sabato 16 febbraio 2019
Il libro-provocazione “Aiutarli a casa nostra” di Vincenzo Sorrentino vuole stanare la retorica del “cattivismo” sui migranti che va per la maggiore nel discorso pubblico e sui social
«Guardiamoli in faccia. Soltanto così li sapremo accogliere»
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Un libro lucido, coraggioso e controcorrente. Lo ha realizzato Vincenzo Sorrentino, professore di Filosofia politica all’ateneo perugino, che punta a toccare le coscienze grazie alla pacatezza del ragionamento con “Aiutarli a casa nostra - per un’Europa della compassione” (Castelvecchi Editore): , pamphlet che già dal titolo va a cozzare volutamente contro il muro del “cattivismo” imperante che ha conquistato l’opinione pubblica non solo italiana con le sue soluzioni tranchant, spesso solo propaganda.

Che il libro dotato di un sottotitolo che chiarisce l’obiettivo: “Per un’Europa della compassione” - smonta con l’uso della storia e dei suoi paralleli. Ricordando come 90 anni fa le formule magiche securitarie siano riuscite a sedurre tragicamente i tedeschi padri di famiglia in buona fede e onesti inducendoli a sostenere le tesi naziste sulla soluzione finale perché si sentivano minacciati.

E fecero breccia sugli italiani e tanti europei che tacquero di fronte alle leggi razziali, scivolate sulla coscienza dell’opinione pubblica senza lasciare troppe tracce. Il paragone con la Shoah non sembri azzardato, nonostante la maggioranza dell’opinione pubblica ritenga fuorviante parlare di ritorno del nazifascismo.

Sorrentino spiega che il male è sempre dietro l’angolo e cita Hanna Arendt e la sua banalità del male rilevata al processo ad Eichmann, l’oscuro burocrate nazista che aveva sterminato centinaia di migliaia di ebrei eseguendo alla lettera le direttive dei gerarchi del Terzo Reich («La consapevolezza di avere cinque milioni di ebrei sulla coscienza mi dà un senso di grande soddisfazione », dichiarò). Sorrentino mette dunque in guardia dall'assuefazione della ragione davanti agli slogan e ai commenti razzisti e xenofobi che impazzano sui social.

L’antidoto è l’incontro personale e umano con le donne, i bambini, le famiglie sbarcate e accolte nelle comunità cristiane per conoscerle da vicino e dare un volto a numeri, trasformando drammi lontani in storie. Dunque l’accoglienza è la via da percorrere per diventare consapevoli della più grande tragedia dell’umanità a partire dalla seconda guerra mondiale, come ha ricordato il Papa.

E come dicono i dati dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati: nel 2018 68,5 milioni di persone in tutto il mondo, un numero senza precedenti, sono state costrette a fuggire dal proprio Paese. Di queste, circa 25,4 milioni sono rifugiati, più della metà dei quali di età inferiore ai 18 anni. Conoscerli e integrarli a casa nostra è il miglior antidoto alla chiusura a alla paura.

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