venerdì 28 giugno 2019
Lorena Morselli è la figura simbolo dello scempio che a partire dalla fine degli anni ’90 nella Bassa Modenese ha sottratto una ventina di bambini da 0 a 11 anni accusando i genitori
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«Bambini costretti a ricordare abusi che non avevano mai subìto, indotti a credere che i loro genitori fossero orchi sanguinari e a odiarli per sempre... E poi quei magazzini pieni di regali mai consegnati, di lettere d’amore mai recapitate: anche ai nostri figli non vennero mai dati i regali e le lettere che portavamo agli assistenti sociali, sperando che potessero rassicurarli sul fatto che mamma e papà non li avrebbero mai abbandonati. La verità è che nella Bassa Modenese c’era fame di portar via tanti bambini e in casa nostra quella notte i servizi sociali ne presero quattro in un colpo».

Lorena Morselli, 59 anni, è la figura simbolo dello scempio che a partire dalla fine degli anni ’90 nella Bassa Modenese ha sottratto una ventina di bambini da 0 a 11 anni (alcuni in maternità immediatamente dopo il parto), accusando i genitori di far parte di una banda di pedofili e assassini satanisti. Alcuni di loro furono condannati in via definitiva e scontarono anni di carcere, altri morirono di dolore o si tolsero la vita di fronte alle accuse, altri ancora, come Lorena e suo marito Delfino Covezzi, dopo anni di processi furono totalmente assolti... Ma anche per loro, come per tutti, il vero ergastolo restò quello di non vedersi mai più restituire i figli.

L’altroieri, dopo vent’anni di battaglie disperate, la svolta: a finire agli arresti questa volta sono stati 18 tra assistenti sociali, amministratori pubblici, psicologi e psicoterapeuti, accusati di aver sottratto forse un’altra trentina di bambini ai genitori, dopo averli sottoposti a un feroce "lavaggio del cervello" con sedute di psicoterapia più simili a sevizie, il tutto per darli in affido a famiglie conniventi e creare così un business a molti zeri.

Lorena, con che spirito ha vissuto la notizia degli arresti? Le due vicende, quella antica e quella di oggi, hanno molti punti in comune.
È stato un tonfo nel passato, negli anni terribili in cui i nostri bambini, dopo essere passati per le mani di assistenti sociali, psicologi e magistrati, erano completamente impazziti, raccontavano di aver sgozzato altri bambini per berne il sangue insieme a noi, di averli decapitati nei cimiteri e poi gettati nel fiume Panaro, il tutto sotto la guida di don Giorgio Govoni, parroco di San Biagio, in realtà un santo, morto di crepacuore il giorno in cui fu condannato a 14 anni. Oggi il mio primo pensiero va a tutti i nostri poveri figli, a ciò che hanno dovuto subire. Lo avevamo sempre detto che erano stati sottoposti a lavaggio del cervello, ricordo che lo gridai in Tribunale, ma gli assistenti sociali del Comune di Mirandola mi minacciarono di denunciarmi dicendo che loro erano professionisti. Noi dovevamo solo tacere.

Che cosa l’ha più impressionata in questa nuova inchiesta?
Di nuovo le stesse situazioni, ma anche gli stessi nomi, gli stessi personaggi. Quando ho letto che tra gli arrestati c’erano anche gli psicologi della stessa onlus che aveva interrogato i nostri figli, e cioè la Hansel&Gretel, ero incredula. I bambini di oggi e i nostri dunque erano stati trattati allo stesso modo, nessuno aveva fermato il cosiddetto "metodo del disvelamento progressivo" applicato da quella onlus? Eppure la Corte d’Appello, quando nel 2014 fummo scagionati, nella sentenza di assoluzione denunciò chiaro e tondo l’impreparazione colossale di quegli "esperti", poi rimasti al loro posto.

A lei e suo marito come vennero presi i bambini?
Prima erano stati portati via i due figli di mio fratello, e io mi ero tanto battuta contro questo fatto terribile. Già altri sette piccoli del paese erano stati presi, prelevandoli di notte nelle case o al mattino a scuola, tutti bambini che, dopo ore e ore di sedute con quegli operarori, iniziavano prima ad accusare i propri genitori, poi a tirare in ballo altri bambini e altre famiglie. La notte del 12 novembre 1998 stavamo tutti dormendo quando all’alba suonarono alla porta. Sette agenti mi dissero di stare tranquilli perché non c’era alcuna accusa contro di noi, non eravamo indagati, ma dovevamo portare subito i quattro figli in commissariato. La più grande aveva 11 anni, la più piccola 3. Delfino si svegliò e si vide il letto circondato da agenti. Ci fu letto un testo che non capivamo, che parlava di tombe, cimiteri, sangue, orge e messe nere... In commissariato la psicologa Valeria Donati portò da una parte me e Delfino, mentre i nostri figli restarono con una sua collega. Da quel momento non li vedemmo più. Oggi la più piccola ha 24 anni, la più grande 32, rovinati per tutta la vita, ancora affidati alle "cure" degli stessi esperti di allora, ancora convinti di aver fatto quelle cose atroci. Tra gli arrestati ora c’è proprio Claudio Foti, il responsabile di Hansel&Gretel.

Già venti anni fa Avvenire denunciava il metodo con cui i vostri bambini vennero sottoposti a lavaggio del cervello. Di recente sono diventati pubblici tutti i video degli incidenti probatori... Con che cuore li ha guardati?
Si vedono i bambini durante le audizioni protette a Modena, mentre devono rispondere alle domande del gip Alberto Ziroldi, che aveva nominato come periti proprio le psicologhe Cristina Roccia, allora moglie di Claudio Foti, Sabrina Farci e Alessandra Pagliuca, tutti di Hansel&Gretel. Uno dei miei figli parla come un automa, «in cimitero squartavamo i bambini e bevevamo il sangue», a domanda risponde che lui stesso ne ha uccisi cinque, per tre volte a settimana. Dice che papà andava a prendere le vittime col pullmino della parrocchia e io alla fine pulivo da terra il sangue. Possibile che questo bastasse per mandare decine di persone in galera e i nostri figli in affido? Nelle loro povere menti verità e suggestioni indotte si fondevano: Delfino spesso aiutava in parrocchia e davvero prendeva e portava i bambini delle varie famiglie, e magari prendeva a bordo i nostri figli, se erano stati bravi. Io davvero dopo le feste di carnevale o del patrono pulivo i coriandoli e rassettavo il teatrino parrocchiale.

I suoi figli non accettano ancora di incontrarla. Ora, di fronte alla nuova inchiesta, qualcosa potrebbe cambiare?
Non credo, purtroppo, sono stati letteralmente riprogrammati. Anche quando fummo assolti non bastò. Mio marito è morto di crepacuore senza fare in tempo a vedere la parola "innocente" e senza poterli riabbracciare. Il lavaggio del cervello in menti così giovani fa danni permanenti. Quando una delle mie figlie divenne maggiorenne, la zia andò a salutarla davanti a scuola, ma lei reagì urlando e piangendo: «Da sette anni attendo anche solo una cartolina», accusò. Erano stati ben attenti a non farle avere la posta.

Lei è rimasta sempre fiduciosa. Qual è stata la sua forza?
Innanzitutto nel Signore. Poi nella verità, che prima o poi viene a galla. Infine nella giustizia degli uomini: ora speriamo non sia solo un sogno e che l’inchiesta vada avanti e appuri, con equilibrio, torti e ragioni. Il mio desiderio però è che adesso veri professionisti vengano incaricati della cura dei nostri figli: devono sapere, non possono vivere pensando di essere assassini e figli di assassini. E che, oltre alla procura di Reggio Emilia che sta acclarando i fatti recenti, la procura di Modena possa accertare i fatti più antichi: questo sarebbe il coronamento, in quanto sarà un’inchiesta sulla morte degli innocenti.

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