martedì 22 ottobre 2019
Il problema in crescita dell’8% in dieci anni, un milione di italiani ne soffre. Ecco le ricette, che se applicate precocemente possono portare al successo nel 75% dei casi
Balbuzie, la vergogna da cui si può guarire
COMMENTA E CONDIVIDI

Per un balbuziente anche semplici gesti quotidiani, come ordinare qualcosa al bar o salutare un amico per strada, possono diventare un problema. Perché, prima ancora di aprire bocca, la parola gli si inceppa nella testa e a quel punto non c’è più nulla da fare. Così, anziché chiedere un “cappuccino”, con tutte quelle doppie, preferisce ripiegare su un più sbrigativo “caffè”, oppure ad uno squillante “Buongiorno!”, con quella “B” che, spesso, si incastra nella lingua, sostituisce un semplice “Ciao”. Fino ad arrivare al punto che, quando è proprio sicuro di non farcela, di non riuscire rapidamente a trovare una parola alternativa, sta zitto. Rinunciando ad esprimere una parte di sé per non farsi scoprire.

È faticoso, convivere con il problema della balbuzie, un disturbo che in Italia riguarda quasi un milione di persone (in crescita dell’8% negli ultimi dieci anni), 4,5 milioni in Europa e oltre 70 milioni nel mondo, dati divulgati in occasione del primo Convegno italiano sui disturbi della fluenza verbale, in programma venerdì e sabato a Firenze. Della loro condizione, ancora troppo poco conosciuta - che spesso li mette a rischio di isolamento, bullismo e autoesclusione sociale, soprattutto negli anni della scuola, ma anche dopo, nel mondo del lavoro - si parlerà oggi durante la Giornata internazionale di consapevolezza sulla balbuzie.

I metodi per curarsi

Tantissime le iniziative in programma, come la Settimana di incontri nelle scuole, promossa dall’Associazione “Vivavoce” di Milano, partita ieri alla media “Tiepolo”. Ai ragazzi, i volontari, tutti ex balbuzienti, raccontano come sono riusciti a recuperare la fluidità del linguaggio, risultato possibile nel 75% dei casi, se affrontato entro i 7 anni di età. Più difficile, invece, recuperare da adulti. Difficile, ma non impossibile. Come dimostra l’esperienza di Camillo, medico di 26 anni, “guarito” grazie al metodo ideato dal fondatore di Vivavoce, Giovanni Muscarà, che agli studenti ha raccontato la «bellezza di poter parlare come voglio, senza complessi». Questa e altre esperienze degli ex pazienti del Centro clinico Vivavoce, soprattutto i bambini, sono state raccolte nel libro “La balbuzie spiegata ai grandi”, distribuito gratuitamente nelle scuole, con un vademecum per genitori e insegnanti.
«Abbiamo preferito incontrare i ragazzi – spiega Camillo Zottola, medico, ex balbuziente e rapper, presidente dell’associazione Vivavoce – per far capire loro cosa si prova ad avere dentro un mondo che non riusciamo a esprimere. Non abbiamo bisogno di stare calmi e neppure di essere anticipati, vogliamo poter trovare la nostra fluenza, ordinare una pizza con serenità e fare una telefonata senza patemi».

Questo lavoro, in prima battuta su se stessi, è centrale anche nel metodo della Psicodizione, inventato dalla psicologa ed ex balbuziente, Chiara Comastri, che finora ha aiutato oltre 4.600 persone a uscire dal tunnel della balbuzie. «Vietato crearsi barriere», è il suo motto e sarà ripetuto dai ragazzi della cooperativa sociale e onlus Psicodizione, che, domenica, animeranno tante piazze italiane (e anche Southbank, a Londra), con iniziative di sensibilizzazione e divulgazione. «Negli scorsi decenni – ricorda Tiziana Rossetto logopedista e presidente della Fli (la Federazione dei logopedisti) – i bambini disfluenti e balbuzienti venivano considerati “stupidi”, stigmatizzati, lasciati soli, esclusi da scuola. Oggi vengono diagnosticati immediatamente e aiutati non solo a scuola ma anche a casa». L’esperienza che sta avendo i primi successi è quella che deriva dal parent coaching tipico del mondo anglosassone, soprattutto americano, dove anche la famiglia ha un ruolo attivo nel supporto ai bimbi balbuzienti.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: