venerdì 15 marzo 2024
Un inno alla speranza, alla vita, all'amore lo hanno definito gli intervenuti.
«Slalom», il diario di Salvatore Mazza sulla Sla presentato a Roma

«Sono quarant'anni che mi occupo dei malati di Sla. E tante volte mi sono chiesto, anche da credente, qual è il senso di una sofferenza così grande. Alla fine ho smesso di chiedermelo, perché una rispsta forse non c'è. Ma una cosa l'ho capita. Che l'unico senso è che la sofferenza va abbracciata. E lo possiamo fare solo con l'amore. Salvatore Mazza con i suoi scritti ce lo ha testimoniato». Sono le parole con cui ieri, 15 marzo, Mario Sabatelli, il direttore del Centro clinico NeMo del Policlinico Gemelli, specializzato nella cura della terribile malattia, ha suggellato l'incontro di presentazione del libro postumo del vaticanista di Avvenire. Mazz è morto il 26 dicembre 2022, dopo sei anni di lotta contro la Sla e Sabatelli ne ha seguito passo passo il decorso.

Un momento della presentazione

Un momento della presentazione - Liverani

Il volume, intitolato “Slalom. Diario dalla Sla” e pubblicato da Avvenire e Vita e Pensiero, raccoglie le 83 puntate dell'omonima rubrica in cui sul nostro quotidiano Salvatore, dal 20 settembre 2018 all'8 dicembre 2022, ha narrato senza retorica e in molti casi anche con fine ironia, il suo calvario. Un libro che - nonostante parli di una delle malattie incurabili più devastanti - è un inno alla speranza, alla vita, all’amore, è stato detto nel corso della presentazione. «Salvatore introduce temerariamente i suoi lettori in “un mondo parallelo”, che nella vita si tenta di relegare ai margini o di ignorare, quella del malato. Ci mostra la fragilità della barriera che divide i sani dai malati» e molte altre barriere, ha sottolineato il direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni. Ma «quello in cui si muove è un mondo per molti aspetti più reale di quello in cui si muovono tanti sani. Più reale e anche più ricco di senso. Forse anche per questo è alieno dall’invidia, come ammette lui stesso. In questo mondo ci sono alcuni punti fermi, le cose che contano - ha fatto notare Bruni - la scrittura, a cui dedica il capitolo più lungo del libro», l'amore per la moglie e le figlie, i medici che lo hanno in cura, la lotta contro la burocrazia o «contro il caldo ed il freddo«, le riflessioni sul termine “diversamente abile”, fino «a quegli “accrocchi” che rendono più facile la vita da malato». «Una collega giornalista accreditata presso la Sala Stampa della Santa Sede - ha aggiunto - ha scritto a Salvatore, che ce lo riferisce nel libro, che della sua malattia ha fatto “un grimaldello per spalancare la porta della speranza”. Lo trovo molto vero. Dice di quante cose si può fare a meno continuando ad essere profondamente e pienamente umani, forse anche approfondendo la propria umanità». Nel capitolo, «che andrebbe letto e riletto - “Il colore del grano dentro il cuore” - dice del valore di una vita anche quando gli è stato tolto tutto, anche quando è ridotta a un lucignolo fumigante, che il Signore non spegne, anzi gli dona nuova forza».

Anche per padre Federico Lombardi, predecessore di Bruni nel ruolo di direttore della Sala Stampa e prefatore del libro, il volume di Mazza è «prezioso, preziosissimo», anche considerate le condizioni in cui ha dovuto scrivere, usando negli ultimi tempi il puntatore oculare, per cui ogni parola gli è costata una fatica immane. «Che impresa straordinaria che ha fatto. Mi veniva da pensare alle parabole del tesoro nel campo o della perla preziosa». Queste pagine «sono una perla preziosa, perché Salvatore ha creduto nel valore delle sue parole e attraverso di esse ci permette di continuare il dialogo con lui». Tuttavia, ha avvertito padre Lombardi, «questa straordinaria testimonianza non va strumentalizzata a fini politici, in relazione ai dibattiti bioetici in corso». Ci deve essere «attenzione e rispetto per la profondità delle cose che Salvatore scrive, dalle quali possiamo ricavare che non abbiamo bisogno di un aiuto a morire, ma a vivere. Con dignità e amore sempre, anche con la tecnologia, ma soprattutto con amore. Perché la persona amata non è mai un peso per gli altri e per la società».

Il professor Mario Sabatelli (Centro NeMo) e Paola Rizzitano (Aisla)

Il professor Mario Sabatelli (Centro NeMo) e Paola Rizzitano (Aisla) - undefined

Un discorso ripreso anche dal professor Sabatelli («la medicina del prendersi cura, erroneamente definita palliativa, non è di serie B o meno medicina delle altre. Per questo Salvatore si è battuto») e da Paola Rizzitano dell'Aisla, l'Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica. «Salvatore ha rotto il muro di silenzio che spesso circonda i malati di Sla. Noi come associazione da 41 anni stiamo accanto a loro e alle loro famiglie. E nessuno può essere lasciato solo. I nostri malati chiedono di vivere e abbiamo solo bisogno di un po' di aiuto. Salvatore con il suo racconto della malattia ha saputo trasformare quella che poteva essere rabbia e dolore, quando il cielo ti si rovescia addosso, in bene». Lo si ricava anche dalle parole di Claudio Cresta, malato di Sla, che ha inviato un video. Claudio si sta sottoponendo a una terapia sperimentale che funziona in una piccola percentuale di pazienti che hanno una mutazione genetica e che arresta quasi del tutto la malattia. «È la prima volta che succede ed è un passo avanti enorme - ha commentato Sabatelli - che potrebbe aprire la strada ad altri sviluppi nella ricerca».

Il Salvatore Mazza giornalista è stato raccontato da alcuni colleghi. Danilo Paolini, capo della Redazione Romana di Avvenire, nel portare il saluto del direttore Marco Girardo, ne ha ricordato la capacità di essere una maestro nel mestiere, senza mai salire in cattedra. «A noi colleghi più giovani insegnava con l'esempio e con la grande professionalità». Alessandro Gisotti, già direttore della Sala Stampa Vaticana e attualmente vice-direttore editoriale dei Media Vaticani, ha ricordato gli esordi di Mazza all'Osservatore Romano, le sue cronache per la Radio Vaticana sulle vacanze di Giovanni Paolo II, sempre molto puntuali, e un bellissimo "trialogo" del 2021, quando era già ammalato, con le due figlie Giulia e Camilla, sulla Patris Corde di papa Francesco. Anche questo pubblicato dall'Osservatore Romano.

Giovanna Chirri, già vaticanista dell'Ansa (fu lei a dare per prima la notizia delle dimissioni di Benedetto XVI), nel ricordare i tanti eventi seguiti insieme, ha sottolineato: «È stato un giornalista di razza, prima e dopo la Sla. Anche quando lo andavo a trovare a casa si dimostrava aggiornato, documentato, capace di osservazioni acute. Ha impresso all'informazione religiosa un respiro internazionale, in un'epoca in cui spesso essa era ridotta a "cortile italiano" o a "retrobottega ecclesiastico"». Chirri ha anche raccontato il Mazza autore di scherzi leggendari ai colleghi, come quella volta che si inventò la notizia secondo cui Giovanni Paolo II avrebbe nominato cardinale Madre Teresa di Calcutta. Salvo poi fermare chi ci aveva abboccato, prima che dettasse il pezzo alla sua redazione. «Mai avrebbe fatto del male a nessuno, meno che mai a un collega». Javier Martinez Brocal del giornale spagnolo ABC, in rappresentanza dell'Aigav, l'associazione dei vaticanisti accreditati in Sala Stampa, ha ricordato l'impegno di Salvatore che ne fu il primo presidente.

A nome della famiglia è intervenuta la figlia Giulia, oggi anche lei giornalista (erano presenti la moglie Cristina, e l'altra figlia Camilla, cui si deve il titolo della rubrica e del libro). «Quando un membro della famiglia si ammala di Sla - ha detto - si ammala tutta la famiglia. Ma noi abbiamo cercato di non trattarlo mai da ammalato. Scherzavamo con lui, parlavamo di tutto, litigavamo anche». Insomma squarci di normalità in una situazione decisamente e drammaticamente eccezionale. La stessa Giulia, in un recente articolo per Avvenire, aveva scritto: «Come ci si ritrova a vivere una malattia che sfida ogni convinzione e convenzione, andando al di là dei tanti discorsi di quelli che lui chiamava «moralisti da scrivania, slegati dalla realtà della malattia, della sofferenza vera, che non hanno mai guardato negli occhi una persona nelle mie condizioni; sempre pronti a spaccare il capello in quattro, capaci solo di ridurre la bioetica a un’astratta sfilza di norme» (4 marzo 2021). Soprattutto, a dispetto di quanto si possa immaginare, oltre alla rabbia per le ingiustizie di cui si è ritrovato suo malgrado vittima e testimone, oltre al dolore, tra le pagine di questo suo diario si rintracciano soprattutto tanta vita e tanto amore». E non c'è davvero da aggiungere altro.

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