Salta la stretta sui dehors. Tavoli all’aperto dei bar liberi fino al 2027

Un emendamento presentato al ddl Semplificazioni “regala” più tempo al governo: 12 mesi per definire il riordino. Le regole soft introdotte nel post Covid resteranno in vigore ancora un anno e mez
September 16, 2025
Salta la stretta sui dehors. Tavoli all’aperto dei bar liberi fino al 2027
ANSA | A divedere Comuni ed esercenti soprattutto i locali nei centri storici
Era partita come un’eccezione e invece è diventata una regola che – è la notizia di ieri – promette di durare ancora a lungo, almeno fino alla metà del 2027. Converrà dunque abituarsi a quello che già oggi è sempre più comune vedere camminando per le città: bar e ristoranti che si allargano su marciapiedi e piazze, suolo pubblico che un tempo per gli esercenti era considerato off limits. A cambiare le cose, rendendo più veloce la procedura di autorizzazione per l’occupazione di un tratto di suolo urbano da parte degli esercenti – snellendone la burocrazia e, per un periodo, abbassando i canoni di concessione per posare tavoli, sedie e ombrellone su piazze e carreggiate – fu una norma siglata nel 2020 dall’allora esecutivo con l’obiettivo di rilanciare le attività colpite dal Covid partendo dall’aperto, la zona che all’epoca era meno esposta al contagio. Peccato che dall’inizio della pandemia siano ormai passati cinque anni e di rinnovo in rinnovo la norma ha perso forse il suo senso ma non la sua efficacia e ha accontentato per un lustro baristi e ristoratori ma fatto infuriare tanti cittadini che si sono trovati privati stabilmente di marciapiedi, piazze e parcheggi oppure costretti a fare lo slalom tra tavolini e sedie.
L’ultima proroga, a fine 2024, sembrava aver messo fine alla catena di rinnovi e stabilito finalmente il termine delle procedure semplificate al dicembre 2025 dando dodici mesi al governo per un riordino organico dei cosiddetti dehors. Ieri, però, un emendamento di Costanzo Della Porta (FdI), relatore al ddl sulla semplificazione delle attività economiche all’esame in senato ha annullato tutto e tolto le castagne dal fuoco all’esecutivo che ha guadagnato tempo – ben un anno e mezzo, abbastanza per sfangare anche le elezioni regionali – per mettere una pezza alla questione. Per farlo – recita l’emendamento – il governo avrà tempo fino al 30 giugno 2027.
Smentite, dunque, per ora le voci che volevano una bozza già pronta in Consiglio dei ministri e che nei giorni scorsi aveva messo in allarme gli addetti ai lavori. Nel mirino del riordino, che ora risulta però molto meno urgente, sembrano esserci soprattutto i locali nei centri storici o vicino ai monumenti di interesse storico-culturale, che a decreto approvato dovranno passare per un’autorizzazione preventiva dalla sovrintendenza culturale che valuterà decoro, omogeneità di materiali e tutela della visuale; agli altri basterà la semplice concessione comunale con relativo pagamento del canone. La lista di chi sarà interessato da questa norma, che vuole evitare che tavolini e pedane impediscano la fruizione di monumenti e opere d’arte vorrebbe essere snella: coinvolgerebbe infatti solo esercizi «strettamente prospicenti» a monumenti nazionali, chiese, fontane, colonne commemorative o statue «di valore identitario eccezionale e rappresentativo dei luoghi». Che, però, di certo non mancano nel Bel Paese… In ogni caso sembra che le nuove autorizzazioni concederanno un tempo agli esercenti per mettersi in regola e, in caso di diniego del via libera, 180 giorni per smontare i dehors a quel punto abusivi.
«Il Covid – ragiona sul tema Luciano Sbraga, vicedirettore della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe) – ha avuto il merito di far capire che i dehors, se gestiti bene, non sono occupazione di suolo pubblico ma valorizzazione dello spazio urbano. I turisti e i residenti, soprattutto quelli delle zone periferiche, hanno visto come questi arredi possono rendere più fruibile e sicuro lo spazio e li frequentano, anche d’inverno. Anche nei centri storici, comunque, se i dehors sono fatti bene e presidiati da personale che evita che i clienti spostino i tavoli a loro piacimento sono una buona cosa. Bisogna che le nuove norme permettano a queste terrazze di non essere precarie, con tavolini, tende e ombrelloni di bassa qualità: anche se la concessione di spazio pubblico è temporanea per definizione, bisognerebbe trovare il modo di permettere agli esercenti di investirci e quindi di renderli un valore per la città».
Ad oggi l’Anci non ha ancora una linea condivisa ufficiale, di tutt’altro parere sembrano però gli amministratori, soprattutto quelli delle città storiche: a guidare la protesta era stato a suo tempo il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri: «Auspichiamo – aveva detto il primo cittadino lo scorso marzo dopo il nuovo regolamento approvato dall’assemblea capitolina per tagliare i dehors in centro – che anche il governo faccia la sua parte, eliminando la distorsione provocata dalle continue proroghe del regime emergenziale Covid» e aveva poi disposto la presenza di meno tavolini all’aperto nell’area Unesco aumentando anche le tariffe come disincentivo; e invece dato più possibilità di servire clienti all’esterno nelle zone periferiche.
«Non è pensabile – ribatte Sbraga – tornare alle norme pre-Covid né lasciare in vigore quelle transitorie della pandemia che erano di carattere eccezionale. Secondo noi bisognerebbe fare un passo avanti e arrivare a un processo di semplificazione: non vuol dire deregulation e dehors ovunque ma certezze sia nei tempi di risposta quando si chiede un’autorizzazione sia nelle regole tra sovrintendenza e Comuni che stabiliscano a priori i luoghi e gli arredi ritenuti idonei. In questo modo la procedura sarebbe semplice e tutte le parti in causa – esercenti, Comuni e clienti – potrebbero dirsi soddisfatte».
Per ora invece il discorso è rimandato.

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