venerdì 9 febbraio 2024
Rischia di saltare la proroga al 2025 del nuovo regime. Da luglio migliaia di piccoli enti alle prese con pastoie burocratiche. Pallucchi (Forum Terzo settore): «Preoccupati da un dietrofront grave»
L'impegno delle realtà del Terzo settore

L'impegno delle realtà del Terzo settore - Archivio

COMMENTA E CONDIVIDI

Rischia di saltare la riforma dell’Iva per il Terzo settore. A lanciare il grido di allarme Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum: «Apprendiamo con molta preoccupazione che la norma che avrebbe previsto lo slittamento dell'entrata in vigore del regime Iva per il Terzo settore al 1° gennaio 2025 rischia di non essere approvata all’interno del decreto Milleproroghe. Si tratta di un emendamento sottoscritto inizialmente da numerose forze politiche, sia di maggioranza che di opposizione, e rientrante tra i cosiddetti “supersegnalati”. Sarebbe davvero grave assistere a questo dietrofront, che peserebbe su migliaia di piccole associazioni nel nostro Paese, mentre lo stesso Milleproroghe punta a riaprire le porte della sanatoria sulle cartelle esattoriali». «Peraltro – aggiunge Pallucchi – nessun vantaggio sarebbe registrato per le casse dello Stato, ma al contrario gli oneri burocratici e amministrativi per il Terzo settore sarebbero davvero pesanti. In oltre due anni in cui il Forum ha sottolineato l'urgenza e l'importanza di risolvere l'inquadramento del regime Iva per gli Ets-Enti di Terzo settore non commerciali, non è arrivata nessuna risposta soddisfacente: oggi il rischio è di penalizzare, senza alcuna motivazione adeguata, proprio le migliori realtà del nostro Paese».

Senza la proroga dell’Iva, gli Ets non commerciali passerebbero dal 1° luglio da un regime di esclusione a uno di esenzione dell’imposta. Il che vuol dire che anche gli enti più piccoli dovranno dotarsi di contabilità per la partita Iva con un aggravio burocratico e ammini-strativo. Il rischio di slittamento preoccupa Roberto Pella e Paolo Emilio Russo, capigruppo di Forza Italia nelle commissioni Bilancio e Affari costituzionali alla Camera: «Il Terzo settore è una ricchezza per il Paese, supplisce dove lo Stato non riesce o non può arrivare. Anche per questa ragione le associazioni di volontariato come quelle sportive non possono essere trattate fiscalmente come le società a scopo di lucro, non possono né devono essere penalizzate con adempimenti burocratici gravosi. Forza Italia ha chiesto con un emendamento al Milleproroghe e continuerà a sostenere, insieme agli altri partiti della maggioranza, la proroga all’entrata in vigore del nuovo regime Iva fino al 31 dicembre 2024».

A ieri, in ogni caso, l’emendamento risultava “accantonato”, ovvero tra quelli che potrebbero essere ripresi nel caso si trovasse la quadra politica ed economica. Il Terzo settore è rappresentato da una miriade di realtà associative. Tanto che lo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella, all’inaugurazione di Trento capitale del volontariato, ha ricordato quanto fosse «preziosa» questa risorsa per l’Italia e per l’Europa, riconosciuta anche dalla Costituzione. In base all’ultimo aggiornamento Istat del Censimento permanente delle istituzioni non profit (31 dicembre 2020) in Italia le organizzazioni sono più di 360mila. Anche dal punto di vista economico, il Terzo settore è tutt’altro che marginale. Infatti, rappresenta la quarta economia nel sistema italiano, ha un valore economico pari a 80 miliardi di euro e contribuisce al 5% del Pil nazionale.

A livello di risorse umane e di occupazione, sono sette milioni i volontari coinvolti (di cui 4,5 milioni assidui) e 14 milioni i lavoratori retribuiti. Inoltre, gli Ets lavorano per soddisfare le necessità di più di 1/3 della popolazione italiana (ricerca realizzata da Srm di Intesa San Paolo). Infatti, il Terzo settore produce e fornisce beni e servizi per la collettività che spesso non sarebbero disponibili per tutti, agendo su molteplici dimensioni della vita sociale. A sette anni dal varo della riforma, l’attuazione non è stata completata. Nel Runts-Registro unico nazionale del Terzo settore risultano iscritti solo 110mila enti, di cui poco meno di 69mila trasmigrati dai registri regionali del volontariato e della promozione sociale. Come detto, a dominare sono le realtà piccole, che sarebbero danneggiate da nuovi aggravi per l’Iva. La forma giuridica che raccoglie la quota maggiore di istituzioni (85,2%) resta l’associazione, seguono gli Ets con altra forma giuridica (8,4%), le cooperative sociali (4,1%) e le fondazioni (2,3%). Il settore dello sport - anch’esso teme lo spettro dell’Iva - raccoglie il 32,9% degli enti non profit, seguono i settori delle attività culturali e artistiche (15,9%), delle attività ricreative e di socializzazione (14,3%), dell’assistenza sociale e protezione civile (9,9%). I dipendenti si concentrano in pochi settori: assistenza sociale e protezione civile (48,4%), istruzione e ricerca (15,0%), sanità (11,9%) e sviluppo economico e coesione sociale (11,4%).

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: