martedì 28 gennaio 2025
Il giovane Capuzzimati seppe diventare, da figlio, “padre spirituale” dei genitori. E generare alla fede quanti lo incontrarono. Chiusa la fase diocesana; le parole dell'arcivescovo Miniero
Pierangelo Capuzzimati con i familiari ad Assisi

Pierangelo Capuzzimati con i familiari ad Assisi - .

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«Gioia cristiana e umano dolore». In queste parole di Giusy Catanese, madre di Pierangelo Capuzzimati, c’è il travagliato e luminoso percorso che l’ha vista accanto al figlio, insieme al marito Angelo, negli anni della malattia del figlio maggiore. Una leucemia ha portato via Pierangelo non ancora diciottenne. Era nato a Taranto il 28 giugno del 1990. In una mattinata di luglio 2004, al mare, minuscoli puntini rossi sul suo torace e un livido sul suo ginocchio destro avevano allarmato i genitori. Dal medico di famiglia il consiglio di una visita urgente al pronto soccorso dell’ospedale Moscati di Taranto. La diagnosi terribile.

Inizia così, a 14 anni, il calvario della malattia per Pierangelo Capuzzimati. Due trapianti di midollo osseo non bastano. Muore il 30 aprile del 2008. Oggi quel ragazzo riservato, amante dei libri, dello studio del greco e latino, che chiamava Gesù “il mio amico” e alla Chiesa ha affidato i genitori in punto di morte, potrebbe diventare beato. Il 10 gennaio 2020 Filippo Santoro, allora arcivescovo di Taranto, presiedette la solenne apertura della prima sessione del processo di beatificazione e canonizzazione. Negli scorsi giorni, con la celebrazione eucaristica presieduta dall’attuale arcivescovo dell’arcidiocesi di Taranto, Ciro Miniero, nella chiesa Maria Santissima Assunta di Faggiano, il paese della provincia tarantina in cui Pierangelo viveva con la famiglia, questa fase si è conclusa ufficialmente. Ora la sua storia andrà a Roma al riesame del processo, in congregazione dei santi. «Una scheggia di Paradiso» lo definì subito don Giuseppe Calamo, sua guida spirituale e parroco, all’epoca dei fatti.

Pierangelo Capuzzimati, nato a Taranto il 28 giugno 1990, morto il 30 aprile 2008

Pierangelo Capuzzimati, nato a Taranto il 28 giugno 1990, morto il 30 aprile 2008 - .

«Nella storia di Pierangelo, la malattia e la sofferenza costituiscono l’humus all’interno del quale il soffio dello Spirito fa nascere e sviluppare una fede che porta un “figlio biologico” a diventare “padre spirituale” dei propri genitori - racconta don Cristian Catacchio, postulatore diocesano per la causa di beatificazione e canonizzazione - e a generare alla fede molti di coloro che aveva intorno e di quanti ora stanno imparando a conoscerlo. Il Giubileo è un momento in cui la Chiesa invita tutti a rinnovare la propria fede e a ripartire da Cristo. La figura di Pierangelo può essere un’ispirazione per questo cammino di rinnovamento. La sua storia è particolarmente significativa per le giovani generazioni, che sono spesso alla ricerca di modelli positivi a cui ispirarsi».

Un adolescente santo, e non viceversa. La malattia gli aveva impedito di vivere la quotidianità ma quando i medici lo consentivano «si catapultava nella vita sociale – racconta mamma Giusy - alle feste con gli amici, a scuola, in gita. L’adolescenza è un’età in cui forse si ha più difficoltà ad esporsi rispetto alle proprie convinzioni, si tende a non portarle avanti fino in fondo. Lui non aveva alcuna reticenza, testimoniava Cristo con chiunque incontrasse».

«Pierangelo ha vissuto i suoi quattro anni di malattia in un modo particolare, vicino a Dio. Noi purtroppo abbiamo capito quello che accadeva in lui – confessa il padre - solo negli ultimi cinque giorni della sua vita terrena. Gli chiesi: “Se vai via noi come facciamo?” Lui mi rispose che esistevano i miracoli, di continuare a pregare e poi ribadì: “C’è la Chiesa. Affidatevi alla Chiesa. I progetti umani non sono quelli di Dio”. Io riferii subito queste parole alle persone che erano con noi in casa in quei giorni drammatici».

L'arcivescovo Miniero sigilla i documenti, alla chiusura della fase diocesana della beatificazione di Pierangelo Capuzzimati

L'arcivescovo Miniero sigilla i documenti, alla chiusura della fase diocesana della beatificazione di Pierangelo Capuzzimati - .

«La sua capacità di affrontare la sofferenza con fede e serenità – ha spiegato l’arcivescovo Miniero durante la celebrazione – ci riempie di ammirazione e ci invita a coltivare la nostra relazione con Dio. Come pastore della diocesi di Taranto, indico Pierangelo come esempio di santità vissuta per tanti giovani come lui, affinché si lascino afferrare da Cristo e lo considerino la perla più preziosa della propria vita».

Oggi un’associazione, costituita dai familiari insieme agli amici più cari, in nome di Pierangelo aiuta chi ha più bisogno. «Ne è nata anche una manifestazione nel periodo natalizio – spiega Giusy - che abbiamo chiamato “Filo d’angelo” ed è dedicata ai ragazzi delle scuole che Pierangelo ha frequentato. Non aiutiamo i meritevoli ma chi vive disagi sociali o è affetto da gravi patologie». «A tutta la comunità diocesana – ha concluso l’arcivescovo Miniero nella sua omelia - rivolgo la mia viva esortazione a pregare affinché Pierangelo, se la Provvidenza di Dio così desidera, possa essere iscritto nell’albo dei santi».


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