sabato 4 gennaio 2020
Un albero artificiale ha un'impronta di carbonio equivalente a 40 chili di emissioni di gas serra, dice Coldiretti. I vivaisti veneti rispondono con "Natalino": "È vivo, etico e ambientalista"
Un abete decorato per le feste natalizie

Un abete decorato per le feste natalizie - (Pixabay free use)

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"A Natale siamo tutti più buoni. Ma sei sicuro che lo sia anche il tuo albero di Natale in plastica?". Se lo chiedono i vivaisti della famiglia veneta Marchesan, che a Bessica di Loria (Treviso) da cento anni e quattro generazioni si occupano di piante. Sono loro che per questo Natale si sono inventati "Natalino", simbolo di quello che chiamano un nuovo ecologismo razionale.
Ma chi è Natalino? Nell'altro che un vero albero, un abete piantato e cresciuto già con il destino di diventare un albero di Natale. Non solo: arriva nelle nostre case ecologico in tutto e per tutto, anche nell'imballo e nella zolla che tiene unite le radici, tutto rigorosamente in iuta, carta e spago (nessuna traccia di qualsiasi elemento che non sia biodegradabile). Tutto qui? Non proprio così banale, visto che un "ecologismo ipocrita e superficiale", come lo definiscono in casa Marchesan, oggi orienta le persone ad acquistare proprio l'albero artificiale, ovvero il più inquinante, con l'illusione così di aver contribuito a salvare le foreste.

Lo dice chiaro Coldiretti: "Un albero artificiale di 1 metro e 90 ha un’impronta di carbonio equivalente a circa 40 chili di emissioni di gas serra", un numero spaventoso se lo moltiplichiamo per tutti gli abeti artificiali venduti negli anni e di cui l’Italia è particolarmente consumatrice, senza considerare le emissioni provocate, dal trasporto dato che la maggior parte dei manufatti proviene da terre lontane. È su questi studi, ormai assodati, che la società agricola di Bessica di Loria ha pensato di coltivare e mettere in commercio "Natalino plastic free", migliaia e migliaia di piccoli abeti cresciuti in un angolo della campagna veneta ai piedi del Monte Grappa, curati per una decina d'anni da mani sapienti e destinati ad entrare nelle case o nei giardini di tutta Italia di chi l’ambiente lo ha realmente a cuore.

Con questa operazione, ispirata anche alla "Laudato si'" (e corrispondente alla scelta di rinunciare totalmente alla plastica anche nel presepe di piazza San Pietro), la famiglia Marchesan quest'anno si è posta l’obiettivo di contribuire a contrastare le fake news: “Come può un oggetto di plastica derivato dal petrolio e assolutamente non biodegradabile essere ecologico? È un controsenso!”, spiega Moreno Marchesan."E’ credenza comune, purtroppo, ritenere che il classico albero di Natale in plastica sia più ecologico e più etico di un abete vivo e vero. Un paradosso se si pensa ai numeri citati sopra. Ma non solo. Un altro falso ecologismo è quello di credere che gli abeti veri siano sradicati dai boschi. Non è così. Natalino, per esempio, viene coltivato nei vivai di Bessica, dove nasce per poi diventare un albero di Natale unico perché sempre diverso, da abbellire con palline, luci e decorazioni".

I più temibili nemici del bosco e dei pini, spiega, sono le avversità climatiche, come è recentemente successo nel Bellunese con la "tempesta Vaia" causata dal surriscaldamento climatico, che ha provocato gravi danni in tutto l’ecosistema.

Coltivare e far crescere gli alberi di Natale, invece, è "a tutti gli effetti un’attività produttiva e sostenibile: crea dei posti di lavoro, mantiene vive competenze che altrimenti andrebbero perse, valorizza un territorio e diventa un modo per abbattere le emissioni di gas provocate dalle attività umane grazie al lavoro buono svolto dalla pianta stessa. Nel suo ciclo di vita (8-12 anni) infatti un pino restituisce con gli interessi aria sana al pianeta, rilasciando al contempo ossigeno e oli essenziali". Inoltre è conclamato che il profumo rilasciato da aghi, rami e tronco riesca a produrre endorfine in quantità, a favore di stati d’animo sereni e felici. E, in più, crea unione in famiglia perché "non c’è niente di più educativo e accogliente che prendersi cura insieme di un qualcosa che cresce e che si trasforma".

Già, ma che succede a feste finite? Se acquistato in zolla e adeguatamente curato, Natalino può essere trapiantato in giardino, oppure assumere un nuovo compito e diventare combustibile per stufe o compost per future coltivazioni, raccomandano i vivaisti veneti, decisi a sfatare falsi miti: "La natura non è fatta di plastica e l’ecologia, quella vera, non la contempla".

Natalino, d'altra parte, è stato un successo che ha sorpreso gli stessi suoi ideatori, e nelle case è arrivato accompagnato dalla sua carta di identità, diversa e particolare per ogni singolo esemplare: "Nome: Natalino. Piantato il: 9 febbraio 2010. Colore foglie: verde scuro brillante. Altezza: 150 centimetri. Segni particolari: 100% plastic free...".

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