venerdì 21 marzo 2014

​Per la prima volta identificate 15 persone che hanno creato un network nascosto per lo scambio di materiali pedofili
L'ANALISI «Norme e mezzi per fermare i mostri in rete» di Umberto Rapetto

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Per mesi hanno cercato di dare un no­me a tre lettere: EEM. C’era quella si­gla dietro a 550 centraloni informa­tici che offrivano un approdo anonimo e si­curo a decine di migliaia di siti internet pe­dopornografici. Un giro d’affari milionario che sulle prime aveva convinto gli agenti a­mericani dell’Fbi che dietro a quel marchio si nascondesse una multinazionale del web sommerso. Grazie alla EEM si potevano ottenere video o foto che materializzassero le più indicibi­li depravazioni. Bambi­ni seviziati, derisi, tor­turati, violentati, uccisi a mani nude, finiti sen­za alcuna pietà. Un campionario degli orrori che sembrava impossibile fermare. Dopo mesi di lavoro gli sceriffi del web hanno scoperto che EEM sta per Eric Eoin Mar­ques, insospettabile studente irlandese di origini brasiliane. Dalla sua camera nel­l’appartamento dei genitori gestiva un giro d’affari colossale, la cui portata non è ancora stata calcolata. Il denaro, milio­ni di dollari guadagnati per affit­tare un “parcheggio” poco in vi­sta alle organizzazioni pedofile, non è stato trovato. L’Fbi lo ha definito «il più gran­de facilitatore di pornografia in­fantile sul pianeta». Dopo l’arre­sto a Dublinio alla fine dello scor­so anno gli Usa sperano di po­terne ottenere l’estradizione. Marques era ricercato per quat­tro capi d’imputazione legati al business della pornografia in­fantile. Rischia fino a un secolo di anni di carcere. Secondo i suoi legali il 28enne con dop­pia nazionalità, irlande­se e statunitense, era consapevole di quali contenuti ospitassero i suoi server, sebbene il ragazzo neghi di essere mai stato a conoscenza di come gli utenti utilizzassero i suoi servi­zi informatici. La piattaforma su cui ospitava ogni genere di contenuto vietato si chiamava “Freedom Hosting”. Quando è stata chiusa gli agenti già sapevano che i pedofili si sarebbero spostati da qualche altra parte. Una previsione fin troppo facile. Dall’arresto di EEM nel web sommerso l’offerta di immagini ed “espe­rienze” non è affatto diminuita. Negli ultimi giorni al compartimento della Polizia Postale della Sicilia Orientale sono arrivate decine di nuove segnalazioni. Le ha raccolte Meter, l’associazione antipedofilia di don Fortunato di Noto che adesso lancia l’allarme “infantofilia”. «Vengono richiesti contenuti con bambini di pochi mesi di vi­ta. I più indifesi tra gli indifesi», denuncia il sacerdote siciliano. Le richieste dei webpedofili sono ir­riferibili. Ma vengono accontenta­ti quasi sempre. Che ne è dei bam­bini resta l’interrogativo a cui gli in­quirenti vogliono rispondere. E per trovare i le vittime bisogna stanare gli aguzzini. Gli investigatori italiani ci stanno provando. E per la prima volta da quando il “deep web” è accessibile a tutti sono state identificate in to­tale 15 persone che avevano creato una rete nascosta per lo scambio di foto e video. Stavolta le indagini condotte tra livelli e sottolivelli del­la rete nascosta hanno fatto scopri­re tre bambini italiani, vittime di abusi ses­suali e ritratti in immagini e video. Dieci le persone arrestate nei giorni scorsi: tutti ita­liani di livello socio economico medio, nes­suno svolgeva attività a contatto coi mino­ri. «L’operazione - ha spiegato Carlo Soli­mene, direttore divisione investigativa po­lizia postale – per la prima volta ha acceso un faro sul “deep web” attraverso nuove tec­niche investigative con le quali saremo in grado di identificare tutti i soggetti che si scambiano file sul “darknet”, la rete oscu­ra ».
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