sabato 29 agosto 2020
Cinque eritrei “riportati” in Libia nel 2009, oggi atterrano a Roma: una «sentenza storica» condanna il governo per il respingimento senza verifica alcuna
Riammessi in Italia dopo essere stati respinti in modo irregolare

Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Una sentenza «di portata storica», per usare le parole di Amnesty International, che oggi troverà piena applicazione con il rientro in Italia di 5 migranti respinti dalle nostre autorità nel 2009, e che potrebbe avere ripercussioni rilevanti in tema di politiche di immigrazione.

Si tratta della condanna ai danni del governo italiano emessa nel novembre del 2019 dal Tribunale civile di Roma, che ha ordinato il rilascio di un visto di ingresso nel nostro Paese per accedere alla procedura di richiesta di asilo in favore di 14 profughi eritrei e ha imposto all’esecutivo di Roma il risarcimento dei danni materiali causati per quel respingimento.

Una vicenda complessa, iniziata più di dieci anni fa. È il 29 giugno 2009, a palazzo Chigi c’è Berlusconi e il Viminale è in mano a Roberto Maroni. 89 persone in fuga da gravi persecuzioni e violazioni dei diritti umani partono dalle coste libiche a bordo di un’imbarcazione fatiscente con l’obiettivo di arrivare in Italia. Come da prassi tristemente consolidata, i trafficanti che hanno organizzato il viaggio abbandonano al proprio il destino il gommone carico di disperati a poche ora dalla partenza. Il motore va in avaria dopo tre giorni di navigazione e i migranti lanciano un primo Sos. A bordo la situazione è estremamente critica: l’acqua scarseggia, la fatica del viaggio si fa sentire e le condizioni igieniche e di salute sono pessime.

Solo nel tardo pomeriggio del 1 luglio, arrivarono i soccorsi: prima un elicottero e poi alcune motovedette, seguite da un’imbarcazione della Marina militare italiana. Il personale della nave rassicura i profughi: presto saranno arrivati in Italia.
Alle prime luci dell’alba del giorno seguente, però, qualcuno si accorge che l’imbarcazione sta per raggiungere nuovamente le coste della Libia.

Senza che a nessuno sia stato consegnato un provvedimento di respingimento né consentito di esprimere o lasciare una traccia legale della propria volontà di richiedere asilo in Italia, le 89 persone vengono ammanettate e riconsegnate alle autorità di Tripoli, anche mediante l’uso della forza.

Particolare non di poco conto: a bordo delle motovedette libiche è presente anche personale della Guardia di finanza italiana. Alcune delle persone, a causa della violenza subita, hanno bisogno di cure mediche e vengono portate in ospedale, tutte le altre tornano nei "lager", nei centri di detenzione per gli immigrati irregolari.

Dopo mesi di prigionia, alcune delle 89 persone ritentano la traversata in mare. Qualcuno riesce ad arrivare in Italia, qualcun altro muore durante il viaggio o in naufragi successivi. Sedici di loro, tutti cittadini eritrei, decidono invece di raggiungere l’Europa via terra. Dopo aver attraversato l’Egitto e il deserto del Sinai, arrivano in Israele.

Per anni rimangono bloccati nello Stato ebraico e viene negato loro il diritto a richiedere asilo. Passa ancora molto tempo prima che Asgi (l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione) e Amnesty international riescono a rintracciarli e a promuovere un’azione legale presso il Tribunale civile di Roma nei confronti della presidenza del Consiglio e dei ministeri degli Affari esteri, della Difesa e dell’Interno.

Qusta domenica, finalmente, le prime 5 persone del gruppo faranno ingresso in Italia e saranno accolti dai rappresentanti di Asgi e Amnesty international.

Rimangono ancora bloccati sul territorio israeliano 3 dei respinti, che nel frattempo si sono costruiti una famiglia e hanno fatto richiesta di poter entrare in Italia con moglie e figli minori a causa della situazione di pericolo in cui si trovano. Al momento sono in attesa della decisione dell’autorità consolare. Intanto continuano ad essere assistiti da Amnesty International e dall’organizzazione non governativa israeliana Assaf (Aid Organization for Refugees and Asylum Seekers) che ha fornito sostegno materiale.

«La portata storica della sentenza è evidente – commenta con Avvenire Riccardo Noury, portavoce di Amnesty international Italia – il dispositivo stabilisce che hanno titolo a chiedere asilo anche persone che non sono sul territorio italiano. Ciò comporta un’enorme espansione nel campo di applicazione della protezione internazionale».

Le autorità italiane, insomma, hanno commesso un fatto illecito e «se questo è vero, sulla base della sentenza, in teoria, tutti coloro che sono stati vittime di respingimenti devono poter usufruire di queste disposizioni». Non è ancora chiaro il destino degli altri nove ricorrenti, perché le singole situazioni vanno ancora valutate. Certamente, mentre Asgi offrirà il supporto legale necessario, Amnesty International Italia continuerà a dare il proprio contributo, fornendo materiale e continuando le ricerche.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: