mercoledì 7 marzo 2018
Da madre ferita, per l'agguato dei bulli al suo Arturo, a testimone di legalità: «Ripartiamo dalla famiglia e dalla scuola»
Maria Luisa Iavarone, la mamma di Arturo

Maria Luisa Iavarone, la mamma di Arturo

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Suo figlio ha subito violenza, ma è come se quei colpi li avesse presi anche lei. Che ha incassato e poi ha reagito, fino a diventare una testimone di legalità nelle scuole e tra i ragazzi di Napoli. Maria Luisa Iavarone, docente di Pedagogia all’Università Parthenope di Napoli, è diventata suo malgrado un simbolo. Di impegno e di lotta contro le baby gang e non solo. Il 18 dicembre scorso, il "suo" Arturo è stato brutalmente accoltellato da un branco di minorenni nel centro della città. Oggi è una madre ferita. «Viviamo in un società malata – spiega – nella quale c’è una rabbia sociale fuori controllo. Pensi ai drammi del femminicidio, della violenza per strada, del bullismo» annota Iavarone.

Sotto accusa c’è «una società che si nutre del possesso e del dominio dell’altro, spesso in una logica di prevaricazione. Dobbiamo andare in un’altra direzione: pensi alla famiglia, ad esempio. È una cellula che deve essere nutrita, curata, protetta. Viviamo invece in una società che si svuota della cura, della protezione e della relazione con i propri familiari. Perciò l’8 marzo è un giorno simbolico per ricordarsi delle donne e di tutti coloro che subiscono violenza».

A Napoli un’iniziativa è stata organizzata per venerdì 9 ed è legata soprattutto alla “panchina rossa”, simbolo delle vittime di femminicidio. Da Scampia partirà un corteo per dire che «la violenza è marcia, putrida, fradicia». Parteciperanno tante donne, anche le più piccole, insieme ad adulti, giovani e ragazzi. A volto scoperto, senza paura. «Se il tuo dolore non lo tieni a casa tua ma lo porti in piazza, lo urli, lo manifesti alle istituzioni sei scomoda – ha detto più volte, in questi mesi, Maria Luisa –. Io invito la gente a parlare e loro mi dicono: “Stia a casa sua, pensi a suo figlio che è meglio”. Una delle madri dei ragazzi coinvolti mi ha minacciato pubblicamente».

Al contrario, l’educazione è importante. «Dobbiamo educare bambine e bambini al reciproco rispetto, sin da piccoli. Bisogna fermare sul nascere giudizi e pregiudizi che altro non sono che forme di violenza psicologica nei riguardi di chi è in una situazione di subalternità». Per Maria Luisa Iavarone la scuola e lo sport sono sinonimi di tutela e di prevenzione, di socialità e di comunicazione. «I bambini devono poter crescere insieme».

Quanto al suo impegno di mamma in prima linea, «ho deciso che non potevo abbandonarmi alla disperazione cieca. La luce l’ho trovata proprio nell’impegno sociale, il mio obiettivo primario è dare una scossa a questa città e al nostro Paese. Nessuno si può permettere di dire che questo non è un nostro problema. Voglio che il sangue di mio figlio non sia solo un sangue dissipato sull’asfalto ma sia una possibilità di riscatto e impegno concreto».

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