venerdì 18 aprile 2025
Carcere a vita anche per i due cugini, pena confermata per i genitori. Per lo zio la condanna sale da 14 a 22 anni. Nessuno ha mai confessato l'omicidio della ragazza di origine pachistana
Saman Abbas

Saman Abbas - Ansa

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A quasi quattro anni dal brutale omicidio di Saman Abbas, la giovane che cercava di sfuggire a un matrimonio combinato, è arrivata la sentenza d’appello. I giudici hanno confermato l’ergastolo per il padre Shabbar Abbas e la madre Nazia Shaheen, ritenuti colpevoli anche di soppressione di cadavere e per i quali sono state riconosciute le aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti e futili. Ergastolo anche per i cugini Noman Hulaq e Ikram Ijaz, che in primo grado erano stati assolti e 22 anni allo zio Danish Hasnain, inizialmente condannato a una pena di 14 anni per concorso in omicidio.
Questa la sentenza pronunciata venerdì sera verso le 20.30 dal presidente della Corte d’Assise d’appello di Bologna, Domenico Stigliano, al termine del processo di secondo grado per l’omicidio di Saman Abbas. La Procura generale aveva chiesto l’ergastolo per tutti e cinque gli imputati. Le motivazioni saranno depositate fra 90 giorni. La 18enne di origine pachistana fu uccisa a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021. Tutti gli imputati si sono sempre dichiarati innocenti. Il cadavere della diciottenne fu ritrovato il 18 novembre 2022, oltre un anno dopo la sua scomparsa, a poche centinaia di metri dalla casa della sua famiglia. Dopo mesi di infruttuose ricerche, fu lo zio a indicare il luogo esatto della sepoltura, sebbene non abbia mai confessato il delitto, ma avesse sempre accusato i genitori di lei. Il movente dell’omicidio pare sia da ricercare nella volontà della ragazza di fuggire all’estero, lontano da una famiglia che viveva praticamente senza contatti con l’esterno, se non per lavoro e ben ancorata a una cultura molto arretrata.
Nel 2020 Saman aveva già provato a scappare, per poi tornare a casa dopo le insistenze dei suoi. Si era infine fidanzata con un connazionale, ma era già stata promessa in sposa a un parente in Pakistan. Troppo disonore, secondo la mentalità della famiglia, che preferiva saperla morta che libera di progettare il proprio futuro. Ma Saman era stata abbandonata da tutti, anche dal fidanzato: questi non aveva dato peso ai timori da lei manifestati di essere uccisa dalla famiglia, dopo aver origliato una conversazione in tal senso tra i suoi genitori e, anzi, pensava di lasciarla. Solo il fratello, super testimone e all’epoca dei fatti minorenne, le era sempre stato vicino: oggi convive col trauma di avere assistito impotente a questa tragedia familiare.

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