martedì 3 aprile 2018
Entro il 4 aprile le società pubbliche e private dovranno pubblicare gli stipendi dei dipendenti divisi per sesso. Disuguaglianza al 50% nel settore finanziario. E le deputate lanciano campagna
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È senza dubbio tra le operazioni di trasparenza più massicce della storia, sponsorizzata tra le altre cose da un governo conservatore guidato da un premier donna, Theresa May: entro il 30 marzo tutte le aziende pubbliche britanniche con più di 250 dipendenti ed entro il 4 aprile quelle private e le charity devono rendere pubblico quanto pagano in media gli uomini e quanto le donne, il cosiddetto gender pay gap.

Le imprese private tenute a farlo sono 6.240 e alla fine di marzo mancavano all'appello dell'Ufficio governativo per le parità (Government Equalities Office) più di 2mila. Se non rispetteranno il termine, rischiano un'azione legale.

Che cos'è il gender pay gap

Il gender pay gap è la differenza tra il salario medio di tutti gli uomini e il salario medio di tutte le donne che lavorano in una stessa azienda. È chiaro che in un'azienda in cui i vertici sono tutti uomini e i ruoli più bassi sono coperti da donne, il gender gap sarà alto ma ciò può dipendere da fattori strutturali legati all'accesso delle donne alle carriere apicali. Non può invece essere causato da paghe diverse in base al sesso per mansioni uguali, perché ormai da mezzo secolo in Inghilterra questo è illegale.


I primi dati: le disuguaglianze più marcate nella finanza

Già dalle prime rilevazioni sui datori di lavoro pubblici si è saputo che 9 su 10 pagano più i dipendenti che le loro colleghe, che ricevono uno stipendio inferiore del 14 per cento.

Per quanto riguarda il settore privato, se ne stanno vedendo delle belle man mano che le imprese fanno outing. Ad esempio i report della Thomson Reuters, una delle più grandi compagnie editoriali al mondo, ha dichiarato un gender gap (nelle sedi in Gran Bretagna) del 16,95%, e ancora di più (50,52%) se si guardano i bonus erogati ai dipendenti. Per restare nel ramo, la Bbc ha dichiarato una differenza retributiva del 10,7%, e il Financial Times addirittura del 24,4%. Questo si spiega con il fatto che ai ruoli apicali ci sono soprattutti uomini, che quindi fanno schizzare in alto la paga media oraria maschile.

Nel settore dei trasporti aerei Ryanair registra il 67% di gender gap, più del concorrente Easyjet, che si attesta sul 51,7%. La compagnia di bandiera, la British Airways, si ferma al 35%. Come in tutte le compagnie aeree, il problema è che nei ruoli meglio retribuiti le donne sono poche: Ryanair, ad esempio, ha solo 8 piloti donne su 554.

Ma è il settore finanziario quello in cui le disuguaglianze di stipendi sono più marcate: il report pubblicato da Goldman Sach evidenza un gender gap in Gran Bretagna addirittura del 55 per cento. Restando tra le banche d'investimento, Barclays registra un gap del 48 per cento e il ramo inglese della Hsbc del 59%. Anche questo dato si spiega con la scarsità delle donne ai vertici: non che non ci siano, ma sono ancora, per così dire, nel bel mezzo della scalata e dunque occupano ruoli junior mentre i senior sono soprattutto uomini. E molte di queste imprese, interpellate dalle agenzie di stampa man mano che i dati venivano resi pubblici, si sono affrettate a spiegare di essere impegnati in programmi di valorizzazione dei talenti femminili.

Il 78% delle compagnie paga meno le donne

Dai dati consolidati in Gran Bretagna, il 78% delle imprese private paga meno le donne (vedi l'ufficio centrale di statistica, Ons). In media, il Gender Pay Gap è al 18,5%, il che vuol dire che mediamente le donne guadagnano il 18,5 per cento in meno dei loro colleghi maschi. Il Paese si situa nelle posizioni più alte - è 11esima - della classifica mondiale del Gender Gap, guidata dalla Corea, dove la differenza di paga tra uomini e donne arriva al 38%. A titolo di cronaca l'Italia è tra i Paesi più virtuosi (Gender gap poco sopra il 5%), grazie all'ampia diffusione del settore pubblico, dove gli stipendi hanno poca oscillazione e sono regolati da contratti collettivi.

L'argomento è all'ordine del giorno non solo in Inghilterra: anche il governo francese ha annunciato una legge che multerà le aziende "sorprese" a pagare meno le dipendenti donne. Non solo: nella contabilità aziendale dal 2019 sarà inserito un programma che tiene d'occhio automaticamente i cedolini.

Tornando alla Gran Bretagna, tutti possono vedere in che ranking si posiziona la propria compagnia, o quella concorrente: la Bbc ha preparato un programma che consente a chiunque di verificare (guarda qui) semplicemente inserendo il nome della società a cui si è interessati.

Da #MeToo a #PayMeToo

Ma non finisce qui. Un gruppo di deputate britanniche, guidate dalla laburista Stella Creasy, ha lanciato la battaglia #PayMeToo, paga anche me, che fa eco a quella contro le molestie sessuali (#MeToo), per incoraggiare le donne a rivendicare i loro diritti in termini di avanzamento di carriera e di salario. La questione ha conquistato l'attenzione dell'opinione pubblica britannica in seguito a una serie di casi clamorosi, a cominciare dalle dimissioni della corrispondente della Bbc da Pechino, Carrie Gracie, che ha lasciato l'incarico a gennaio a causa dello stipendio di molto inferiore a colleghi uomini in posizioni analoghe. L'estate scorsa, infatti, la storica emittente britannica aveva reso note le retribuzioni di coloro che guadagnano oltre 150.000 sterline e si era così scoperta la forte disparità tra uomini e donne.

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