Fidenza con san Donnino: «Il suo esempio contro "avere, piacere e potere", la mentalità di oggi»
Fidenza oggi la Messa solenne per il patrono della diocesi emiliana presieduta da Turazzi

«Immersi in una società secolarizzata, siamo chiamati a raccogliere la ricca eredità che San Donnino ci ha lasciato con la sua testimonianza: una vita donata per amore di Cristo». Lo ha sostenuto oggi nella Cattedrale di Fidenza il vescovo diocesano Ovidio Vezzoli, all’inizio del solenne pontificale per la festa del patrono della città e diocesi emiliana, presieduto dal vescovo emerito di San Marino-Montefeltro, Andrea Turazzi.
Nel suo saluto iniziale ai sacerdoti, alle autorità cittadine e ai fedeli che gremivano il Duomo, il vescovo Vezzoli ha esortato tutti «a imitare San Donnino, martire di Cristo che trasformò la sua vita in vivente Evangelo, nella storia che viviamo oggi, attraversata da tensioni, rivendicazioni, inquietudini, disorientamento e da un desiderio mai soffocato di autenticità, di bellezza e di verità». Per il presule emiliano «l’impegno dei cristiani è quello di avviare un cammino di conversione, un cambiamento di mentalità, uno stile autentico nell’essere Chiesa presente nel mondo e non contro di esso». All’omelia anche il vescovo Turazzi ha indicato San Donnino «non come un testimone di Cristo che è alle nostre spalle, come un ricordo, ma uno che ci sta di fronte come un presente che urge, che incoraggia e che trasmette una responsabilità che diventa nostra, se riconosciamo la nostra origine e la nostra identità. Ci invita ad essere ‘fermi e fedeli’ nella testimonianza».
Citando la «profonda e lapidaria frase di Sant’Agostino», il presule ha precisato: «Hai detto martire, hai detto tutto», cioè vivere di fede. E come lui, noi cristiani siamo chiamati ad affermare la misura alta e definitiva di Dio nella vita personale, nella vita sociale, di fronte al mondo». E ha proseguito: «Anche noi dobbiamo fare i conti con lo spirito del mondo e abitarlo senza fughe. Il suo male – la mondanità – è sintetizzabile in tre parole terribili: l’avere, il piacere, il potere. Siamo consapevoli di come questi tre verbi condizionino la vita di ogni giorno e la storia più grande. La terapia? È il Vangelo di cui siamo chiamati ad essere testimoni, proprio come il martire San Donnino».
Il vescovo Turazzi ha concluso: «Imitando il santo patrono, riviva questa vostra Chiesa come popolo che ha il mandato di portare al mondo una novità che il mondo aspetta oppure nega, ma che non può darsi da se stesso. Auguro, da fratello, che la vostra Chiesa dia prova di una fede forte e tenera, una Chiesa composta di comunità di fede, dove si coltiva l’amore alla ragione, dove si amano di carità vera non solo quelli che si trovano all’interno, ma tutti, perché a tutti è inviata. Sia una comunità forte come intelligenza, come cuore, come capacità di protendersi oltre se stessa per portare consolazione e per fare tutta la propria parte per la città degli uomini. In concreto, essere cristiani presenti, coerenti, intraprendenti». San Donnino, soldato dell’imperatore Massimiano, fu martirizzato il 9 ottobre del 293 oppure 299 a Fidenza e la sua storia è raccontata nei bassorilievi del Duomo, la cui cripta ne conserva le spoglie. La sua iconografia lo rappresenta dopo la morte con il capo mozzato in mano, come San Dionigi di Parigi. È protettore dei viandanti e pellegrini, perché la Cattedrale di Fidenza, ricostruita nel XII secolo, era una delle principali tappe lungo la Via Francigena.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Temi






