venerdì 10 aprile 2020
Mentre in mare vengono ostacolate le missioni di salvataggio, il Pontefice scrive a "Mediterranea": «Grazie per tutto quello che fate. Vorrei dirvi che sono a disposizione per dare una mano sempre»
La lettera autografa di Papa Francesco a "Mediterranea"

La lettera autografa di Papa Francesco a "Mediterranea"

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«Grazie per tutto quello che fate. Vorrei dirvi che sono a disposizione per dare una mano sempre. Contate su di me». Ha risposto così papa Francesco alla lettera ricevuta giovedì da Mediterranea Saving Humans, la piattaforma per il salvataggio di migranti nel Mediterraneo.
A firmare la missiva era stato il capomissione Luca Casarini, dopo le ultime notizie dalla Libia. E ieri mattina papa Francesco ha fatto arrivare la sua risposta, scritta di suo pugno, per incoraggiare i volontari delle missioni umanitarie nel Mediterraneo.
Nella lettera, a nome di tutti i componenti dell'organizzazione, Casarini aveva manifestato l'amarezza per tutti gli ostacoli posti alle navi umanitarie, ma soprattutto per l'aggravarsi delle condizioni di migliaia di persone nei campi di prigionia in Libia e negli accampamenti in Grecia, dove ore incombe la minaccia del Coronavirus.
«In questi giorni terribili penso a che cosa facciamo in mare e che cosa proviamo quando abbiamo il privilegio di poter salvare dalla morte i nostri fratelli e sorelle migranti, mentre il mondo aveva la testa girata dall'altra parte», si legge nel testo del capomissione di “Rescuemed”. Con un pensiero proprio alla pandemia che «costringe tutti oggi a fare i conti con la lotta per la vita, a chiedere aiuto agli altri per salvarsi».
E papa Francesco risponde con parole di affetto e gratitudine: «Luca, caro fratello, grazie tante per la tua lettera», e per «la pietà umana che hai davanti a tanti dolori. Grazie per la tua testimonianza, che a me fa tanto bene». Salvando i profughi dall'imminente annegamento, Casarini (indagato e poi prosciolto insieme al comandante Pietro Marrone) aveva confidato al Pontefice di avere «sempre avuto la sensazione che stessimo salvando noi stessi, che erano in realtà quegli uomini, donne e bambini indifesi che stavano salvando noi. Oggi tutto è chiaro, trasparente come l'acqua di quel mare Mediterraneo che vogliamo immaginare come il “Grande Lago di Tiberiade”» .
Mediterranea sin dalle prime operazioni con la nave Mare Jonio aveva chiesto di avere un cappellano, indicato poi da diversi vescovi, tra cui Corrado Lorefice (Palermo), Erio Castellucci (Modena) e il cardinale Matteo Zuppi (Bologna) nel giovane don Mattia Ferrari. Da allora sono seguiti molti incontri con numerosi presuli italiani e stranieri, tra cui il cardinale Francesco Montenegro, il vicepresidente della Cei monsignor Antonino Raspanti, il cardinale Jean Claude Hollerich (presidente della Commissione degli episcopati dell'Unione europea), Giovanni Ricchiuti (presidente di Pax Christi Italia), il cardinale Luis Antonio Tagle (prefetto della Congregazione di Propaganda Fide) e il cardinale Michael Czerny, sottosegretario della Sezione migranti e rifugiati del Dicastero Vaticano per lo Sviluppo umano integrale.
Un cammino che in questi anni ha coinvolto parrocchie, movimenti ed associazioni cattoliche nel sostegno delle operazioni di soccorso e per l'apertura di corridoi umanitari.
A inizio dicembre Papa Francesco aveva compiuto un gesto inatteso. Nell'accesso al Palazzo Apostolico dal Cortile del Belvedere, aveva fatto apporre una croce, realizzata con acqua di mare, con un giubbotto salvagente come simbolo dei tanti morti senza nome annegati nel Mediterraneo. La croce era stata realizzata e donata al Pontefice proprio da Mediterranea. Il salvagente era stato recuperato in mare il 3 luglio 2019 dalla barca a vela Alex, poi sequestrata sulla base dei decreti sicurezza ancora in vigore, e infine riconsegnata al termine dell'indagine allo skipper Tommy Stella e all'equipaggio di mediterranea. «Ho deciso di esporre qui questo giubbotto salvagente, “Crocifisso”su questa croce, per ricordarci – aveva detto Papa Francesco – che dobbiamo tenere aperti gli occhi, tenere aperto il cuore, per ricordare a tutti l'impegno imprescindibile di salvare ogni vita umana, un dovere morale che unisce credenti e non credenti». Parole riassunte ieri in quel rinnovato: «Contate su di me».

IL TESTO DEL MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO

+ IHS

10.04.2010

Luca, caro fratello, grazie tante per la tua lettera che mi ha portato Michael.

Grazie per la pietà umana che hai davanti a tanti dolori. Grazie per la tua testimonianza, che a me fa tanto bene.

Sono vicino a te a ai tuoi compagni. Grazie per tutto quello che fate. Vorrei dirVi che sono a disposizione per dare una mano sempre. Contate su di me. Ti auguro una santa Pasqua. Prego per Voi, per favore, fatelo per me.

Che il Signore Vi benedica e la Madonna Vi custodisca. Fraternalmente,

Francesco

ALCUNI ESTRATTI DALLA LETTERA DEL CAPOMISSIONE DI MEDITERRANEA LUCA CASARINI AL PONTEFICE

Palermo, 9 aprile 2020

Caro Papa Francesco,

sono Luca Casarini, capomissione di Mediterranea Saving Humans, [...].

In questi giorni terribili penso a che cosa facciamo in mare e che cosa proviamo quando abbiamo il privilegio di poter salvare dalla morte i nostri fratelli e sorelle migranti, mentre il mondo aveva la testa girata dall’altra parte. E guardi adesso cosa è accaduto: la Pandemia costringe tutti oggi a fare i conti con la lotta per la vita, a chiedere aiuto agli altri per salvarsi. Il contagio ha mostrato quanto i confini fatti con i fili spinati, i carri armati, con i lager in Libia, con i campi di concentramento a Lesbo, tutti quei confini eretti contro altri esseri umani, non possano nulla di fronte a un male invisibile e globale. Tutti adesso, come se si trattasse di un segno, sono costretti a stare rinchiusi, fermi, a non poter abbracciare i propri cari, a non poterli nemmeno seppellire, come accade alle famiglie dei migranti che muoiono in mare o nel deserto, o uccisi dai trafficanti. Oggi tutti, in tutta la Terra e nello stesso momento, hanno la possibilità di sentire e di vedere se vogliono, che cosa era diventato questo mondo fatto di esclusione, di razzismo, di odio degli uni verso gli altri.

Ma non è un segno di Dio, questa Pandemia. No, è qualcosa che abbiamo prodotto noi, perché era dentro di noi l’incapacità di affrontarla, il credere di essere al sicuro con soldi e successo, potere e tecnologie, armi e scienza. E invece, per poter affrontare questa sfida, ci stiamo accorgendo che ci vuole cuore e anima, amore, cura del nostro prossimo che significa cura verso noi stessi.

Ogni volta che accadono questi momenti nella storia degli uomini, sempre con arroganza, pensiamo che sia possibile subito capirne la portata, incasellarli, e tracciare una via di uscita semplice: o Terra Promessa o catastrofe. Ancora non abbiamo capito che Terra Promessa e catastrofe convivono sempre in noi. Come il Bene e il Male. Come la possibilità di essere migliori con la condizione di essere fragili e inadeguati. Non avevamo capito che i migranti erano una prefigurazione di ciò che siamo noi tutti. “Ama il prossimo tuo come te stesso”, oggi ho finalmente capito perché è stato pronunciato.

Sento nel cuore le Sue parole pronunciate al mondo, Santo Padre: “nessuno si salva da solo”. Ricordo che fino a poco tempo fa [...] sembravano parole che solo tra pochi potessimo condividere. Oggi non è più così. E finalmente ho compreso ancora più profondamente perché, salvando in mare i nostri fratelli e sorelle in fuga dalla Libia e dall’orrore, ho sempre avuto la sensazione che stessimo salvando noi stessi, che erano in realtà quegli uomini, donne e bambini indifesi che stavano salvando noi. Oggi tutto è chiaro, trasparente come l’acqua di quel mare Mediterraneo che vogliamo immaginare come il “Grande Lago di Tiberiade”.

Volevo ringraziarla caro e dolce Papa Francesco, per aver posto la Croce fatta con il giubbetto di salvataggio, in modo che possano vederla tutti. Quella Croce è del nostro Gesù, quello che viene con noi in ogni missione in mare, quello che ha paura con noi quando il mare è grosso, quello che scruta l’orizzonte cercando chi è solo in mezzo a quel mare infinito. Quella Croce è del nostro Gesù che è annegato, lasciando di sé solo quel salvagente perché noi lo trovassimo e lo portassimo a Lei. Quel Gesù che ha gridato forte il suo nome prima di sparire tra i flutti, perché qualcuno sappia che è morto lì, dopo una Via Crucis che gli ha fatto attraversare la sofferenza e la tortura. Grazie per mostrarla a tutti quella Croce. Grazie. Quando abbiamo recuperato in mare quel giubbotto, abbiamo sentito una fitta al cuore: era evidentemente il relitto di una persona migrante che era naufragata, vittima dell’ingiustizia. Abbiamo sentito nel cuore la necessità di raccogliere quel giubbotto: non sapevamo neanche noi perché lo raccogliessimo, ma sentivamo di dover dare un senso a quella vita, alla vita di quella persona di cui nessuno sa il nome e che è morta vittima dell’ingiustizia. Abbiamo sentito nel cuore che quel migrante ignoto era un nostro fratello e che dovevamo raccogliere quel relitto. Mai ci saremmo aspettati che un giorno quel giubbotto sarebbe stato esposto nell’atrio del Palazzo Apostolico come segno per tutti del “grido dei poveri” che sale dal Mar Mediterraneo. Quando ci pensiamo, sentiamo ancora i brividi: vedere che quel giubbotto ora è lì ci mostra la potenza del Vangelo, la potenza dell’amore. Grazie di cuore, caro Papa Francesco.

Stiamo soffrendo pensando ai nostri fratelli e sorelle che si mettono in mare dalla Libia, anche in questi giorni: più di 600, compresi molti bambini, sono stati catturati dalle milizie libiche che si fanno chiamare “Guardia Costiera” e che gli Stati hanno riempito di soldi per fare questo. Li hanno riportati indietro, nell’inferno dei lager. 150 di loro sono riusciti a raggiungere, assistiti solo dalle loro forze e da Nostro Signore, le spiagge di Lampedusa. Altri 150 sono a bordo di una piccola nave cui i Governi d’Europa stanno negando un porto d’approdo.

In questa situazione noi vogliamo tornare in mare il prima possibile, perché il nostro Gesù ha bisogno di aiuto.

[...]

Mi scusi se L’ho disturbata in questi giorni così impegnativi ma, dopo aver seguito la Sua benedizione Urbi et Orbi, ho sentito nel cuore la necessità di farLe pervenire il mio umile ringraziamento perché ancora una volta Lei ha toccato il cuore di tutte le persone di buona volontà e ha fatto riscoprire a tutti che siamo un’unica grande famiglia umana e nessuno si salva da solo.

Un grande abbraccio Papa Francesco. Grazie di tutto, sempre.

Luca

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