mercoledì 18 gennaio 2017
Dopo il crollo della Basilica, a ottobre, si sono trasferiti a vivere sulla montagna, a due chilometri dalla città. «È un momento molto duro, ma dobbiamo avere tutti la forza di superarlo»
Una tenda della Croce rossa schiacciata dal peso della neve ad Ancarano, vicino a Norcia

Una tenda della Croce rossa schiacciata dal peso della neve ad Ancarano, vicino a Norcia

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Dopo la scossa di ottobre, che ha distrutto per sempre la Basilica di Norcia, si sono ritirati a vivere in alcuni container sulla montagna, a due chilometri dalla città. E lì, i monaci benedettini, in questi ultimi giorni di neve e ghiaccio c’erano arrivati a piedi. Ora sono isolati, anche loro. La prima scossa di 5.3 di magnitudo di ieri mattina «ci ha sorpreso durante l’Alleluja della messa, che è comunque terminata», racconta il priore padre Benedetto, di ritorno dalla riunione di Cassino con gli altri abati.

Sorride, tranquillo, e sottolinea che «la nostra preghiera non verrà mai meno per tutta questa gente: è un momento molto duro, ma dobbiamo avere la forza di superarlo». C’è chi urla, contro il terremoto, e chi prega: «Sembra che Dio voglia metterci alla prova con la nostra pazienza, e allora noi dobbiamo imparare ad averne tanta», continua padre Benedetto. Qualcuno prova a convincerlo di non tornare lassù, sulla montagna, visto che ancora nevica forte: «Di certo raggiungo i miei monaci, da soli non li lascio».

Il Comune di Norcia, in accordo con la Protezione Civile, sta allestendo nelle sale comuni dei tre container collettivi di viale XX Settembre alcuni posti letto per ospitare la popolazione che ne faccia richiesta. La gabbia che protegge la facciata della Basilica, a cui tutti guardano, ha retto alle scosse di ieri mattina. Il terremoto, stavolta, qui sembra non aver fatto danni.

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