mercoledì 3 ottobre 2018
L'autore del raid contro i migranti del 3 febbraio scorso, durante il processo in Corte d'Assise, dichiara: nessun odio razziale. Accolta la richiesta del pm. La difesa ricorrerà
Dopo la sentenza in primo grado a 12 anni. Luca Traini (col pizzetto), 29 anni, autore della sparatoria contro migranti del 3 febbraio scorsi (Ansa)

Dopo la sentenza in primo grado a 12 anni. Luca Traini (col pizzetto), 29 anni, autore della sparatoria contro migranti del 3 febbraio scorsi (Ansa)

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Dodici anni di reclusione per le accuse di strage aggravata dall'odio razziale e porto abusivo d'arma. È la condanna inflitta dalla Corte d'assise di Macerata nei confronti di Luca Traini, 29 anni, autore della sparatoria contro migranti del 3 febbraio scorso. Oltre alla pena, che coincide con la richiesta della Procura, l'imputato dovrà scontare poi anche tre mesi di libertà vigilata e dovrà
risarcire le parti civili con somme da quantificare in sede civile.

La Corte ha ritenuto del tutto capace d'intendere e di volere l'imputato a cui sono stati inflitti oltre ai 12 anni di carcere anche tre anni di libertà vigilata che dovrà eventualmente scontare dopo il periodo di reclusione. Si tratta della sentenza di primo grado contro la quale la difesa ha già fatto sapere che proporrà ricorso in appello.

L'udienza
"Chiedo scusa".
Luca Traini, l'autore del raid xenofobo durante il quale, il 3 febbraio scorso, ha ferito a colpi di pistola sei nordafricani, è ricomparso questa mattina davanti alla corte d'assise per la quinta udienza del processo con il rito abbreviato che lo riguarda. Oggi è in programma la discussione delle 15 parti.

Al momento della dichiarazione spontanea, Traini ha letto cinque o sei fogli, si era preparato un testo scritto. "Chiedo scusa - ha detto Traini, rivolto alla Corte, con un discorso durato circa cinque minuti -. Ho maturato in carcere la convinzione che neri e bianchi sono uguali. Il colore della pelle non c'entra nulla, si può essere delinquenti tutti, sia bianchi che neri. Ho fatto quello che ho fatto per togliere di mezzo gli spacciatori, volevo giustizia per Pamela (la 18enne di Roma uccisa e trovata a pezzi in due trolley nelle campagne maceratesi il 31 gennaio scorso, ndr)". Dicono che non sono matto né borderline".

A questo punto, Traini ha fatto riferimento alla sua infanzia difficile e al fatto di aver avuto una fidanzata drogata. " Ringrazio le forze di polizia per quello che stanno facendo a Macerata, che cercano di mettere a posto la situazione". Il suo avvocato, Giancarlo Giulianelli, ha fatto presente che Traini nella dichiarazione spontanea ha affermato di non essere razzista. “La identificazione di spacciatori con i soggetti di colore è dovuta a quanto accaduto a Pamela qualche giorno prima” sostiene Giulianelli. Traini ha anche parlato di atti di violenza su donne e bambini commessi da soggetti con qualsiasi colore della pelle, sottolineando che questi sono per lui causa di tormento e tumulto interiore.

L'omicidio di via Spalato.
Pamela Mastropietro fu uccisa a Macerata il 30 gennaio, quattro giorni prima della sparatoria di Traini. Il giorno precedente era scappata da una comunità di recupero per tossicodipendenti, la Pars di Corridonia, e la mattina seguente aveva incontrato Innocent Oseghale, nigeriano, ora indagato per l'omicidio della ragazza, e lo aveva seguito nella sua abitazione di via Spalato. Da qui, era uscita la sera di quel martedì 30 gennaio, fatta a pezzo in due trolley, poi abbandonati nella campagne vicino Macerata.

Il raid xenofobo del 3 febbraio.
Traini ferì sei persone, sparando dalla sua Alfa nera in giro per la città: disse che mirava agli spacciatori, che voleva fare giustizia per Pamela. Colpi cinque uomini e una donna, tutti di colore, provò a colpirne altri, e danneggió diverse attività. Tra i suoi obiettivi, anche la vetrina della sede del PD, che riuscì a colpire con un proiettile. Scatenò il panico in città, dove erano subito scattate le misure antiterrorism

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