«Quattro migranti si sono gettati in acqua per sfuggire ai libici»
In un video il respingimento registrato da bordo del veliero Madleen della Freedom Flotilla in navigazione verso Gaza e diffuso da Sea Watch. Le persone sono poi riuscite a raggiungere la Madleen

Quattro migranti si sarebbero gettati in mare per non essere riportati indietro dalla Guardia costiera libica. A riferirlo è l'Ong Sea Watch. «La nave Madleen della Freedom Flotilla - racconta l'Ong - ha ricevuto tramite Frontex una richiesta di aiuto per un'imbarcazione in pericolo con a bordo persone migranti. Anche la milizia libica Tariq Ben Zeyad ha raggiunto l'imbarcazione, con l'intento di catturare le persone e riportarle in Libia. È evidente che la Tariq Ben Zeyad sia stata anch'essa allertata da Frontex, che ha così favorito il respingimento illegale. Quattro persone sono riuscite a fuggire buttandosi in acqua raggiungendo la Madleen, mentre le restanti sono state catturate per essere riportate in Libia». «La Guardia costiera greca - conclude Sea Watch - deve intervenire immediatamente per fermare il respingimento, trasbordare le persone soccorse e permettere alla Madleen di continuare la sua navigazione verso Gaza».
La barca a vela Madleen, sulla quale è imbarcata anche l'attivista ambientalista svedese Greta Thunberg, impegnata nella missione della Freedom Flotilla Coalition verso Gaza, aveva cambiato rotta e si era diretta verso le coste della Libia dopo aver captato una richiesta di soccorso da un'imbarcazione di migranti. Lo ha riferito su X l'eurodeputata francese Rima Hassam. «Abbiamo ricevuto una richiesta di soccorso, molto probabilmente da un'imbarcazione in partenza dalla Libia. Secondo Frontex, siamo i più vicini. Cambieremo rotta per due ore, il tempo di arrivare sul posto e poter portare soccorso all'imbarcazione», ha scritto, postando una mappa che mostra in giallo la rotta verso Gaza e in verde quella intrapresa per soccorrere l'imbarcazione in difficolta». L'eurodeputata ha poi postato due foto di un gommone strapieno di gente e il video della motovedetta libica che, mentre si avvicainava al gommone, quattro persone si sono gettate in mare per sfuggire alla cattura dei libici ed essere riportati di nuovo a terra e incarcerati.
Il bilancio della Croce rossa a Lampedusa: negli ultimi cinque mesi +25% di arrivi
Anche la Croce Rossa conferma: negli ultimi cinque mesi +25% di arrivi sull’isola di Lampedusa. Lo conferma nel giorno in cui diffonde i numeri del bilancio di due anni di attività, con oltre 144mila migranti accolti da quando cioè, in giugno 2023, ha avuto in gestione la struttura di prima accoglienza sull’isola.
«Siamo preoccupati non certo dai numeri ma dalle storie che accompagnano ciascuna di queste vite, dalle violenze, dai disastri, dalle crisi e dai conflitti che spingono ogni anno migliaia e migliaia di persone, a volte intere comunità, ad attraversare il Mediterraneo, a scegliere il pericolo di un viaggio difficile, pur di avere un’alternativa a tanto sconforto» sottolinea Rosario Valastro, presidente della Croce rossa italiana.
In due anni di attività, sono stati 3.434 gli sbarchi a cui è stata prestata assistenza. Si è trattato per il 73,6% di uomini adulti, per il 7,9% di donne adulte, per il 18,5% di minori. Quattro i Paesi con le più alte percentuali di provenienza: Bangladesh (17%), Siria (12%), Tunisia (11%), Guinea (10%).
Nelle ultime ore 283 migranti soccorsi
Intanto proseguono gli sbarchi. Oltre 100 persone sono state soccorse la scorsa notte dalla Guardia costiera e trasferiti a Pozzallo, nel Ragusano. I 109 migranti sono stati messi in salvo in tre diverse operazioni da una motovedetta della Guardia costiera che intorno alle 2 di notte è approdata al porto. Dopo un primo triage sanitario, da cui non sono emerse criticità sanitarie, i naufraghi sono stati condotti nell’hotspot di Pozzallo, che ospita attualmente 216 persone. Tra loro anche cinque famiglie e 38 minori non accompagnati. I migranti tratti in salvo nella notte arrivano da Sudan, Egitto e Bangladesh.
Sempre nella notte anche in Calabria si è assistito a un doppio sbarco. dopo due distinte operazioni di soccorso in mare compiute, anche in questo caso, dalla Guardia costiera. Nel primo, a Roccella Jonica, sono arrivati in 136, tra adulti, minori non accompagnati e bambini, di varie nazionalità. Si tratta di cittadini egiziani, pachistani, bengalesi, siriani e un palestinese. Tra i 136 profughi anche sei donne, di cui una all’ottavo mese di gravidanza, una mezza dozzina di bambini con un’età inferiore a dieci anni e 17 minori, tutti maschi, non accompagnati. I migranti si trovavano a circa 130 miglia di distanza dalla costa calabrese quando sono stati individuati dai militari della Guardia costiera di Roccella Jonica. I profughi, partiti dalla costa libica della Cirenaica, si trovavano ammassati a bordo di una barca a vela di 12 metri. Dopo il trasbordo, per motivi di sicurezza, su due motovedette della Guardia costiera, i profughi sono stati portati fin dentro lo scalo portuale roccellese e dopo le prime verifiche ed i primi controlli da parte delle forze dell’ordine, affidati al personale della Croce Rossa e sistemati momentaneamente nel Centro di prima accoglienza e soccorso esistente ormai da tempo all’interno del porto. Anche il secondo gruppo di migranti, giunto nel porto di Reggio Calabria e composto da 38 uomini del Bangladesh, era a bordo di una barca a vela quando il guardacoste “Rosati” della Guardia di finanza l’ha intercettata. Lo sbarco, in questo caso, è avvenuto intorno all’1.30 di notte, al molo di ponente del porto di Reggio Calabria. Le operazioni di accoglienza, in entrambi i casi, sono state coordinate dalla prefettura.
Lunedì la Corte costituzionale si pronuncia sui Cpr, FdI a Lampedusa
Intanto lunedì una delegazione di Fratelli d’Italia sarà in visita sull’isola di Lampedusa per incontrare il sindaco e fare un sopralluogo all’hotspot di Contrada Imbriacola; nelle stesse ore la Corte Costituzionale si pronuncerà sui modi e le modalità di trattenimento dei migranti nei Cpr. In particolare, si legge nell’Agenda dei lavori, si pronuncerà sulla normativa di riferimento che “non disciplina puntualmente i “modi” e i procedimenti per la restrizione della libertà personale all’interno dei centri di permanenza per i rimpatri”.
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