giovedì 15 luglio 2021
L’Ue aveva vincolato il sostegno alla cosiddetta guardia costiera libiche con l’uso di videocamere sulle motovedette, così da monitorare a distanza il rispetto delle procedure e dei diritti umani
Dal 2018 l'Ue sapeva che Tripoli nascondeva le prove
COMMENTA E CONDIVIDI

Nel giorno in cui si apprende di altri 3 morti e un’altra strage mancata in mare, a meno di due ore di navigazione da Lampedusa, arrivano nuovi riscontri circa la mancata sorveglianza sulle autorità libiche. L’Ue aveva vincolato il sostegno alla guardia costiera con l’uso di videocamere sulle motovedette, così da monitorare a distanza il rispetto delle procedure e dei diritti umani. Ma già tre anni fa la Commissione Ue sapeva che i libici non erano stati ai patti. Nessuno ha mai visto le immagini né si conosce quale valutazione i vertici di Eunavfor ne abbiano mai dato.

Nel 2018 l’allora rappresentante della politica estera Ue, Federica Mogherini, aveva risposto a una interrogazione con una nota scritta. «La loro competenza professionale è aumentata, ma – spiegava Mogherini a proposito dei guardacoste libici – non è ancora a un livello di autosufficienza». E pensare che proprio quell’anno l’Italia era riuscita a ottenere la registrazione Sar (ricerca e soccorso, ndr) proprio per Tripoli. E questo nonostante per l’Ue la guardia costiera libica non era ancora «a un livello di autosufficienza».

Che ne era stato delle videocamere acquistate dall’Ue per essere installate a bordo delle motovedette donate dall’Italia? «La consegna delle Go-Pro camera è stata completata », precisava Mogherini. Tuttavia, «la mancanza di una connessione internet affidabile ostacola la capacità della Guardia costiera e della Marina libica di caricare e condividere il materiale registrato». Una motivazione sorprendente se si pensa che proprio Roma, con una spesa di oltre 2 milioni, aveva attrezzato la cosiddetta Guardia costiera libica di tutta la tecnologia necessaria per ottenere la registrazione internazionaqle dell’area di ricerca e soccorso. La mancanza di una adeguata copertura internet, se resa nota per tempo, avrebbe decretato l’esclusione di Tripoli dalla competenza Sar, anche perché molte delle comunicazioni, comprese quelle via internet, avvengono attraverso collegamenti satellitari. «Le telecamere sono state installate a bordo delle motovedette della classe Bigliani e gli ufficiali – precisava ancora la nota di Mogherini – hanno ricevuto formazione dedicata sull’uso del materiale». Nonostante «la valutazione di questi video sia una priorità per Eunavfor Med (il comando delle operazioni navali Ue nel Mediteraneo, ndr)», purtroppo «la qualità e il numero di video forniti non sono ancora sufficienti per valutare se il meccanismo sia o meno uno strumento di monitoraggio affidabile».

Le violazioni dei diritti fondamentali sono state denunciate anche da Unhcr-Acnur. Ripetutamente l’inviato dell’alto commissariato per il Mediterraneo Centrale, Vincent Cochetel, ha ribadito proprio a vertici di Eunavfor gli abusi commessi dai guardacoste libici. «Numerose testimonianze di persone che arrivano via mare a Malta e in Italia – si legge in una delle note trasmesse da Cochetel a Eunavfor – suggeriscono che sono state intercettate più volte dalla Guardia costiera libica, successivamente detenute dal Dcim (Dipartimento contro l’immigrazione illegale di Tripoli, ndr), eppure curiosamente sono riuscite a compiere diversi tentativi di uscita dalla Libia». Secondo il funzionario Onu «questi elementi fanno dire oggi che il sistema di detenzione così come concepito dal Dcim sembra essere parte del modello di business dei trafficanti». E la guardia costiera è parte integrante di questo sistema illegale. Potendo contare sull’inerzia dell’Europa.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: