Perché anche chi non crede va in vacanza fra eremi e santuari
Rocchi, presidente dell’Associazione Ospitalità religiosa italiana: «Vengono sempre più persone lontane dalla vita ecclesiale. È una nuova frontiera della missione, verso chi bussa alla tua porta»

«Il mondo dell’ospitalità religiosa, con le sue 2.940 strutture ricettive per oltre centonovantamila posti letto in tutta Italia, è diventato una nuova frontiera della missione. E il bello è che non siamo noi a dover cercare i “lontani”, ma sono loro a cercare noi. Sono loro – sempre più spesso, negli ultimi 10-15 anni, persone e famiglie che non hanno familiarità con la Chiesa, che sono estranee alla vita ecclesiale se non addirittura diffidenti o ostili – a bussare alla nostra porta. Questo dà loro l’occasione per fare un’esperienza di Chiesa accogliente. E dà a noi la responsabilità di essere volto di quella Chiesa». Parola di Fabio Rocchi, presidente dell’Associazione “Ospitalità religiosa italiana”, che con il suo portale – e in collaborazione con l’Ufficio nazionale Cei per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport – si propone di assistere e promuovere le case le case di ospitalità religiose e non profit, favorendo l’incontro fra gestori e pubblico. L’associazione offre – in modo diretto e gratuito sul sito ospitalitareligiosa.it – un servizio di consultazione e contatto tra utenti e strutture. Parliamo di realtà molto diverse tra loro: si va dalle classiche case per ferie alle foresterie di conventi e monasteri, dagli eremi ai santuari, dalle case di parrocchie e istituti religiosi alle case scout, dagli studentati agli ostelli, dalle case alpine alle residenze al mare, dai veri e propri alberghi ai bed & breakfast fino ai semplici terreni per tende. Diverse le strutture, diversi i servizi che offrono – si veda in questa pagina il servizio dedicato al “Rapporto 2025 sull’ospitalità religiosa in Italia”. E differenti le motivazioni di chi ci va: turismo, studio, lavoro. E il desiderio di esperienze umane e spirituali significative – come rende possibile la condivisione di spazi e tempi di vita e preghiera con comunità religiose, o il farvi tappa in esperienze di pellegrinaggio.
Che cosa unifica questo mondo? «Lo stile familiare, la qualità dell’accoglienza, l’attenzione alla persona e alla relazione – fa sintesi Rocchi –. Ogni struttura esprime il carisma, il volto, lo stile di una congregazione o di un istituto religioso, piuttosto che di un’associazione o di una parrocchia. Chi è impegnato in quest’ambito non “nasce” operatore alberghiero. Come si legge nella “Carta dei valori” della nostra associazione, l’accoglienza data in queste strutture non è un “prodotto” ma un “gesto” che richiama il carisma del servire. Alla radice sta un “fare casa con Dio” che permette di ospitare la bellezza, l’incontro, l’armonia e la serenità ma anche il silenzio, la preghiera, l’abbandono, per poter curare le fatiche e le ferite della vita».

È un mondo dinamico, quello dell’ospitalità religiosa. Chiamato a offrire risposte nuove a domande nuove. Ma nella fedeltà al carisma che sta alla sorgente dell’esperienza. «Il mutamento più significativo? In passato – risponde Rocchi – gli utenti erano quasi sempre persone, famiglie e gruppi già profondamente inseriti nella vita ecclesiale. Negli ultimi 10-15 anni invece è cresciuta sempre più la presenza di utenti lontani da un’esperienza ordinaria di Chiesa. Se non diffidenti o ostili. La prima volta bussano alla tua porta per la bellezza del luogo. O magari perché costi un po’ meno. Poi imparano a conoscerti. E ad apprezzare la qualità dell’accoglienza. Così: prima ti cercano per quello che dai. Poi tornano per quello che sei. Accade non solo a chi si muove per turismo, ma anche per studio o per lavoro. Tutto questo richiede a chi presta servizio – dai dipendenti ai molti volontari – una capacità di ascolto, comprensione, dialogo, una capacità di testimoniare un carisma nel rispetto di un’utenza sempre più “laica” e “plurale”. È una nuova frontiera della missione: che non esci a cercare, ma bussa alla tua stessa porta».
Non è facile tenere in vita queste strutture: lo confermano i dati del Rapporto 2025. Con un calo di posti letto del 4% rispetto al 2024 e addirittura del 25% rispetto al 2019. Far quadrare i conti è sempre difficile. «E chi non ce la fa chiude, o affitta la struttura a società che ci fanno un albergo o ne ricavano una Rsa per anziani. Per chi era più in difficoltà, la pandemia è stata il colpo di grazia», riprende il presidente. Chi resiste, intanto, apre vie nuove e feconde. «Come l’approccio offline. Fra tante realtà che offrono il wi-fi agli ospiti – sottolinea Rocchi – noi abbiamo un 30% di strutture che sono offline, in genere per scelta, per poter offrire agli ospiti un’occasione per “staccare la spina”. Un ambito nuovo è quello del wedding: strutture che dalla chiesa al ristorante con cucina o catering, dall’area verde per invitati adulti e bambini fino alla possibilità di pernottare, offrono quel che serve per organizzare un matrimonio indimenticabile».
Altri ambiti qualificanti? Il progetto “Ospitalità Misericordiosa”. E le “vacanze etiche”: «Abbiamo più di cento strutture i cui introiti, al netto delle spese, vanno a sostenere iniziative di solidarietà in Italia e nel mondo: con progetti resi noti all’ospite, perché possa condividere consapevolmente questa destinazione». Il Giubileo 2025, intanto, chiama in causa anche l’ambito dell’ospitalità religiosa. «Che offre risposte, in particolare, a chi viene da terre lontane – dall’America Latina all’Africa all’Estremo Oriente –, ha mezzi minori e non può permettersi gli hotel di Roma. Per queste persone, il pellegrinaggio nell’Urbe spesso è il “viaggio della vita”. Le strutture religiose aiutano a renderlo possibile».
I dati: 2.940 strutture con 190.947 posti letto. Ecco dove sono
L’invecchiamento della popolazione lascia il segno anche nel settore dell’ospitalità religiosa in Italia. Che fra 2024 e 2025 registra un arretramento del 4% in termini di posti letto messi a disposizione: una diminuzione dovuta principalmente alla riconversione di una parte delle strutture in residenze sanitarie assistenziali per anziani. Una scelta, quella fatta da diocesi, parrocchie, congregazioni e istituti religiosi, che viene incontro alla crescente domanda di servizi rivolti alla terza età. Mentre dare un futuro a case per ferie, case alpine, ostelli, convitti, colonie, foresterie di monasteri e conventi e via dicendo – e dare accoglienza con stile cristiano, e magari con un occhio di riguardo ai chi è più fragile o fa più fatica ad arrivare a fine mese – è una sfida sempre più impegnativa. Anche in un anno speciale – e ricco di motivi di speranza – come quello del Giubileo.

Accogliere pellegrini e turisti. È questo lo scenario che emerge dal “Rapporto 2025 sull’ospitalità religiosa in Italia” pubblicato dall’Associazione “Ospitalità religiosa italiana”, realtà non profit il cui scopo è assistere e promuovere l’accoglienza offerta da strutture ricettive religiose e laiche senza fini di lucro, e che collabora con l’Ufficio nazionale Cei per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport. Il Rapporto prende in esame «le strutture ricettive destinate a chi viaggia per motivi spirituali, turistici, lavorativi e di studio», spiega il report, ed elaborando i dati raccolti grazie al portale ospitalitareligiosa.it restituisce un ritratto di questo particolare ambito.
Un Paese che invecchia. In tutta Italia le strutture ricettive legate al mondo dell’ospitalità religiosa risultano essere 2.940 per un totale di 190.947 posti letto secondo i dati del portale, aggiornati all’aprile del 2025. Di quelle strutture, 1.368 sono gestite direttamente da soggetti religiosi (per un totale di 80.375 posti letto), 1.054 (per 75.284 posti letto complessivi) sono di proprietà di soggetti religiosi ma a gestione laica, 432 (per 25.598 posti letto) sono di proprietà e gestione laica non profit. Le rimanenti ottantasei (per 9.690 posti letto) hanno proprietà e gestione laica commerciale. Fra 2024 e 2025 i posti letto sono calati del 4%. E addirittura del 25% rispetto al 2019. Se la pandemia ha lasciato il segno, ancora più ha inciso l’invecchiamento della popolazione italiana – sottolinea il report – con la conversione di parte delle strutture in Rsa.
La mappa dei posti letto. Riguardo alla geografia dell’ospitalità religiosa: in testa c’è il Lazio con 32.897 posti letto, seguito da Veneto (22.115), Lombardia (16.834) ed Emilia-Romagna (15.834). La piccola Umbria, con i suoi 11.481 posti letto, segue a ruota regioni più estese come Piemonte (13.118) e Toscana (12.892) e precede addirittura Sicilia (5.792) e Campania (5.661). L’ancor più piccola Valle d’Aosta, con 3.174 posti letto, guida la classifica della «frequenza dei posti letto sul territorio»: nella Vallée c’è infatti un posto letto ogni 39 abitanti. La segue l’Umbria con un posto letto ogni 74 abitanti. All’altro capo la Campania con un posto letto ogni 988 abitanti. Riguardo alla collocazione di queste strutture: il 34% ha sede nel centro storico di una città o di un paese, il 27% sta in montagna, il 24% in zone urbane semicentrali, il 23% in collina, il 14% in zone di bosco, il 13% in località di mare e il 13% in periferie urbane.
Senza campo. Ma “connessi” davvero. Quali servizi offre, oggi, il mondo dell’ospitalità religiosa? Il 52% delle strutture dichiara di essere accessibile a persone con disabilità. Altro dato emblematico: quello del rapporto con la tecnologia. Il 70% delle strutture è dotato di wi-fi per gli ospiti. E il restante 30%? Non sempre si tratta di realtà che sono “rimaste indietro”, sottolinea il Rapporto 2025. Tutt’altro: in genere si tratta di strutture che hanno scelto di essere offline per qualificare la loro proposta di ospitalità. E per offrire all’ospite, dunque, la possibilità di “staccare la spina” davvero, di disconnettersi dalla rete per riconnettersi più in profondità con sé stessi, con gli altri, con il creato. E con Dio.
Pregare, leggere, giocare. A questo proposito: il 60% delle strutture ha una cappella, il 41% una chiesa, il 30% offre una vera e propria assistenza religiosa. E se il 56% ha una sala tv, solo il 19% ha una biblioteca. Il 69% ha un giardino, il 37% un parco, il 28% un’area giochi per i bambini, il 20% un campo di calcetto, il 19% uno di pallavolo. Nel 40% delle strutture è possibile pagare con bancomat e carte.
Tradizione secolare, sapori nuovi. Plurale la tipologia degli alloggi: si va dall’81% di strutture che dispone di camere doppie, al 72% che ha camere singole, fino al 31% che offre camerate per gruppi. Il 23% spazio all’aperto per tende, il 22% letti per sacchi a pelo, il 17% spazi a terra per sacchi a pelo. E se il 79% offre la possibilità del pernottamento, il 58% il pernottamento con colazione, il 46% la pensione completa e il 45% la mezza pensione, il 45% offre la formula dell’autogestione. Pensione completa e mezza pensione, sottolinea infine il Rapporto 2025, permettono di condividere e gustare “quel che passa il convento”, «rendendo così l’esperienza del soggiorno più coinvolgente. Una tradizione secolare in cucina che oggi gode anche di una “contaminazione” grazie alla sempre più frequente presenza di religiosi e religiose provenienti da altri continenti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA






