mercoledì 29 aprile 2020
Appelli a Conte dalla Consulta antiusura e dalla campagna Mettiamoci in gioco. "Non è un'attività essenziale". Ma nel Def l'Esecutivo punta ad incassare 2,5 miliardi in più tra 2020 e 2021
Associazioni: azzardo non riparta. Ma il governo punta all'extragettito

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«Presidente Conte, non faccia ripartire l’azzardo». È l’appello che arriva da decine di associazioni e movimenti più impegnati sul fronte delle azzardopatie. Due documenti che, coincidenza, giungono proprio mentre alla Camera inizia l’esame del Documento di economia e finanza (Def) nel quale il governo prevede dall’azzardo «maggiori entrate per circa 1,3 miliardi nel 2020 e 1,2 miliardi nel 2021». Una cifra molto importante, un risultato che conta, la seconda voce di maggiori entrate. E che potrebbe spiegare i tempi molto rapidi della ripresa dell’azzardo dopo la sospensione decisa all’inizio di marzo. Quasi due mesi di blocco hanno già in parte vanificato queste previsioni, un’ulteriore proroga avrebbe fatto saltare tutte le previsioni. Come sottolinea la Relazione che accompagna il Def, l’andamento complessivamente crescente del comparto delle imposte dirette nel 2019, rispetto ai precedenti due anni, «è determinato dalla variazione positiva registrata nella categoria del Lotto, lotterie ed attività di gioco (+969 milioni)». Sono 192 milioni relativi a Lotto e Superenalotto e 777 milioni per tutte le altre tipologie. Cifre che, evidentemente, il governo intende incrementare. Ma che, secondo le associazioni 'no slot', non giustificano la ripresa dell’azzardo.

«Sarebbe sorprendente e deplorevole che, in una situazione di generale e grave impoverimento del paese, si consentisse la riapertura di locali che producono di fatto ulteriore perdite di denaro specie per le fasce più deboli della popolazione», scrive la campagna "Mettiamoci in gioco", alla quale aderiscono tra gli altri Acli, Arci, Azione Cattolica, Cgil, Cisl e Uil, Cnca, Gruppo Abele, Libera. L’azzardo, scrivono, «è tutt’altro che un’attività essenziale, anzi comporta numerosi rischi di carattere sia sociale sia sanitario ». E per questo chiedono «al governo e alle forze politiche che le sale giochi siano tra gli ultimi esercizi commerciali a essere riaperti, quando l’emergenza sanitaria sarà del tutto sotto controllo».

Una riflessione che fanno anche la Consulta nazionale antiusura 'Giovanni Paolo II', il cartello '""Insieme contro l’azzardo", le associazioni And e Agita, Vita, Città Nuova e il movimento "Slot Mob". «Attribuire all’azzardo il requisito di attività essenziale, tanto da privilegiarne il ripristino rispetto alla scuola – scrivono nella lettera a Conte –, non solo lo troviamo sbagliato sotto il profilo etico, ma anche è soprattutto un errore di carattere sostanziale. Lei sa benissimo che riprendere con l’azzardo prima ancora di tutta la filiera produttiva e educativa, significa incentivare la formazione di sacche imponenti di povertà, di riduzione alla fame di molte famiglie, di disperazione e anche di morte dei più fragili e indifesi». Piuttosto «i governanti, il mondo scientifico e economico hanno il dovere di progettare una Fase 2 senza il ripristino dell’"affare azzardo", ma di pensare a una umana alternativa aperta anche per i lavoratori che operano nel settore. Anche loro sono vittime, sì, perché siamo sicuri che mai vorrebbero vedere i loro figli rovinarsi come, invece, sono costretti a vedere. L’azzardo è un chiaro ritorno al passato fatto di egoistici interessi particolari a favore di certe lobby, nell’indifferenza dei più poveri».

Le associazioni ricordano di aver «sempre mostrato con atti di leale collaborazione di voler aiutare il governo a intraprendere una exit strategy dall’attuale modello di offerta in quanto scientificamente ritenuta nociva per la salute pubblica ed eticamente inaccettabile ». Per questo, concludono, «non si può pensare di rimettere in moto un settore ad alto rischio durante l’emergenza ». E contestualmente si mettono «a disposizione per costituire un tavolo di confronto finalizzato ad analizzare ogni aspetto economico e di salute pubblica».

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