mercoledì 17 marzo 2021
Per il 57% dei cittadini la paura della recessione è maggiore del Covid. Ceto medio ridotto al 27%, paura ed attesa sono i due sentimenti predominanti. Alla presentazione Treu, Tarquinio, Sabbadini
Italia a un bivio: più coesione sociale per ridurre le diseguaglianze

Ansa/Daniele Mascolo

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Molto, probabilmente, passerà attraverso il recupero di quello «spirito costituente» che si incentra principalmente sulla coesione sociale e sulla consapevolezza delle capacità del Paese. Perché adesso, dopo un anno di pandemia, quella incertezza e paura che all’inizio era soprattutto legata al rischio del contagio adesso invece viene affiancata dal timore della recessione economica e dei problemi di lavoro (57%) che la fine del Covid si porterà con sé. Sta di fatto che la polarizzazione della società già in atto da tempo si è acutizzata nell’ultimo anno con la “polverizzazione del ceto medio” e l’aumento delle povertà. Tutti segnali di diseguaglianza che potrebbero far salire ancora la tensione sociale. Ecco perché la sfida che si ha davanti, oltre al Recovery plan, è appunto la necessità di un rinnovato pragmatismo in cui si coinvolgano tutti i corpi sociali (dalla politica, all’economia, ai corpi intermedi, ai singoli cittadini). L’Italia è infatti ad «un bivio», questa l’immagine utilizzata dal rapporto Ipsos-Flair Italia 2021 presentato stamane al Cnel, perché il Paese in questo momento si presenta come una «danza immobile», ovvero una comunità che per evitare nuove fratture e particolarismi dovrà far leva sulle forze migliori.

I dati del rapporto

Lo smottamento del ceto medio, passato da quasi il 40% del pre-pandemia al 27% di oggi; la crescita della tensione sociale, che intanto è salita al 73% nella percezione dei cittadini e rischia di esplodere; il dato ormai consolidato che le donne sono il vero (e non riconosciuto) sistema di welfare italiano (61% contro il 21% degli uomini); la paura (28%) e l'attesa (33%) che si dimostrano essere i due sentimenti dominanti del momento, seguiti da altre due pulsioni negative come delusione (24%) e tristezza (22%) con la rabbia che abita nel 13% delle persone, mentre serenità, dinamismo e passione animano, ciascuna, il 5% dell'opinione pubblica. Ma c’è una straordinaria sferzata verso il cambiamento degli italiani, nel riconoscimento di una nuova scala di valori per cui la realizzazione lavorativa non è più l’unica fonte di benessere, la riscoperta della socialità perduta, le scelte più naturalistiche nelle azioni e nell’alimentazione, la riscoperta di un noi che si affianca all’io. Tuttavia si chiede anche un nuovo compito alla politica: più stabilità in generale e giustizia sociale, più certezze per i lavoratori, aumentare livello civico delle persone, ridistribuire più equamente la ricchezza e una attenzione particolare all’ambiente. Sul fronte della sicurezza, spiega infatti il responsabile di Ipsos Nando Pagnoncelli, «gli italiani non intendono più solo sicurezza personale, ma come dimensione più ampia su salute, economica, ambiente, posto lavoro, vita e risparmi, come pure una sicurezza legata al genere». Gli italiani perciò sono ad un bivio, conclude, ed «è il momento di riflettere sul vantaggio complessivo che una maggior coesione comporta, abbandonando la logica del “tiro alla fune” che porta a tentare di massimizzare i vantaggi per la propria parte».

Il momento del fare

C’è in generale una situazione di ambiguità e il Paese è al bivio, non sa dove procedere. Ma non emerge né rassegnazione né depressione, quindi ci sono energie per reagire. «Questa è una consapevolezza che va coltivata ­ - dice il presidente del Cnel Tiziano Treu ­– ma per valorizzare queste energie serve uno stimolo alla mobilitazione collettiva e la riscoperta del ruolo dei corpi intermedi. Tuttavia questa mobilitazione deve avere obiettivi consonanti con l’Italia e con l’Europa». Appunto il recupero di quello spirito costituente che serve al Paese per «far capire agli italiani che la politica può fare cose buone», ecco perché lo spirito costituente è visto come «un auspicio tutto da verificare» per il direttore di Avvenire Marco Tarquinio che non vede ancora «le condizioni politiche perché si realizzi. Per ora è nel cuore degli italiani e lo capiremo da qui a giugno cosa accadrà». Certo quel 51% degli italiani che sente aria tempo di rivolta, aggiunge, «ci dice che crinale su cui è il Paese è solido ma non è ampio e che il rischio di scivolare è facile», aggiungendo che il rapporto è un «memento per la politica».

Il futuro

Intanto ciò che è chiaro è che il 65% degli italiani prevede, per i prossimi sei mesi, un peggioramento della situazione economica del Paese, con un aumento del numero di persone in difficoltà o che perderanno il lavoro. Solo l'8% immagina una situazione di ripresa e di rimbalzo. Perciò «una delle sfide future è disegnare un Paese che si basi su nuovo rapporto tra Stato, corti intermedi e imprese», sottolinea Vladimiro Giacché, responsabile Comunicazione e Marketing banca del Fucino. Così, aggiunge l’esperta di statistica e politiche di genere Linda Laura Sabbadini, «dobbiamo agire su 2 aspetti: ridurre il senso di incertezza che può portare a paralisi, liberando le forze del rilancio della creatività italiana, investendo queste risorse per il superamento delle criticità storiche che hanno fatto sì che il nostro Paese non decollasse, a partire dal tema donne, giovani e Sud».

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