Riconoscimento dello Stato di Palestina, perché Meloni è sotto pressione
La Russa convoca l’Aula su Medio Oriente e Kiev, un’informativa prima dell’Assemblea Onu di settimana prossima. Palazzo Chigi dovrà gestire la crescente ostilità internazionale verso Israele

Prima che la premier Giorgia Meloni voli a New York per i giorni-chiave dell’Assemblea Onu (23-25 settembre, anche se i lavori al Palazzo di Vetro inizieranno martedì prossimo), ci sarà una seduta d’Aula al Senato sui conflitti in corso. Alla pressione dei capigruppo di opposizione, che ieri hanno incontrato il presidente di Palazzo Madama Ignazio La Russa, si è affiancata la richiesta di confronto avanzata anche da settori della maggioranza. La seconda carica dello Stato ha già sondato l’esecutivo: c’è la disponibilità del ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani e potrebbe trattarsi di una informativa. La calendarizzazione potrebbe avvenire tra la prossima settimana e quella seguente, comunque prima che la delegazione governativa parta per New York. Al momento è considerato poco probabile che a prendere la parola in Aula sia la premier Meloni.
La Russa ha riferito delle varie sollecitazioni ricevute: i capogruppo di opposizione «quasi al completo», diversi «esponenti di maggioranza», la presidente della commissione Esteri Stefania Craxi (FI), il dem Francesco Boccia. C’è «condivisione» sulla necessità di un momento parlamentare che si annuncia caldo, sebbene sia probabile che non ci saranno votazioni.
La pressione più forte i gruppi di opposizione la eserciteranno sul riconoscimento dello Stato di Palestina. La posizione del governo italiano nelle ultime settimane si è cristallizzata: condanna della reazione «non proporzionale» (l’ha ripetuto anche Meloni al Meeting di Rimini) di Israele all’azione terroristica di Hamas del 7 ottobre 2023 e disponibilità a riconoscere lo Stato di Palestina quando tale atto potrà essere «effettivo», «non velleitario», «simbolico», «non controproducente», per utilizzare alcune delle recenti espressioni del vicepremier Tajani, che tra l’altro dalla Farnesina sta intensificando le azioni di sostegno alla popolazione civile palestinese.
La sensazione è che Roma non cambierà posizione durante l’Assemblea Onu. La pressione è forte, interna ma anche proveniente da un numero crescente di partner Ue. Ma la linea nettamente pro-Netanyahu che sta assumendo Donald Trump scoraggia ogni ipotesi di «svolta» italiana sul riconoscimento della Palestina. Ciò che più realisticamente potrebbe accadere è che l’Italia sia ancora più netta e decisa nella condanna dell’azione militare di Israele, e che sarà favorevole a nuove sanzioni contro i «coloni violenti». Ma le opposizioni in Aula sono pronte a portare l’assalto anche sulle collaborazioni militari e commerciali con Israele.
Per l’esecutivo è comunque un momento di difficoltà, sul dossier Gaza. La sensazione è quella che le mani siano “legate” dalla postura di Washington. Tra i partner Ue, però, l’inerzia è diversa. Il ministro degli Esteri del Belgio Maxime Prevot ha reso noto che il suo Paese all’Assemblea Onu procederà al riconoscimento della Palestina. La decisione, spiega, è stata presa «alla luce della tragedia umanitaria», che ha reso necessario «un provvedimento forte per aumentare la pressione sul governo israeliano e sui terroristi di Hamas». Da Gerusalemme è arrivata la replica furibonda del ministro di ultradestra Itamar Ben Gvir: i Paesi europei, dice, «si abbandonano all’ingenuità e si arrendono alle manipolazioni di Hamas e finiranno per sperimentare il terrore in prima persona».
Il macabro pronostico però non impedirà quanto accadrà a New York, in particolare durante l’evento straordinario di cui sono promotori Francia e Arabia Saudita. È lì che ci sarà una pioggia di riconoscimenti con capofila la Francia di Emmanuel Macron, il Canada, la Gran Bretagna e altri Paesi occidentali. Che ci siano o no i rappresentanti dell’Autorità nazionale palestinese, cui al momento l’amministrazione Usa non vuole rilasciare i visti.
Già si prevede che sarà un momento di difficile gestione per l’Italia, per cui l’informativa al Senato potrebbe tornare utile all’esecutivo per alzare i toni verso Israele prima dell’evento di New York, al fine di ammortizzarne gli effetti. Il Governo guarda con attenzione anche alla visita del presidente israeliano Herzog in Vaticano, all’incontro con papa Leone e il cardinale Parolin, il quale poche settimane fa ha ricordato che il riconoscimento della Palestina è «la soluzione».
Quanto all’Ucraina, l’informativa arriverà dopo la nuova riunione dei Volenterosi, fissata domani e a cui Meloni parteciperà da remoto. Il governo resta fermo sul «no» all’invio di truppe ma l’ormai costante presenza della premier (e dei vertici militari agli incontri tecnici) dimostra come l’Italia non voglia uscire fuori dal tema delle «garanzie di sicurezza» per Kiev.
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