mercoledì 11 aprile 2018
Da giovedì nuove consultazioni. Il "piano B" contro lo stallo. Di Maio: «Mi serve tempo». Nessun incontro con Salvini
L'incontro tra Mattarella e Di Maio nei giorni scorsi

L'incontro tra Mattarella e Di Maio nei giorni scorsi

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Come previsto, il capo dello Stato domani, giovedì, riapre ai partiti la Sala alla Vetrata del Quirinale. Un secondo giro di consultazioni che, come il primo, potrebbe non essere risolutivo. Ma durante il quale Sergio Mattarella inizierà a mettere paletti più stringenti per la formazione di un governo. Con due messaggi netti e nuovi.

Il primo: se lo stato dell’arte resta questo, non ci sarà un terzo giro.

Il secondo: il senso di responsabilità richiede che alle urne non si torni prima della primavera 2019, perché con il voto a ottobre è alto il rischio che il Paese finisca in esercizio provvisorio per l’impossibilità di scrivere la legge di Bilancio.

Prese di posizione chiare, da parte del Quirinale, che sono una risposta a quanto accaduto dalle prime consultazioni a oggi: i leader avevano promesso di vedersi e fare passi avanti che invece non sono all’orizzonte. In particolare Di Maio e Salvini, il cui faccia a faccia è considerato risolutivo, anche ieri hanno detto chiaro e tondo che al momento non hanno voglia di parlarsi formalmente. Il secondo giro, quindi, diventa un bivio.

È possibile che si concluda senza un mandato o un pre-incarico né a Salvini né a Di Maio, ma con un avvertimento: se nei giorni successivi non ci saranno passi avanti tangibili e reali da parte dei leader, allora si procederà con un incarico esplorativo a uno dei due presidenti delle Camere. «Spero non ce ne sia bisogno», ha detto ieri sera il vertice del Senato Elisabetta Alberti Casellati, ammettendo implicitamente che l’ipotesi esiste.

Mattarella ha quindi girato la clessidra. La nota di convocazione del Colle è arrivata ieri in tarda mattinata portando con sé una novità rispetto al primo giro: tutti i partiti saranno ricevuti domani, giovedì, mentre venerdì, per ultimi, saliranno al Quirinale il presidente emerito Giorgio Napolitano e i vertici di Camera e Senato, Roberto Fico e Elisabetta Alberti Casellati.

Ed è questo, quindi, il vero segnale di Mattarella. Un peso maggiore dato ai pareri della seconda e terza carica dello Stato, una 'istituzionalizzazione' che serve come messaggio ai partiti: se c’è in nuce un governo 'politico' non si indugi troppo nei tatticismi, perché altri schemi di riserva ci sono ed è in potere del Colle attivarli. È questo il vero segnale, non l’ordine di arrivo dei gruppi parlamentari: il fatto che M5s sia l’ultimo della lista non vuol dire, precisano dal Quirinale, che il leader M5s uscirà dalla Sala alla Vetrata con un incarico o un pre-incarico.

È quindi realistica agli occhi di Mattarella l’ipotesi che i partiti si presentino senza soluzioni concrete tra le mani. Il centrodestra arriva formalmente unito, ma nei fatti ci sono due linee.

Le due linee nel centrodestra

Fi e Fdi spingono perché Mattarella dia l’incarico a Salvini, ma il leader della Lega rifiuta l’ipotesi perché non vuole il timone tra le mani senza la certezza dei numeri. E per lui i numeri passano da un accordo organico con M5s.

Di Maio e il cambiamento che passa da un accordo con Lega o Pd

Anche Di Maio sembra prepararsi per un ragguaglio su tempi e metodo che non sfoci in un mandato pieno o in un pre-incarico. «C’è bisogno di tempo – ha detto ieri più volte il leader M5s dal Molise, dove si trova per la campagna elettorale regionale –. Non vogliamo ammucchiate e film horror, un governo con Salvini, Berlusconi e Meloni non è di cambiamento». Il cambiamento, nei ragionamenti del capo politico 5s, passa da un accordo o con la Lega o con il Pd. E dalla sua premiership. «No, basta con premier terzi – ha ribadito ieri –. Severino, Cantone, tutti i nomi che sento non hanno preso voti. Io 11 milioni».

Bocciate tutte le ipotesi di questo genere, anche quella che porta a Giovanni Maria Flick. I «passi avanti» che Di Maio si appresta a comunicare a Mattarella sono quindi di altro tipo: il lavoro di M5s sul nuovo Def («Siamo pronti, restiamo all’1,5 di deficit il prossimo anno») e quelle che il capo politico del Movimento definisce «evoluzioni» negli altri due fronti. Insomma Di Maio dirà a Mattarella che, secondo lui, da qui a fine mese uno delle due pietre d’inciampo sarà rimossa. O Salvini riuscirà a mettere da parte Berlusconi o il Pd riuscirà a isolare Renzi. Con un occhio di riguardo alla prima ipotesi, quella che riguarda il Carroccio: «Berlusconi è in campo da 24 anni, lasci spazio al cambiamento», insiste Di Maio. Ma più lui spinge su questa linea più Salvini si arrocca nell’unità del centrodestra. «È possibile che io e Di Maio non ci incontriamo prima di andare al Colle. Se chiama rispondo per educazione», dice Salvini confermando la situazione di tensione. E con il Pd ancora fermo sull’opposizione, lo stallo è completo.

L'opzione di un incarico esplorativo a Alberti Casellati o Fico

Da qui il pressing crescente del Colle. Disposto sì ad ascoltare di nuovo le ragioni e gli auspici di tutti, ma convinto che da venerdì in poi, ed entro fine mese, servano atti chiari di natura politica. Diversamente, si attiverà, anche senza un terzo giro, il motore dell’incarico esplorativo alla seconda o alla terza carica dello Stato. Ad Alberti Casellati o a Fico, in base a quanto accadrà nel Pd. Tirando le somme, Salvini e Di Maio hanno tempo sino a fine aprile per mettere in piedi un «governo politico». Poi partirà il 'piano B' del Colle. Con un mandato istituzionale definito: fare la legge di Bilancio 2019 e provare a cambiare il sistema di voto.

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