mercoledì 17 giugno 2015
​​Monsignor Antoniazzi: l'Is non si distrugge con la forza, che crea solo martiri.
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Don Zerai: «Costa libica, girone infernale»
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«La Tunisia oggi è più nota per le sue spiagge che per tutto quello che ha dato alla cristianità: Sant’Agostino, papi, martiri, i concili di Cartagine. Perché è sempre stata un incrocio di civiltà, aperta all’alterità. E oggi questo Mare Nostrum è la nostra gioia e il nostro dramma». Monsignor Ilario Antoniazzi, arcivescovo di Tunisi, è un osservatore attento dei temi delle migrazioni e del dialogo con l’Islam. E il suo punto di vista è particolarmente utile in un incontro come Migramed 2015, il quinto organizzato - stavolta a Tunisi - dalla Caritas italiana assieme alle Caritas del Nord Africa, del Medioriente e dell’Europa. Per mettere a punto una visione comune dei paesi del Mediterraneo coinvolti nei fenomeni migratori. L’Europa teme le 'invasioni', contraccolpi della primavera araba che solo qui in Tunisia ha portato vera democrazia. Per l’Europa la migrazione è un mostro marino che minaccia la sua tranquillità. Ma ci sono paesi europei che dovrebbero farsi un bell’esame di coscienza sulle responsabilità dell’attuale situazione della Libia. Lo stesso per l’esistenza dell’Is: sciogliere l’esercito dopo la guerra in Iraq ha portato tanti militari verso movimenti, poi rivelatisi estremisti. Ma attenzione: l’Is non si distruggerà solo con la forza, l’Europa  non deve cadere nella trappola della lotta armata, perché creerebbe solo altri 'martiri'. Nella mentalità araba e islamica la religione, diversamente che per gli occidentali, ha ancora un grande valore. Da un Paese aperto come questo almeno 5 mila giovani sono partiti per combattere. Com’è possibile? La povertà, la disoccupazione. Ma non solo. Agostino diceva che il Signore ci ha creato e solo lui può riempire il nostro cuore. E l’Is sa bene come colmare il cuore di questi giovani di falsi sentimenti religiosi, incitandoli alla guerra contro i 'crociati'. Bourghiba e poi Ben Ali hanno cercato di eliminare l’aspetto religioso dalla società tunisina, le moschee erano aperte solo mezz’ora a settimana il venerdì, tutti i simboli musulmani erano vietati, anche nell’abbigliamento. Il risultato è stata una gioventù senza principi religiosi. Un vuoto completo. L’Is si presenta sotto la veste del Corano anche se ciò che fa è precisamente contro il Corano. E l’idea del martirio fa adepti. Anche i cristiani dei primi secoli desideravano morire per Cristo mostrandogli il loro amore. Con la differenza che si lasciavano uccidere, e non uccidevano. Essere minoranza in un paese islamico è un limite all’azione pastorale? Non qui, semmai è un motivo per lavorare di più, per mostrare anche con i nostri numeri ridotti il valore della nostra religione. Io dico sempre che è più odorosa una goccia di profumo che un secchio di acqua. Siamo una piccola comunità che dà il profumo del Vangelo a questa società che ha tante qualità ma forse qualcosa le manca. Con la Caritas aiutiamo i poveri, i detenuti i malati, i rifugiati. Aiutiamo tutti quelli per i quali saremo giudicati alla fine del mondo. Dalla Tunisia è partita la primavera araba. È l’unico Paese arrivato alla democrazia, non senza difficoltà, per molti grazie a una società civile attenta. La Tunisia è conosciuta per la cultura delle sue persone, per la sua apertura. Un paese che ha capito da tempo il valore dell’accoglienza. In due anni qui sono stato sempre bene accolto, né ho mai sentito di cristiani che abbiano avuto problemi. Siamo rispettati e viviamo serenamente. Per questo l’attentato al museo del Bardo è stato un colpo molto duro per la Tunisia, che si è vista ferita in una delle sue qualità più belle, quella dell’ospitalità. Undici giorni dopo c’è stata la marcia dei 70 mila tunisini contro il terrorismo. Prima di quella di Tunisi ce ne sono state in tutto il Paese. Ho visitato tutti i feriti negli ospedali e le famiglie dei morti, sempre accompagnato dal ministro della Sanità, un musulmano. Alla messa celebrata in cattedrale per le vittime c’erano più tunisini musulmani che cristiani. È stato un segnale molto bello.
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