sabato 10 ottobre 2020
Piazze meno affollate per paura della pandemia, ieri da Nord a Sud, per lo sciopero nazionale del movimento. «Usiamo il Recovery per la riconversione energetica, non abbiamo più tempo»
La manifestazione a Torino

La manifestazione a Torino - Ansa

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«Siamo arrabbiati, durante la quarantena l’attenzione sul tema è venuta a mancare e ancora oggi, con tutti i dati scientifici che mostrano l’allarme, la crisi climatica non viene presa in considerazione, non vengono prese decisioni anche se siamo in emergenza e questo ci fa un po’ arrabbiare». Irene ha 22 anni, vive a Genova e studia ingegneria: è un’attivista del movimento Fridays for future e ieri era in piazza, come altre poche migliaia di giovani in tutta Italia allo sciopero nazionale proclamato per il clima. La paura per il Covid ha tenuto lontani molto anche se, assicurano i giovani, è stato fatto tutto in sicurezza: distanza, mascherine e niente cortei, solo presidi.

Dopo mesi di scioperi digitali, l’onda verde è tornata nuovamente in piazza, da Nord a Sud, in più di 100 città, con lo slogan "Due crisi, una sola soluzione".

Chiedono «una celere riconversione ecologica sulla spinta delle misure necessarie per affrontare l’emergenza Covid» sostenendo che «Recovery Fund e l’uscita dalla crisi sanitaria sono un’opportunità per risolvere la crisi climatica».

A Torino, otto giovani attivisti si sono incatenati sotto il palazzo della Regione Piemonte. Hanno presentato cinque richieste e promesso di non muoversi fino a quando il presidente della Regione, Alberto Cirio, e l’assessore regionale all’Ambiente, Matteo Marnati, non si prenderanno l’impegno pubblico di implementarle. «Chiediamo un piano concreto con obiettivi semestrali verificabili – racconta Luca, 21 anni, studente di economia statistica – ripartire adesso dopo la crisi sanitaria con tutti i soldi che vengono messi in campo, dal Recovery fund alla legge di Bilancio, può darci veramente l’ultima possibilità che abbiamo per lanciare una visione ecologica, investire sulle energie rinnovabili, sul trasporto pubblico e sulla riconversione dell’industrie per far sì che si arrivi a zero emissioni il prima possibile, sono due crisi strettamente collegate e quindi anche l’uscita dalla crisi sanitaria è un’opportunità per risolvere la crisi climatica».

A Roma la piazza era semivuota. Ma i giovani non si sono persi d’animo e sono rimasti in presidio per tre ore. «Avevamo metà piazza e l’abbiamo riempita, rispettando le distanze. La poca partecipazione? Penso che molto abbia fatto il Covid» spiega Sara, 22 anni di Roma. Durante gli interventi, che hanno visto la partecipazione anche di altri movimenti ambientalisti si è parlato di stop ai finanziamenti al fossile (compresa la metanizzazione), di bonifica dei territori inquinati fino all’investimento in impianti per il recupero di materie prime e seconde.

A Milano, gli attivisti hanno fatto una lunga catena umana legata da un filo verde. «Se i governi non si impegnano per rispettare gli impegni presi negli accordi di Parigi, come il ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 40% entro il 2030, le conseguenze per l’umanità saranno catastrofiche» spiega Serena 26 anni, studentessa di lettere classiche. «Il tempo per evitare il collasso climatico sta per finire – sostengono i giovani verdi – Dobbiamo affrontare la realtà e trattare la crisi climatica come una crisi».




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