I giovani non se ne vanno se la Chiesa è accogliente. Come a Tor Vergata
I giovani se ne sono andati? Allora come si spiega il successo di Roma? Il fatto è che i ragazzi abbandonano un certo modo di interpretare il cristianesimo. Ma la loro aspettativa spirituale resta

La prima lezione mi pare che ci venga dai giovani stessi. I protagonisti di questo evento sono stati loro, con la loro energia, la loro compostezza, il loro entusiasmo. Il modo intenso con cui hanno vissuto i momenti che il Giubileo gli ha offerto ha messo in evidenza la loro serietà, la loro ricerca di autenticità, la loro disponibilità a una proposta di vita cristiana che sappia entrare in dialogo con la loro sensibilità, le loro domande, la loro cultura. Sempre più spesso si sentono parole sconsolate sui giovani, come se fossero una generazione perduta, quanto meno per le comunità cristiane e la Chiesa.
Del resto, le chiese non vedono che sporadiche presenze giovanili, la Messa della domenica è quasi interamente disertata e la disponibilità di ragazzi e ragazze a coinvolgersi nelle proposte tradizionali di parrocchie e gruppi è sempre più scarsa. La conclusione che molti traggono da tutto questo è che i giovani sono diventati increduli, non più interessati a una proposta religiosa, estranei e lontani. «I giovani se ne sono andati», si sente dire da sacerdoti, educatori, catechisti. È vero e non è vero. I giovani se ne sono andati da un certo modo di interpretare il cristianesimo, fatto di riti per loro spesso incomprensibili, di norme morali che non fanno appello alla coscienza, fatto di verità proposte in maniera dogmatica ed estranea all’esistenza. Da questa esperienza religiosa i giovani se ne sono andati.
Ma le loro domande di senso, di spiritualità, di autenticità, di trascendenza, di fraternità sono quanto mai presenti e vive dentro di loro; i giovani non se ne sono andati da una Chiesa in cui la loro ricerca di vita e di bene possa trovare casa. Al Giubileo hanno trovato quel tipo di vita religiosa di cui sono in cerca: una Chiesa che fa posto alla vita, che si mette in ascolto, che mostra un volto accogliente e sereno: una Chiesa amica del loro desiderio di pienezza e di senso. A Tor Vergata i giovani hanno sperimentato che essere cristiani va d’accordo con la vita, la assume tutta, la valorizza, la rende contagiosa. E loro sono entrati in questa Chiesa, si sono lasciati coinvolgere, diventando la sorpresa di tanti, magari di quelli che fino al giorno prima pensavano che le nuove generazioni sono indifferenti, insensibili, disimpegnate.
Se si dovesse chiedere a un giovane che cosa lo ha colpito di più del Giubileo che risposte si riceverebbero? Forse l’immagine del Papa che raccatta una pallina da tennis che gli è stata lanciata, che passa in mezzo a loro e si attarda con loro, che domanda loro come hanno dormito all’addiaccio, che cita i due giovani morti, che va a trovare quello che si è ammalato... Il volto umano di una Chiesa calda, semplice, cordiale; senza fasti e capace di gesti “lievi”, di attenzione alle persone. Un Papa che “vede” i giovani, quelli che ci sono e anche quelli che non ci sono.
Non sappiamo con quali pensieri e quale stato d’animo i partecipanti al Giubileo siano tornati a casa, ma certo con l’idea di una Chiesa diversa da quella che molti di loro hanno conosciuto e hanno in mente. Hanno incontrato la Chiesa che vorrebbero: accogliente, fraterna, universale, soprattutto capace di ascolto e di dialogo. Hanno potuto rivolgere le loro domande al Papa, un gesto vero e anche intensamente simbolico: di una Chiesa che sta in ascolto dei giovani, che si interessa ai loro interrogativi, alla loro ricerca, alle loro inquietudini.
Che li incoraggia a essere inquieti e a coltivare le proprie ricerche, che accoglie la loro voglia di vita e la loro sensibilità per le grandi questioni del mondo. Se dovessi scegliere un’immagine di questo Giubileo, sceglierei proprio quella del dialogo tra i giovani e il Papa: provocazione e responsabilità per la vita ecclesiale di tutti i giorni, e anche per la scuola, la politica, le istituzioni tutte.
Nel clima di diffidenza e di indifferenza che circonda oggi il mondo giovanile la Chiesa ha dato un segnale controcorrente: la sua attenzione ai giovani, la fiducia in loro, il fare appello alla loro responsabilità, quella che ha spinto papa Leone a invitarli a cambiare il mondo.
Nel clima di diffidenza e di indifferenza che circonda oggi il mondo giovanile la Chiesa ha dato un segnale controcorrente: la sua attenzione ai giovani, la fiducia in loro, il fare appello alla loro responsabilità, quella che ha spinto papa Leone a invitarli a cambiare il mondo.
I giovani al Giubileo ci hanno sorpreso; o quanto meno hanno sorpreso quelli che sono avvezzi a guardare a loro in maniera pessimistica e a valutarli in base ai propri giudizi o pregiudizi. E hanno detto, anche senza parole, che con loro ci può essere speranza per tutti.
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