giovedì 10 gennaio 2019
Prezzi, sigarette e carne umana: come funziona il ricatto delle bande criminali
Da Marsala a Palermo, sono state diverse in questi anni le inchieste condotte dalla magistratura che hanno fatto luce su un business milionario portato avanti senza scrupoli, con pericolose derive estremiste

Da Marsala a Palermo, sono state diverse in questi anni le inchieste condotte dalla magistratura che hanno fatto luce su un business milionario portato avanti senza scrupoli, con pericolose derive estremiste

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Sono i veri “taxi del mare”. Non le Ong come erano state accusate e come lo sono ancora. Si tratta invece di efficienti organizzazioni criminali capaci di fornire un servizio veloce di trasporto illegale tra la Tunisia e la Sicilia. Le forze dell’ordine hanno cominciato a individuarle quasi due anni fa ma, come ci spiegò allora un investigatore, l’affare andava avanti almeno da un anno. E anche allora la tipologia era la stessa di quella dell’ultima indagine del Ros.

Anche se ora i prezzi del viaggio, il ticket del “taxi”, sembra essere calato, da 6mila a 2.500 euro a persona. Probabilmente perché ci sono più organizzazioni che si fanno concorrenza. La prima venne scoperta nel maggio 2017 dalla Guardia di Finanza di Marsala, coordinata prima dalla locale procura e poi dalla Dda di Palermo.

Operazione “Skorpion fish” che aveva portato all’arresto di due tunisini ufficialmente residenti a Marsala e Cesena, con regolare permesso di soggiorno, che risultavano senza occupazione, in realtà scafisti specializzati in viaggi velocissimi, su potenti gommoni capaci di compiere il tragitto di 120 miglia il 3 ore e mezza, massimo sei col mare grosso. Partivano dalla Sici- lia, caricavano in Tunisia 12-15 persone oltre a vari quintali di sigarette. E rientravano.

Tutto in una notte. Un affare da almeno 120mila euro a viaggio. In quell’inchiesta non si faceva riferimento al favoreggiamento del terrorismo. Sul cellulare di uno degli indagati vennero trovate immagini che inneggiavano al Jihadma non c’erano stati riscontri. Tutto il resto è sostanzialmente identico, a conferma che l’affare dei veri “taxi del mare” è tutt’altro che bloccato. Malgrado l’impegno delle forze dell’ordine. Ricordiamo, tra le altre, l’inchiesta “Caronte” dei carabinieri di Sciacca, coordinata dalla procura di Marsala del marzo del 2018. Allora vennero arrestati tre italiani e un tunisino.

Ruolo centrale era svolto da un siciliano che spesso si recava in Tunisia, imbarcandosi nel porto di Palermo o direttamente dall’aeroporto del capoluogo siciliano, allo scopo di poter meglio gestire l’organizzazione dei traffici umani e prendere accordi coi complici tunisini. Cifre, tipologie, tariffe molto simili alla precedente operazione. Come se ci fosse una sorta di regola comune, un accordo di categoria. I primi sospetti di legami col terrorismo, o almeno di un canale per aspiranti jihadisti, erano però apparsi in un’altra inchiesta condotta dalla Finanza nel giugno 2017, anch’essa coordinata dalla Dda di Palermo, di fatto un seguito della prima. Quindici arresti tra italiani e tunisini con le solite accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, contrabbando di sigarette e riciclaggio.

La banda era però pronta a imbarcare anche soggetti ricercati dalle autorità tunisine per gravi reati o per possibili connessioni con formazioni di natura jihadista. L’organizzazione, infatti, aveva programmato, ma non ancora attuato, l’approdo sulle coste trapanesi di soggetti pericolosi allora non identificati, uno dei quali temeva, oltre che di essere arrestato dalla polizia tunisina, anche di essere respinto per terrorismo da quella italiana.

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