Partire o restare? La migrazione selettiva "affossa" il Sud

Il progetto Gesi analizza il fenomeno dello spostamento interno: i più istruiti e motivati partono e il divario territoriale si accentua
August 6, 2025
La migrazione interna non è un fenomeno neutro: seleziona, svuota, indebolisce i territori del Sud. Il motivo è semplice: da decenni a partire sono soprattutto le persone più istruite, qualificate e con maggiori risorse. I dati raccolti dal progetto GESI mostrano che il divario Nord-Sud si acuisce anche attraverso meccanismi selettivi che svuotano i territori più fragili proprio di quelle persone che avrebbero la forza e gli strumenti per rigenerarli.
Cos'è il progetto GESI. Il progetto GESI (Geography and Social Inequality in Italy) è un consorzio di ricerca, coordinato dall’Università Statale di Milano e suddiviso in cinque unità di ricerca situate negli atenei di Milano Statale, Trento, Catania, Bologna e Roma (Luiss), con lo scopo di analizzare come l'area geografica di origine influenzi le opportunità educative e occupazionali, la mobilità sociale, le dinamiche familiari e la mobilità geografica interna. Si concentra in particolare sulle cosiddette “aree marginali” o “aree interne”: territori situati a oltre 20 minuti di distanza dai centri che offrono servizi essenziali come istruzione, sanità e trasporti. Queste aree non sono necessariamente le più povere, ma spesso presentano dinamiche di isolamento e di progressivo depotenziamento socio-economico. “La geografia è sempre più al centro dell’attenzione, e in un Paese come l’Italia – notoriamente caratterizzato da forti eterogeneità territoriali – è fondamentale comprendere quanto il luogo in cui si nasce o si risiede incida sulle opportunità di vita. Si tratta di dinamiche profonde, ancora poco conosciute e troppo spesso trascurate nel dibattito pubblico” commenta Nazareno Panichella. professore di Sociologia Economica dell’università di Milano.
Partire o restare? Il dilemma dei giovani del Sud. La fuga dei più istruiti dal Sud ha alimentato il boom economico del dopoguerra, ma ha anche acuito disuguaglianze e fratture territoriali. Contrariamente all’immagine stereotipata del migrante povero e senza istruzione, i risultati delle ricerche mostrano che i meridionali che hanno lasciato il Sud sono spesso quelli più istruiti, dinamici e ambiziosi. Questa emigrazione selettiva ha causato un profondo depauperamento di capitale umano, con effetti economici, culturali e sociali di lungo periodo. La migrazione studentesca, in particolare, non rappresenta solo uno spostamento temporaneo legato alla formazione, ma si inserisce in progetti di vita più ampi. Per questo motivo, la creazione di sedi universitarie nel Sud non è servita a contrastare la fuga dei talenti. Le traiettorie di chi rimane sono eterogenee: ci sono giovani che restano per convinzione e attaccamento al territorio, altri che lo fanno per mancanza di alternative, altri che rimandano la decisione. Da un lato c’è il desiderio di costruire un futuro in luoghi familiari, dove le reti sociali sono forti e la qualità della vita percepita è migliore; dall’altro, si avverte il peso dell’isolamento, della scarsità di opportunità. Il rischio è che restare diventi, più che una scelta, una condizione subita. È qui che si consuma una seconda forma di perdita, meno visibile ma altrettanto importante: quella delle aspirazioni individuali, costrette a ridimensionarsi.
La migrazione aumenta le diseguaglianze. La mobilità interna è dominata da gerarchie invisibili. La migrazione, quindi, non è un fattore di equalizzazione, ma accentua le disuguaglianze preesistenti già prima della partenza. I dati mostrano che solo gli uomini provenienti da classi sociali più elevate riescono a salire sull’ascensore sociale dopo la migrazione. Sono spesso coloro che si spostano per motivi di studio e riescono a sfruttare appieno le risorse del contesto di destinazione. Per gli uomini delle classi popolari e, ancor più, per le donne, la mobilità geografica non si traduce in un avanzamento professionale. Nel caso delle donne, l'effetto negativo è amplificato dalla dinamica della “migrazione al seguito”: molte si spostano per seguire un partner o per ragioni familiari.
Doppio binario per l'istruzione, rischio abbandono limitato ma sblocchi professionali assenti. Nel Mezzogiorno, soprattutto nelle aree interne, le scelte scolastiche si strutturano secondo una netta dicotomia: da un lato, il liceo, con l’università come traguardo quasi obbligato e spesso con l’idea implicita di trasferirsi nel Centro-Nord; dall’altro, l’abbandono precoce. Questa particolare struttura delle scelte educative va ricercata nella scarsa diffusione dell’istruzione tecnica e professionale, che perde di attrattività perché debolmente collegata al mercato del lavoro locale. Ad essere penalizzati sono soprattutto gli studenti con origine sociale bassa e percorsi scolastici meno brillanti. Questo schema dicotomico è particolarmente visibile nelle aree più marginali del Sud, che a prima vista sembrano offrire condizioni educative migliori: i dati mostrano infatti che gli studenti di queste zone hanno meno probabilità di abbandonare la scuola e più probabilità di iscriversi a un liceo. Questo apparente “effetto protettivo” nasce da fattori come la dimensione ridotta delle scuole, il maggiore controllo sociale nelle comunità locali e l’assenza di alternative occupazionali. Ma è proprio qui che si nasconde il paradosso: questo investimento educativo non si traduce in opportunità locali, e anzi spinge i migliori a partire, rafforzando il fenomeno della fuga di cervelli e lo spopolamento delle aree interne. Il risultato è una scuola che, pur funzionando “bene” in termini statistici, alimenta la selezione e la fuga dei più motivati, lasciando indietro territori sempre più deboli. Si genera un paradosso che incentiva l’iscrizione ai licei e riduce l’abbandono scolastico, ma non fornisce sbocchi occupazionali coerenti con i titoli di studio conseguiti. L’investimento educativo non si traduce in opportunità locali, ma alimenta la migrazione dei più qualificati in un circolo vizioso che continua di generazione in generazione.

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