martedì 1 dicembre 2015
Il "Chicco" di Ciampino verso la chiusura: i fondi previsti quest’anno non sono sufficienti a garantire la vita stessa di 24 persone con gravi difficoltà
che vivono qui.
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Armando si è appena svegliato dal sonnellino pomeridiano nella sua stanzetta. Ha 35 anni, disabile gravissimo, tetraparesi spastica, alimentazione con il sondino. Non ha nessuno. Solo. Abbandonato fin da piccolo. Uno scarto, direbbe Papa Francesco. Ma Armando da più di 25 anni ha una casa e una famiglia. È 'Il Chicco' di Ciampino, una comunità per disabili gravi e gravissimi, tecnicamente centro residenziale di riabilitazione, collegata al movimento 'L’Arca' di Jean Vanier, straordinario uomo che ha dedicato da più di 40 anni la sua vita alle «persone più povere e ferite». Proprio come Armando che ora sorride e, a modo suo, richiama l’attenzione di Marco Veronesi, responsabile del 'Chicco'. Sorride ma non sa che potrebbe presto perdere la sua casa o almeno veder ridotta notevolmente la sua qualità di vita, quell’«essere trattato come una persona», lui che più volte ha corso il rischio di morire ma che qui è tornato a vivere. Ma per quanto? I drastici tagli decisi dalla Regione Lazio e dalla Asl RmH mettono a rischio la sua vita e quella degli altri disabili, i diciotto che vivono nel 'Chicco' e i due che vengono dalle 9 alle 15, dal lunedì al sabato. Persone tra i 24 anni (Dafne) e i 62 (Maria) che come Armando qui hanno trovato casa e famiglia. Efficienza, professionalità, sussidi tecnologici come la monorotaia che permette di 'prelevare' Armando dalla sua stanzetta e portarlo con delicatezza fino al bagno per depositarlo nella vasca. Il top come riconosce anche la Regione, costato 12mila euro e utilizzato anche per Francesco (29 anni) e Luca (40 anni), una vera e propria rete di monorotaie che sul soffitto corre tra le stanze e il bagno. Un altro modo per rendere la loro vita sempre più vita vera, «e si divertono pure», commenta Marco. Ma non è solo tecnologia. Dietro a tutto c’è l’idea iniziale di Jean Vanier. «Si è ispirato al Vangelo di Giovanni, la lavanda dei piedi – spiega Marco –. Tutta la nostra spiritualità è fondata sullo stare al servizio dell’altro. Per noi non c’è carriera». È qualcosa che non può essere pagato, ma quello che invece deve essere pagato dalle istituzioni soffre ormai da anni di drastici tagli fino all’ultimo di quest’anno che ha di fatto dimezzato i fondi. Il Chicco è stato accreditato in via provvisoria nel 1999 per 7 posti residenziali e 8 semiresidenziali.  Accreditamento diventato definitivo nel 2013 per 20 posti residenziali e 10 semiresidenziali. Per ottenere tale accreditamento ha dovuto realizzare una serie di interventi di adeguamento e di aumento del personale (32 a tempo indeterminato più tre professionisti) che hanno comportato un grave incremento dei costi anelastici. Ma almeno per i primi anni il contributo regionale era quasi sufficiente: 400mila euro nel 2006, saliti a 408mila nel 2008. Non bastano, non coprono le tariffe fissate dalla stessa Regione, ma si va avanti, grazie al volontariato e ai benefattori. Nel frattempo il 'Chicco' è sempre più aperto al territorio. Incontri con le parrocchie e le scuole, scambi vicendevoli. Fino al progetto 'Chicco bene comune'. «Qui – spiega Marco – si può fare volontariato, tirocini, corsi professionali o anche solo 'recupero personale'. Poi improvvisamente la Regione nel 2009 riduce il budget a 375mila euro, a fronte di costi per 422mila. Budget sceso a 360mila nel 2010, a 346mila nel 2011, a 217mila nel 2012. Cifra che non cambia fino a quest’anno quando il taglio colpisce anche i fondi per i tre disabili che la Regione ha inviato dopo la chiusura del centro 'Anni verdi'.  Insomma, aumentano i costi, aumentano i disabili ma si dimezzano i fondi. Inoltre dei 18 disabili che vivono al 'Chicco' solo 11 sono a totale carico regionale, altri 6 (uno è in regime privatistico) sono pagati soltanto come semiresidenziali: per 4 integrano le famiglie (ma fino a quando, vista l’età?), per 2 paga il 'Chicco'. Sono Armando e Silvia, senza nessuno. Se il 'Chicco' chiudesse o non avesse più i fondi per loro, che fine farebbero? «Alla Asl sanno tutto e quando vengono ci fanno i complimenti per la nostra attività – commenta il presidente del 'Chicco', Gaetano Minciullo –. Forse dovremmo tenere tutto sporco e disordinato, ma ci chiuderebbero. Ma se teniamo tutto pulito e in ordine ci dicono che allora i fondi bastano». Come facciamo sbagliamo..., è l’amara conclusione.
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