martedì 6 febbraio 2018
Tra viali deserti e saracinesche abbassate tornano i bambini. «La bellezza ci salverà»
Uno scorcio del quartiere Librino

Uno scorcio del quartiere Librino

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«Per i ragazzi» c’è scritto a penna sui banchi centrali della parrocchia della Resurrezione. La domenica mattina quei posti sono per i picciriddi. E i bambini arrivano. Entrano veloci dall’ingresso stretto, sotto il grande porticato inglobato dai palazzi. Tra loro ci sono anche i 'piccoli devoti', con il tradizionale abito bianco, che tornano stanchi ma eccitati dalla Messa dell’aurora in Cattedrale, quando tutta Catania si commuove rivedendo il volto di Agata, la santuzza.

«Ricordatevi, di rittu o di chiattu (in un modo o nell’altro) tutti abbiamo bisogno dell’abbraccio del Signore» dice don Salvo nell’omelia, invitando alla confessione in modo spicciolo ma efficace: dopo la celebrazione ci sarà la fila. È festa anche al Librino, anche se qui non ci sono le gigantesche luminarie del centro. Non ci sono le bancarelle di piretti e crispeddi, i limoni al sale e le pastelle di acciuga e ricotta con il loro profumo che invade la città. Ci sono solo i grandi viali deserti, le saracinesche abbassate, i ponti che collegano immaginari uffici mai aperti, il prato incolto e i palazzi altissimi avvolti in uno scenario desolante e che pure è da cartolina: da una parte il mare, dall’altra l’Etna, con la sua punta innevata e il cielo limpido. È Catania anche questa, anche se i catanesi qui, in questo quartiere satellite da più di 70mila abitanti alla periferia Sud Ovest, non ci mettono mai piede. Non ne hanno motivo. Don Salvo Cubito ha scelto di viverci. È arrivato otto anni fa, giovane sacerdote schiacciato dalla responsabilità di affrontare un quartiere 'difficile'. Ma che lo ha conquistato subito. «Il Librino ha l’anima bella», dice. Anche se non è mai diventato il quartiere modello e funzionale ideato trent’anni fa da Kenzo Tange, quando Catania, dopo il boom degli anni ’60, era considerata la Milano del Sud.

L’idea visionaria ma non utopistica dell’architetto giapponese si è scontrata con l’immobilismo siciliano: le attività commerciali non sono mai decollate, né i servizi. Il degrado invece ha fatto presto, anche se a delinquere è solo una piccola parte della popolazione. «Oggi gli abitanti sentono il senso di appartenenza al quartiere – spiega il sacerdote –. Le seconde generazioni, i figli di chi negli anni ’80 è arrivato da altre province, formano nuove famiglie e vogliono non doversi più vergognare di dire dove abitano». Marchiati prima dallo spaccio, oggi vedono anche le sale clandestine di scommesse nei box dei palazzoni. Le tre parrocchie del territorio cercano di tenere lontani almeno i bambini. La Nostra Signora del Santissimo Sacramento, nel Borgo Antico, ha spostato tutte le sue attività nel salone parrocchiale, per stare «in mezzo» alle case. Accolgono, quando bussano alle loro porte, i figli e le mogli di chi entra ed esce dal carcere. La dispersione scolastica è alta. Ma tante sono le realtà nate in questi anni per cambiare il destino dei più giovani. Dal 2010 il progetto 'Musica insieme a Librino', lanciato dal Rotary Club, ha portato in parrocchia i musicisti dell’Orchestra del Teatro Massimo di Catania: i ragazzi imparano a suonare, c’è chi si è iscritto al conservatorio. In prima linea ci sono anche le suore salesiane dell’oratorio Giovanni Paolo II.

E l’associazione Talità Kum (in aramaico «Fanciulla alzati») fondata dieci anni fa dalla pedagogista Guliana Gianino con il sostegno della Caritas diocesana. Il centro, che ha un asilo nido, laboratori e doposcuola e uno sportello di ascolto per i genitori ha la sua sede proprio di fronte al 'palazzo di cemento', uno scheletro grigio per anni considerato il fortino dello spaccio di droga per tutta la Sicilia orientale. Di fronte ci sono gli orti sociali inaugurati a gennaio dal presidente della Repubblica. In altre parti del quartiere hanno funzionato: i meno abbienti hanno la possibilità di coltivare pezzi del terreno, che alle pendici del vulcano è fertile. A Librino ci sono anche i Briganti del rugby, che con lo sport contribuiscono ad aggregare i più giovani. La sede dei Briganti, la Librineria, meno di un mese fa è stata distrutta da un incendio doloso: trofei, cucina, attrezzature raccolte in dieci anni, tutto perso. Un attacco che ha risvegliato la solidarietà dei catanesi. Il Librino può farcela. Gli abitanti passano davanti al cantiere del grande ospedale San Marco, la cui apertura è prevista a breve. Per tutti, qui, è la chiave di volta: un polo di eccellenza per tutto il Sud Italia costato oltre 150 milioni di euro, che porterà posti di lavoro e indotto economico al quartiere. Farà entrare i catanesi a Librino. Li farà passare sotto la Porta della Bellezza, un monumento di formine di terracotta realizzato nel 2009 dai bambini del quartiere.

Un’opera mai vandalizzata. Il suo ideatore, il mecenate Antonio Presti, sta preparando una grande installazione fotografica, per trasformare il quartiere in un museo a cielo aperto. «Il Librino è bello – lo sostiene anche lui –. E la bellezza salverà il Librino».

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