Sei un volontario? Con 60 ore di servizio, competenze certificate
La viceministra del Lavoro, Bellucci, spiega il nuovo decreto: chi svolge un'attività in un ente del Terzo settore si vedrà riconosciute le abilità acquisite. Così diamo valore alla solidarietà

Per la viceministra del Lavoro, Maria Teresa Bellucci, si tratta di «una svolta fondamentale, attesa da 8 anni, che valorizza ulteriormente il Terzo settore e il suo protagonismo nella costruzione del bene comune». Per i 5 milioni di italiani che svolgono attività di volontariato organizzato sarà l’occasione finalmente per vedere riconosciuto non solo il loro (meritorio) impegno ma anche le conoscenze e le capacità che acquisiscono durante il loro servizio.
Il decreto interministeriale per il riconoscimento delle competenze dei volontari, approvato nei giorni scorsi nella Conferenza unificata Stato-Regioni, infatti, prevede che siano certificate le abilità acquisite dai volontari che svolgono almeno 60 ore di attività nel corso di un anno in un Ets (Ente del terzo settore) di quelli registrati nel Registro nazionale. Certificazione che potrà valere poi crediti formativi nell’ambito scolastico e universitario e, se previsto dalla normativa di settore, punteggio aggiuntivo nei concorsi pubblici. «Questo provvedimento avrà una ricaduta concreta nella vita delle persone che donano tempo e se stesse agli altri come volontari – spiega la viceministra Bellucci – sottolinea la responsabilità individuale e la partecipazione primaria del Terzo settore nella costruzione, assieme alle istituzioni, di una società più coesa, più protetta, unita in un patto sociale orientato al bene comune».
Concretamente saranno gli stessi Enti del terzo settore a rilasciare le certificazioni del servizio reso dai volontari «secondo l’ordinamento proprio dell’ente», sulla base degli «standard di qualificazione definiti dal ministero del Lavoro». Rispettando cinque criteri fondamentali: «la garanzia di accesso equo e conoscenza del servizio»; la stesura di «un progetto personalizzato sottoscritto da ente e volontario, con gli obiettivi di apprendimento e la durata»; l’individuazione di «un tutor che segua il volontario per l’intera durata dell’esperienza»; il rilascio alla fine di un «documento di trasparenza che descrive i risultati ottenuti e l’impegno temporale» e, infine, «l’attestazione che viene rilasciata se è stato completato almeno il 75% del percorso». Si completa così quello che la vice responsabile del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali chiama un «cammino complesso ma fondamentale», un decreto che coinvolge altri dicasteri come Pubblica amministrazione, Istruzione e merito, Università e ricerca, preceduto necessariamente dal decreto che definiva le competenze certificabili e che dovrà trovare applicazione nelle singole regolamentazioni di corsi di istruzione e concorsi pubblici.
Per fare qualche esempio, in pratica una ragazza che svolgesse volontariato in un servizio di soccorso con ambulanze potrebbe vedersi certificate le competenze acquisite e guadagnare crediti formativi nel corso di laurea in infermieristica. Allo stesso modo, un volontario ospedaliero potrebbe acquisire un punteggio aggiuntivo nel concorso per l’assunzione come Osa in una Rsa per anziani.
Si tratta di un provvedimento atteso dalle stesse organizzazioni del terzo settore. Ad aprile scorso, il Forum del terzo settore assieme alla Caritas avevano presentato la ricerca «NOI+. Valorizza te stesso, valorizzi il volontariato», in cui si sottolineava come «il volontariato è innanzitutto una pratica di solidarietà ma, per chi ne fa esperienza, è anche un luogo di formazione, crescita personale e apprendimento costante. I volontari percepiscono di essere agenti di cambiamento e ritengono che la loro attività abbia un impatto rilevante sia sulla realtà circostante che su se stessi». Ora il Forum e gli Ets sono in attesa di esaminare nel dettaglio il decreto interministeriale non appena verrà pubblicato in Gazzetta Ufficiale dopo il giro delle firme nei vari dicasteri.
Ma, in ogni caso, il percorso previsto sembra celare il rischio di un certo peso organizzativo e burocratico – la formazione, i documenti, il piano personalizzato da stendere per i volontari, il tutor da affiancare ecc. – che potrebbe gravare sugli Enti. «In realtà, anche per la conoscenza personale che ho degli Enti del terzo settore, non credo ci siano compiti «aggiuntivi» rispetto a ciò che già fanno in termini di responsabilità, formazione e cura dei loro volontari. E dunque non vedo gravare rischi particolari», risponde Bellucci. «Piuttosto – conclude la viceministra – ho avvertito delle assonanze con le parole del Papa, che nei giorni scorsi ha detto ai seminaristi “siate protagonisti ma non solisti”. Ecco, questo è anche il messaggio che con il decreto intendiamo sottolineare: il volontario è un protagonista, un cittadino attivo che agisce per altruismo e solidarietà».
© riproduzione riservata
Il decreto interministeriale per il riconoscimento delle competenze dei volontari, approvato nei giorni scorsi nella Conferenza unificata Stato-Regioni, infatti, prevede che siano certificate le abilità acquisite dai volontari che svolgono almeno 60 ore di attività nel corso di un anno in un Ets (Ente del terzo settore) di quelli registrati nel Registro nazionale. Certificazione che potrà valere poi crediti formativi nell’ambito scolastico e universitario e, se previsto dalla normativa di settore, punteggio aggiuntivo nei concorsi pubblici. «Questo provvedimento avrà una ricaduta concreta nella vita delle persone che donano tempo e se stesse agli altri come volontari – spiega la viceministra Bellucci – sottolinea la responsabilità individuale e la partecipazione primaria del Terzo settore nella costruzione, assieme alle istituzioni, di una società più coesa, più protetta, unita in un patto sociale orientato al bene comune».
Concretamente saranno gli stessi Enti del terzo settore a rilasciare le certificazioni del servizio reso dai volontari «secondo l’ordinamento proprio dell’ente», sulla base degli «standard di qualificazione definiti dal ministero del Lavoro». Rispettando cinque criteri fondamentali: «la garanzia di accesso equo e conoscenza del servizio»; la stesura di «un progetto personalizzato sottoscritto da ente e volontario, con gli obiettivi di apprendimento e la durata»; l’individuazione di «un tutor che segua il volontario per l’intera durata dell’esperienza»; il rilascio alla fine di un «documento di trasparenza che descrive i risultati ottenuti e l’impegno temporale» e, infine, «l’attestazione che viene rilasciata se è stato completato almeno il 75% del percorso». Si completa così quello che la vice responsabile del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali chiama un «cammino complesso ma fondamentale», un decreto che coinvolge altri dicasteri come Pubblica amministrazione, Istruzione e merito, Università e ricerca, preceduto necessariamente dal decreto che definiva le competenze certificabili e che dovrà trovare applicazione nelle singole regolamentazioni di corsi di istruzione e concorsi pubblici.
Per fare qualche esempio, in pratica una ragazza che svolgesse volontariato in un servizio di soccorso con ambulanze potrebbe vedersi certificate le competenze acquisite e guadagnare crediti formativi nel corso di laurea in infermieristica. Allo stesso modo, un volontario ospedaliero potrebbe acquisire un punteggio aggiuntivo nel concorso per l’assunzione come Osa in una Rsa per anziani.
Si tratta di un provvedimento atteso dalle stesse organizzazioni del terzo settore. Ad aprile scorso, il Forum del terzo settore assieme alla Caritas avevano presentato la ricerca «NOI+. Valorizza te stesso, valorizzi il volontariato», in cui si sottolineava come «il volontariato è innanzitutto una pratica di solidarietà ma, per chi ne fa esperienza, è anche un luogo di formazione, crescita personale e apprendimento costante. I volontari percepiscono di essere agenti di cambiamento e ritengono che la loro attività abbia un impatto rilevante sia sulla realtà circostante che su se stessi». Ora il Forum e gli Ets sono in attesa di esaminare nel dettaglio il decreto interministeriale non appena verrà pubblicato in Gazzetta Ufficiale dopo il giro delle firme nei vari dicasteri.
Ma, in ogni caso, il percorso previsto sembra celare il rischio di un certo peso organizzativo e burocratico – la formazione, i documenti, il piano personalizzato da stendere per i volontari, il tutor da affiancare ecc. – che potrebbe gravare sugli Enti. «In realtà, anche per la conoscenza personale che ho degli Enti del terzo settore, non credo ci siano compiti «aggiuntivi» rispetto a ciò che già fanno in termini di responsabilità, formazione e cura dei loro volontari. E dunque non vedo gravare rischi particolari», risponde Bellucci. «Piuttosto – conclude la viceministra – ho avvertito delle assonanze con le parole del Papa, che nei giorni scorsi ha detto ai seminaristi “siate protagonisti ma non solisti”. Ecco, questo è anche il messaggio che con il decreto intendiamo sottolineare: il volontario è un protagonista, un cittadino attivo che agisce per altruismo e solidarietà».
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