nuovo livello, un livello comunitario ed ecclesiale. Il Papa, i vescovi, i sacerdoti non sono più eroi solitari, ma pastori di un vero popolo. La nuova armonia così ottenuta non è autoreferenziale, ma aperta all’altro e a tutti».
Il cardinale definisce un «dono» del Pontefice argentino «la riscoperta della sinodalità. E posso dire che funziona». Però è consapevole che ha suscitato perplessità la scelta di sottoporre a Francesco in ospedale la lettera per il prolungamento di tre anni del Sinodo. «Un gesto meraviglioso. Il Papa ne era a conoscenza da tempo. Sapevo che Grech era in costante contatto con il Pontefice e Francesco ha sempre detto: “Avanti, avanti”. Lo ritengo un ottimo itinerario. E mi auguro che il nuovo Papa sia d'accordo», dice incontrando la stampa al termine della celebrazione. Nell’omelia Hollerich rivela di essere stato «molto contento» di aver lavorato sotto «la guida esperta del segretario generale del Sinodo, il cardinale Grech». E di fronte alla stampa aggiunge: «Stimo molto Grech: è uomo di preghiera, di grande umanità e umiltà e un ottimo leader». Poi indica una caratteristica che il futuro Pontefice dovrebbe avere: «Essere aperto alla realtà e vedere Dio nella realtà». Quindi la confidenza: «Quando sono diventato vescovo, ero più conservatore. Ma non appena incontri la gente, il cuore cambia. E oggi c’è bisogno della radicalità del Vangelo».