venerdì 15 luglio 2022
Il dolore del Pontefice che ricorda le «dense conversazioni». «Prego per la sua anima, il Signore lo accolga»
Il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari

Il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari - Ansa

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Era atteso ed è arrivato puntuale il cordoglio del Pontefice alla notizia della morte di Eugenio Scalfari, avvenuta ieri a 98 anni di età a Roma. Papa Francesco, ha riferito infatti nel primo pomeriggio di ieri il direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni, ha appreso «con dolore della scomparsa del suo amico. Conserva con affetto la memoria degli incontri - e delle dense conversazioni sulle domande ultime dell’uomo - avute con lui nel corso degli anni e affida nella preghiera la sua anima al Signore, perché lo accolga e consoli quanti gli erano vicini». Quelle «dense conversazioni», infatti, rimarranno sicuramente come uno dei fatti notevoli di questo pontificato. Pur con il loro contorno imprecisioni, alcune delle quali davvero gravi.

Troppo famoso l’ateismo militante di Scalfari – che non aveva risparmiato critiche a personalità come san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, trovando però punti di contatto con il cardinale Carlo Maria Martini – per non restare sorpresi del "botta e risposta" che nel 2013 portò alla prima "intervista" di Scalfari al Pontefice e dette il via all’amicizia tra loro. Forse con un pizzico di senno di poi bisognerebbe riconoscere che quella "sorpresa" era stata sostanzialmente preparata proprio da Joseph Ratzinger Benedetto XVI, prima con la sfida alla cultura laica a sovvertire l’etsi Deus non daretur per ragionare invece come se Dio ci fosse, e poi con la bella stagione del "Cortile dei gentili", che - come ha ricordato ieri il cardinale Gianfranco Ravasi - vide anche Scalfari confrontarsi con il porporato milanese "ministro" della cultura della Santa Sede.

Perché in fondo questo è stata l’amicizia tra Francesco e Scalfari. Un "Cortile dei gentili" in chiave personale, con il Papa che - rispondendo con una lunga lettera alle domande contenute in un suo articolo - tese la mano al giornalista ateo. Una grande intuizione, l’apertura di credito di papa Bergoglio. E non solo in termini mediatici. Francesco ha mostrato infatti che il cristianesimo è anche capacità di entrare in relazione con l’altro a prescindere dalle sue idee, proprio come faceva Gesù lungo le strade della Palestina. E ha detto al mondo che chi crede in Cristo è capace di accogliere come un fratello anche chi non ha la minima intenzione di cambiare idea. Mettendo perfino in conto di non essere compreso o addirittura travisato.

A mente fredda, infatti, bisogna riconoscere che, al di là della sincera ammirazione per la persona del Papa, Scalfari in questo rapporto ha perso l’occasione di una più profonda comprensione delle realtà in cui non riusciva a credere. Il pensiero corre ad esempio ai celebri errori contenuti nei resoconti dei suoi colloqui con Francesco. L’attribuzione a quest’ultimo di pensieri al limite dell’eresia, come quello di una verità non assoluta (è ben noto invece che per i cristiani la Verità è una sola ed è Cristo stesso), o dell’inesistenza dell’inferno (il teologo Von Balthasar diceva che l’inferno è vuoto a motivo dell’immensa misericordia di Dio, ma è ben diverso) o – cosa più grave di tutte – quando scrisse: «Chi ha avuto, come a me è capitato più volte, la fortuna d’incontrarlo e di parlargli con la massima confidenza culturale, sa che papa Francesco concepisce il Cristo come Gesù di Nazareth, uomo, non Dio incarnato». Quella volta dovette intervenire la Sala Stampa vaticana per precisare che «le parole che il dottor Eugenio Scalfari attribuisce tra virgolette al Santo Padre durante i colloqui con lui avuti non possono essere considerate come un resoconto fedele di quanto effettivamente detto, ma rappresentano piuttosto una personale e libera interpretazione di ciò che ha ascoltato».

Vale questo proposito ciò che ha detto ieri all’Adn Kronos il direttore di Avvenire. Marco Tarquinio ha parlato di «interviste profonde e anche originali al Pontefice», ma anche dell’inserimento in esse di «alcuni passaggi al limite della deformazione del pensiero del Papa». Scalfari, ha aggiunto, «entra certamente fra i "grandi" del giornalismo italiano», ma «se devo rimproverargli qualcosa è una certa fatica a fare i conti con i propri errori». Come quando, a proposito della morte del cardinale Martini, «scrisse, sbagliando, che si era trattato di una forma di eutanasia». Ora su tutto cala il velo della dimensione "Altra". Capace di accogliere, come ha auspicato il Papa, anche il suo l’amico non credente.

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