sabato 5 agosto 2023
Nella Società per il viadotto tra Calabria e Sicilia, una norma cancella il limite ai compensi massimi per i dirigenti. Proteste dall'opposizione: sì alla mangiatoia di Stato, ma no al salario minimo
Il ministro dei Trasporti Matteo Salvini e il plastico del Ponte sullo Stretto

Il ministro dei Trasporti Matteo Salvini e il plastico del Ponte sullo Stretto - S.Carofei FOTOGRAMMA

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Saltano i limiti agli stipendi statali dei dirigenti che lavoreranno allo Sretto di Messina. Nell'ultima bozza disponibile del decreto "Asset e investimenti", il provvedimento Omnibus atteso lunedì in Consiglio dei ministri, c'è un articolo, il 15, che riguarda la società per il Ponte sullo Stretto. Nell'articolo su "Disposizioni urgenti per garantire l'operatività della società concessionaria di cui all'articolo 1 della legge 17 dicembre 1971, n.1158" è previsto che alla società «non si applicano» le disposizioni di alcuni commi del decreto legislativo del 2016, quelli che prevedono il limite di 240 mila euro dei compensi massimi per amministratori, i titolari e componenti degli organi di controllo, i dirigenti e i dipendenti.

Insorgono le opposizioni. A cominciare dal Pd: «Diceva mia nonna che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi - twitta il deputato dem Emiliano Fossi - ora si dice che la destra fa i ponti ma... non i tetti. In particolare quelli agli stipendi. Dicono no al salario minimo e poi tolgono il tetto ai compensi dei manager della società per il Ponte Sullo Stretto. Vergogna». Riccardo Magi, segretario di +Europa prende di mira il ministro dei Trasporti: «La deroga al tetto dei 240mila euro - dice - conferma che per Salvini la priorità non sono le infrastrutture o lo sviluppo della Sicilia, ma distribuire regalie ai suoi amici. È sempre la solita barzelletta italiana: opere su cui servirebbe una seria riflessione, nelle mani di questa destra si trasformano in una mangiatoia per Patrioti a spese gli italiani».

«Un insulto agli italiani, il governo e Giorgia Meloni in persona se ne devono vergognare», attacca Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde. «Non più tardi di un mese e mezzo fa, su mia specifica richiesta, il presidente della società Ponte sullo Stretto di Messina, Pietro Ciucci mi rispondeva che il totale degli emolumenti per tutti i 5 consiglieri di amministrazione era pari a 125.000 euro, quindi 25.000 euro a persona: mi ero commosso per tanta sobrietà». Ora il colpo di spugna sul limite agli stipendi: «Una lobby, capeggiata dal ministro Salvini, che ha voluto trasformare il Ponte sullo Stretto di Messina in una mangiatoia di Stato», attacca Bonelli. «È un insulto agli italiani, proprio dopo che, con una delega fiscale, si fa un enorme regalo ai grandi evasori garantendo loro l'immunità penale, dopo che è stato eliminato il reddito di cittadinanza e dopo l'elemosina di Stato da 1,20 euro al giorno per le famiglie con 15.000 euro di Isee e con tre figli a carico». E conclude: «Ma non vi vergognate a sperperare questo denaro pubblico per garantire privilegi e voler realizzare un'opera che sottrarrà risorse importanti per lo sviluppo del Sud a partire dal trasporto pubblico, dai depuratori, le scuole, la sanità e la messa in sicurezza del territorio?».

«Scandaloso» è il commento del vicecapogruppo M5s alla Camera Agostino Santillo: «Reddito di cittadinanza no, aiuti alle famiglie contro il caro-vita no, sostegni contro il caro-mutui nemmeno, interventi per attenuare il costo della benzina neanche a parlarne. Questa destra - attacca il deputato grillino - gli unici favori li fa ai soliti noti e a chi ha già. Oltretutto questa scelta conferma che a Salvini delle infrastrutture del Sud non importa nulla. Nemmeno dell'inutile e farsesco ponte sullo Stretto. Al ministro interessa solo "l'affare" ponte, con tutte le sue spartizioni e prebende varie. Uno scempio, messo in piedi sulla pelle dei cittadini e con i loro soldi».

Sarcastica Daniela Ruffino, parlamentare di Azione: «La destra alle vongole, come l'avrebbe ribattezzata Mario Pannunzio, non si fa mancare nulla per manifestare il gusto di esercitare il potere come arbitrio. La presidente Meloni si è imposta due mesi di riflessione per discutere la proposta di salario minimo a 9 euro, ma sono bastati pochi minuti e un emendamento della Lega per rompere il tetto dello stipendio dei manager pubblici. Non basta - avverte - la lunga astinenza dal potere a spiegare una qual certa protervia nel modo di ricreare disuguaglianze sociali o di crearne di nuove. Misure come quella adottata per i manager del Ponte sono fatte per alimentare fratture e risentimento sociale. Se c'è qualcuno che soffia sul fuoco del malcontento sociale bisogna cercarlo nella maggioranza e nel governo».


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