sabato 21 ottobre 2023
I carabinieri in via Pietro da Cortona, dov'è stata uccisa e ritrovata Marta Di Nardo

I carabinieri in via Pietro da Cortona, dov'è stata uccisa e ritrovata Marta Di Nardo - Ansa

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"L'ho accoltellata al collo, non volevo ucciderla". Sono le poche poche, confuse parole con le quali Domenico Livrieri, 46 enne fermato per l’omicidio di Marta Di Nardo, 60 anni, oltreché con le accuse di vilipendio e occultamento di cadavere, ha sostanzialmente ammesso, con dichiarazioni spontanee ai carabinieri, di essere stato lui ad uccidere la vicina. Fino all’ultimo, e persino dopo che il cadavere sezionato in due parti della donna era stato trovato nel soppalco, chiuso da una botola del cucinotto al quarto piano della casa popolare al 14 di via Pietro da Cortona (vicino a Città Studi e al Politecnico di Milano), aveva fornito una ricostruzione contraddittoria e palesemente in contrasto con la realtà. Marta Di Nardo, la vittima, era in cura al Cpa per ludopatia. E così pure Livrieri è in cura per disturbi psichiatrici (ed è affidato a un tutore), che però sfociavano in comportamenti violenti . Ha inoltre precedenti per violenza sessuale e per rapina. Sul movente si possono avanzare ipotesi basate sugli elementi raccolti dai carabinieri del Nucleo Investigativo e della compagnia Monforte di Milano, in attesa dei risultati dell’autopsia, dal momento che Livrieri non ha voluto o non è stato in grado di rispondere alle domande del pm Leonardo Lesti. A casa del 46enne, in una tasca del suo giaccone sono stati trovati un libretto postale, una carta Postamat e due carte Postepay, oltre al cellulare (senza la sim) della donna uccisa e sezionata. La denuncia di scomparsa è stata fatta il 17 ottobre dal figlio, che non aveva rapporti con la madre. L’indagine parte subito con una serie di “balordaggini” che hanno attirato l’attenzione degli investigatori. La donna non era stata più vista dal 4 di ottobre, e anche il suo cellulare era morto quella data. Quando i carabinieri contattano Livrieri, al cellulare risponde un tassista, il quale non si è certo dimenticato del cliente che il giorno prima, il 16 ottobre, si è fatto portare a Malpensa e non ha pagato perché non gli andavano le carte di credito, lasciando il cellulare in pegno e dicendo di chiamare la sorella a saldare (e così finisce il progetto di fuga di Livrieri in Francia; il sospettato tornerà a Milano in autobus). La sera del 17 i vigili del fuoco entrano dalla finestra del condominio per sincerarsi che Marta non sia morta in casa. Non la trovano, ma è evidente che la luce è stata dimenticata accesa da qualcuno che è entrato in casa. Su richiesta dei militari i vigili del fuoco fotografano anche un certificato medico intestato a Domenico Livrieri e i resti recenti di un pasto. In strada poi c’è un’ambulanza del 118 che assiste proprio Livrieri, in stato di grande agitazione, il quale ammette di conoscere la donna e di averla vista ai primi di ottobre, ma nega di possedere le chiavi di casa. Tra gli indizi che portano a lui c'è ci sono anche la testimonianza di chi l'ha visto uscire dall'appartamento di Marta con le chiavi e portando due valigie, una delle quali piena dei vestiti della vittima, viene lasciata o dimenticata davanti alla portineria. Altri vestiti sono stati trovati nel suo appartamento. "Non l'ho vista, ma se torna la curo io", ha assicurato alla custode. "L'ho vista ai primi d'ottobre, doveva ritirare la pensione, la conosco da un mese, non ho le chiavi di casa" ha detto invece ai carabinieri. A dirla tutta quella sera del 17 Livrieri non aveva nemmeno le sue di chiavi di casa, tant’è vero che approfitta dei vigili del fuoco per farsi aprire la porta. Nei giorni in cui ha custodito il cadavere avrebbe mangiato e dormito in casa della donna uccisa: da lui la cucina non c’è, da quando l’ha lanciata in cortile in un accesso di follia, e c’è odore di decomposizione sempre più forte.

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